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Monday, September 25, 2006

Quale politica verso Pechino?

Emma BoninoParlando alla Direzione nazionale della Rosa nel Pugno, Emma Bonino ha voluto dedicare un passaggio del suo intervento - e gliene sono sinceramente grato - alle obiezioni che ho avuto occasione di muovere (in un articolo su L'Opinione e in un post sul mio blog) alle dichiarazioni di Prodi negli incontri ufficiali a Pechino e al suo silenzio riguardo le posizioni espresse dal premier a favore sia della revoca dell'embargo europeo sulle armi alla Cina sia della politica di "una sola Cina".

Angelo Panebianco, in un suo corsivo su Corriere Magazine, non ha voluto teorizzare una presunta incompatibilità dei radicali come forza di e al governo. A suo modo ha osservato come, per un partito che dell'alternativa al regime partitocratico, dell'opposizione sia alle maggioranze che alle opposizioni di questo paese, ha fatto la propria "ragione sociale", il trovarsi oggi al governo, cioè in grado di poter incidere per quell'alternativa, rappresenti una sfida tale da non poter non provocare «turbolenze», considerando anche le peculiari gravi inadeguatezze del Governo Prodi quanto ad approcci riformatori.

Il Professor Panebianco parla della difficoltà, per i radicali, di conciliare «governo realistico» e «vocazione liberale» (citando due statisti di livello come il britannico Gladston e l'americano Wilson), ma la vocazione liberale, se è davvero tale, è governo realistico dei problemi per definizione.

Ne è la dimostrazione la vita politica stessa di Emma Bonino. Nel rifiutare, dal palco dell'hotel Palatino, lezioni sui diritti umani, su come si difendono e come si promuovono, il ministro Bonino ci ha offerto una lezione di pragmatismo tipicamente liberale, anglosassone, che non è cedimento alla realpolitik. Specie se si è forza di governo, dobbiamo chiederci «cosa è utile fare per cambiare solo di un millimetro la condizione di milioni di persone», aprendoci all'«adattamento delle nostre strategie», studiando il mezzo più idoneo, più adeguato, per avvicinarci al fine che vogliamo perseguire. E ad ogni ruolo corrispondono precisi strumenti.

"Cosa dovevo fare?", chiede retoricamente il ministro Bonino: «Un incidente diplomatico con il presidente Prodi in piena Pechino sulla revoca dell'embargo delle armi? Questo non avrebbe fatto fare un passo avanti ai cinesi, però avrebbe alimentato il cicaleccio italiano per molto tempo». Sarebbe invece «utile che parlassimo di cos'è oggi il mondo asiatico, di che ruolo vogliamo far giocare alla Cina. La persuasione è un'opera lunga, paziente, ma irrinunciabile. Nessuno ha interesse a che la Cina esploda, noi abbiamo l'interesse che diventi un protagonista responsabile delle cose del mondo e delle sue... e badate che in Cina è aperto all'interno della classe dirigente un dibattito molto profondo... a me non costava nulla mettermi un simpatico cartello e fare un giretto a Tien An Men. Questo forse avrebbe dato una fotografia su un giornale italiano, ma poco avrebbe aiutato a strappare qualche minimo impegno in più».

Credo che la Bonino abbia compreso come la mie critiche fossero ben distanti dal massimalismo di quanti vorrebbero che non si commerciasse con le dittature, provocandone così un isolamento che finirebbe inevitabilmente per rafforzare la presa del regime su quelle società. Sono profondamente convinto che l'apertura commerciale sia un veicolo essenziale di trasmissione di valori e di cultura. Nonostante internet, come sappiamo, non sia immune dai nuovi strumenti di coercizione dei regimi che sfruttano anch'essi le nuove tecnologie, tuttavia i pre-esistenti mezzi erano tali per cui il beneficio marginale delle nuove tecnologie oggi risulta più basso per i governi che per gli attori non-governativi. Né le mie critiche riguardavano una presunta mancanza, o timidezza, nell'affrontare il tema dei diritti umani e della democrazia con le autorità cinesi da parte di Prodi e Bonino. Stando alle cronache, questi argomenti sono stati trattati in modo aperto e franco.

Se si riuscisse a «cambiare solo di un millimetro la condizione di milioni di persone» bisognerebbe parlarne in termini di successo. Insomma, sì alla politica dei piccoli passi, ma per lo meno bisogna assicurarsi che la direzione dei passi sia quella giusta. Per quanto riguarda il commercio - e le sue regole - il discorso con Pechino è ben impostato.

Tuttavia, ho visto Prodi intraprendere la strada sbagliata quando ha schierato l'Italia con il Governo cinese su due pilastri della sua politica, sposandone obiettivi strategici di chiara impronta nazionalista.

Si può puntare sulla «persuasione» degli attuali vertici cinesi? Accertato che «è aperto all'interno della classe dirigente un dibattito molto profondo», siamo sicuri che le posizioni su cui Prodi ha schierato l'Italia servano all'ala aperturista e riformatrice di quel dibattito? Non fanno, piuttosto, il gioco dell'ala nazionalista? Quale impegno ha strappato Prodi a fronte della scelta di spendere il peso diplomatico dell'Italia a favore della fine dell'embargo sulle armi e della politica di "una sola Cina"? Il riconoscimento del tragico crimine di Tien An Men? Per lo meno, la fine della persecuzione dei sopravvissuti e dei parenti delle vittime? Qualche modifica a quella recente legge anti-secessione che prelude all'invasione di Taiwan? Niente di tutto questo né di altro, al momento. Il ruolo che con queste due specifiche prese di posizione l'Italia suggerisce alla Cina di giocare è un ruolo da potenza economica nazionalista ed espansionista.

Quando gli Stati Uniti confermano l'adesione alla "one-China policy" non mancano di sottolineare che ciò non autorizza Pechino a considerare Taiwan un proprio affare interno. Anzi, uno dei punti di attrito più rilevanti tra Bush e i vertici della Repubblica popolare è stato quando nel corso dell'ultima visita (novembre 2005), il presidente americano, facendo appello «alla libertà del popolo cinese, all'apertura democratica della sua società», ha indicato nella «free and democratic Chinese society» di Taiwan il modello da seguire, volendo intendere che non esiste un'eccezione cinese. Bush ha così aggiornato la nozione americana di "one-China policy": se esiste una sola Cina, essa ha i tratti liberi e democratici di Taiwan. Sfumature decisive, ma assenti nelle parole di Prodi.

Nel caso dell'appoggio assicurato da Prodi su due questioni così rilevanti per il governo cinese, doveva valere il principio per cui ad ogni nostra "carota" dovrebbe corrispondere un'apertura concreta da parte dei regimi. Altrimenti come potranno mai democrazia e diritti umani divenire parametri - non gli unici ma centrali - nei nostri rapporti con le dittature? Se vanno sostenuti i gruppi di dissidenti e di attivisti che dall'interno si battono per democrazia e diritti, quale segnale può rappresentare sostenere in modo gratuito due dei pilastri più aggressivi della politica di Pechino?

Tutto ciò ha a che fare con un altro tema affrontato dalla Bonino nel suo intervento: «Come ci dobbiamo stare al governo?»

Se il principio della collegialità è davvero condiviso all'interno del Governo Prodi, e dal premier stesso, due posizioni come quelle espresse a Pechino dovrebbero aver trovato spazio di discussione nelle riunioni governative di preparazione della visita e anche un ministro per il Commercio Estero dovrebbe aver potuto incidere sulle scelte del governo.

Se ciò non fosse avvenuto, o se comunque avesse prevalso la linea espressa poi da Prodi a Pechino, cosa fare ora? Dire che non si è d'accordo non corrisponde certo a una violazione del principio di collegialità, che significa rispettare le decisioni assunte collegialmente dal governo, ma non rinunciare al proprio dissenso costruttivo. Il «cicaleccio» aumenterebbe di certo, ma non di rado, con gesti dall'alto valore simbolico e politico, i radicali sono riusciti a svolgere il ruolo delle formiche.

Approfitto per introdurre una considerazone di carattere generale. Come radicali - ai quali Sofri attribuisce il paradossale difetto di non avere «qualcosa di cui pentirsi» - arrivati al governo ci preoccupiamo di dimostrare che non siamo inaffidabili. Il rischio però, esagerando, è di finire per attribuire un fondamento ad accuse, e luoghi comuni, rivolti spesso in modo strumentale e in malafede. L'etichetta di "inaffidabili" deriva dal fatto che i radicali non svendono le loro battaglie e sono laicamente pronti ad allearsi («percorrere un tratto di strada insieme») con qualunque forza politica disposta a lottare per quelle al loro fianco. Un pregio nel panorama politico italiano, che oscilla tra lo scontro ideologico e la guerra fra bande, che ha regalato a questo paese conquiste fondamentali. Scrollarci di dosso il complesso dell'inaffidabilità, il timore di essere incasellati nel mastellismo o nel dipietrismo, non può che aiutarci a giocare al meglio le nostre carte "di governo" per l'alternativa.

4 comments:

Anonymous said...

lLe tue considerazioni sulla politica verso Pechino hanno un chiaro destinatario (la Bonino), per cui non resta che rilevare una limatura di posizioni et amen.

Due considerazioni.

a) Se i radicali non avessero «qualcosa di cui pentirsi», perchè mai dovrebbero soffrire di complessi?
Se hanno un complesso, probabile che ci sia qualcosa di cui pentirsi.

b) Vorrei capire perchè i dati economici (e segnatamente quelli macroeconomici) non trovano mai spazio nelle considerazioni di voi radicali dell'"intellighenzia".

Nello specifico Cinese, come si può ignorare che la Cina possiede ormai un terzo del debito pubblico americano?

Sappiamo anche che lo yuan è agganciato al dollaro con un cambio fisso.

Sappiamo poi che gli investimenti diretti americani in Cina sono praticamente decuplicati durante la presidenza Bush.

Qual'è l'impatto di questi numeri sui rapporti politici internazionali?

A leggere i vostri commenti sembrerebbe nullo.

Ma non è così.

Saluti.

Anonymous said...

Peppo, fai troppe osservazioni sui fatti. Devi andare di slogan. Solo così Punzi ti dice di si. Però dopo, perché ora è impegnato a capovolgere il senso di quanto ha scritto due giorni fa. Flip Flop Punzi.

Anonymous said...

l'europa - a patto di non volersi rappresentare come la solita "espressione geografica" -, deve smetterla di chiudere un occhio sulle violazioni dei diritti civili da parte della cina...certo, è difficile non subordinare i diritti civili agli interessi economici quando fa comodo...ma questa è la miope politica "cinese" adottata dall'europa...e non ci nascondiamo, scandalizzandoci come verginelle, dietro la consapevolezza che prima di noi, già francia e germania hanno impedito una politica estera europea dignitosa nei confronti della cina...perché anche l'italia, nel suo piccolo, ha fatto e fa la sua sporca parte...ma ve la ricordate il trio madrigalista prodi-berlusconi-solana???...oggi, destinazione pechino...un'intero caravanserraglio si è mosso ancora, con in testa il duo vocale ( ma afono ) bonino-prodi; evidentemente...la cina è un incubo per pochi, per lo più cinesi stessi...noi europei...occidentali...dormiamo comodi e ci godiamo lo spettacolo della politica come merce di scambio...una mossa di facciata che si ritrova in tutti i documenti della ue...figuriamoci in quelli italiani!!! ma dai...basta guardare quello che succede attorno a noi...tutti i "capi" della politica europea si recano spesso e volentieri in cina, alberghi a super stelle...e pure i leaders dei governi nazionali ( noi italiani, che in queste cose possiamo fare a meno di tutto tranne che del superfluo, ci muoviamo con tutto il triste entourage lobbystico che razzola attorno all'osso cinese...)...i leaders, dicevo, se ne vanno in oriente a portare avanti una politica che tutto sommato, lo dico da liberale senza se e senza ma...può ben essere definita senza scrupoli...perché sì, amici miei, non ci dimentichiamo che come sempre...il gioco è più grande di noi...si parla di nuovi equilibri mondiali...fortemente strategici sul piano politico, economico e militare...è tutto un magna magna direbbe qualcuno...tutto è basato su un concetto di spartizione tripolare...in cui i centri che detengono la situazion di potere sono gli usa, l’unione europea ( a patto che sopravviva a sé stessa ) e l'asia...rectius, la cina...ma è tutto un casino, ragazzi miei e i conflitti di interessi sono innumerevoli...da quello che ho capito io...l'europa, da macchietta che è, vuole fare un gioco un poco sporco...il classico trucco delle tre carte, solo che questa volta a livello planetario...quasi una botta a all'amerika ed una alla cina...praticamente, un giochetto a metà strada tra il cerchiobottismo ed il passo del bastone e della carota...eh sì, credo proprio che l'europa sia vittima di una distorta visione della realtà geopolitica e geostrategica, tanto quanto agli stati uniti ed il loro ruolo nel mondo...tanto quanto alla medesima, negletta unione europea...ed infine, pure quanto all'asia stessa dove la cina, non dimentichiamolo, è impegnata contro gli stati uniti in una feroce lotta silenziosa per l’egemonia che ruota attorno alla minaccia dell’indipendenza di taiwan...già modello "cinese" politicamente corretto. da poco, anche il giappone scalda i muscoli e ha rivisto la sua posizione sullo scacchiere. morale? partendo dal presupposto che è tutto un casino e che i conflitti di interessi sono innumerevoli...una sola certezza rimane ovvero, la cina...dopo essere già stata inserita nel novero degli stati con cui si può collaborare quanto alla fornitura di materiale e tecnologia nucleare e spaziale...per merito del paventato annullamento dell’embargo sugli armamenti ci sarà moooooooooolto grata.
quanto alla bonino...emma chi? lo dico seriamente, mi è simpatica e la stimo molto, è una donna capace, sono spesso in sintonia con lei...la considero l'ossatura del pensiero radicale italiano...ma il suo odierno, assordante "silenzio" mi ha deluso profondamente...anche lei, come molti sprovveduti politici, ritiene che intraprendere relazioni commerciali a rotta di collo con la cina possa comportare un beneficio sulla questione dei diritti civili...sì, buonanotte ai suonatori...ad oggi, di nessun beneficio in tal senso possono parlare i piccoli cinesi resi quasi schiavi...perché è vero che le imprese occidentali, da sole, non possano influenzare in nessun modo la politica cinese verso i cinesi. in linea di massima, il popolo cinese - a meno che qualcuno non si basi sulla conta dei turisti...- non ha tratto benefici dagli investimenti effettuati in loco dalle compagnie straniere...la bonino, dunque, ha toppato, andasse a chiedere conferma a qualche provider cinese che s'è visto chiudere il sito e ritirare la licenza e che magari è stato pure gettato in galera e dimenticato! in ogni caso, almeno per quello che mi riguarda...qualcosa ho guadagnato grazie alla sindrome cinese che ha affetto la bonino, una consapevolezza per lo più...ovvero:diamine, anche i radicali con la tempra della bonino, in occasione delle gite all'estero di natura meta-para-pseudo-confindustrialgovernativa...possono essere colpiti da conflitti di interessi e resi ciechi, sordi, muti...
però una domanda alla bonino gliela voglio fare: ricorda l'anno 1997, l'affare Airbus? ricorda che gia una volta la cosidetta unione europea s'è calata le braghe, rinunciando ad una politica di maggior fermezza? ricorda che anche in quell'occasione...la cina si dichiarò pronta a rivedere la questione dei diritti civili?

credo che non ricordi...in cina non ha ricordato, ha spalleggiato ancora il fantomatico "dialogo sui diritti civili", di certo molto meno gravoso di un impegno serio, di una denuncia seria...più comodo rispetto ad una accusa pubblica portata innanzi fin nella comunità internazionale, finalmente unita per qualche buona ragione. una denuncia concreta che avrebbe potuto aver seguito in ambito onu.

il pio e democratico governo cinese se ne rallegra.


ciao.


io ero tzunami...

Anonymous said...

allora rissumiamo il bonino pensiero:

"in china ci sono problemi di diritti civili, soluzione: vendiamo loro delle armi (mah, chissa che ci faranno... mhhh chissà chissà... clisteri? ci festeggiano a capodanno? mah!)e in compenso mettiamo dei dazi permanenti del 16% sui prodotti tessili"

questo per ottenere... una popolazione piagata dalla povertà con un esercito bene armato che la tiene a bada.
sì, sì, è sicuramente il metodo giusto.