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Wednesday, September 27, 2006

Il ministro e il dissidente

Emma Bonino alla Camera"Cosa dovevo fare?". «Un incidente diplomatico con il presidente Prodi in piena Pechino sulla revoca dell'embargo delle armi? Questo non avrebbe fatto fare un passo avanti ai cinesi, però avrebbe alimentato il cicaleccio italiano per molto tempo». Sarebbe invece «utile che parlassimo di cos'è oggi il mondo asiatico, di che ruolo vogliamo far giocare alla Cina. La persuasione è un'opera lunga, paziente, ma irrinunciabile. Nessuno ha interesse a che la Cina esploda, noi abbiamo l'interesse che diventi un protagonista responsabile delle cose del mondo e delle sue... e badate che in Cina è aperto all'interno della classe dirigente un dibattito molto profondo... a me non costava nulla mettermi un simpatico cartello e fare un giretto a Tien An Men. Questo forse avrebbe dato una fotografia su un giornale italiano, ma poco avrebbe aiutato a strappare qualche minimo impegno in più».

E' il passaggio in cui Emma Bonino, parlando alla Direzione nazionale della Rosa nel Pugno, ha voluto replicare - e gliene sono sinceramente grato - alle obiezioni che ho avuto occasione di muovere (in un articolo su L'Opinione e in un post su questo blog) alle dichiarazioni di Prodi negli incontri ufficiali a Pechino e al suo silenzio riguardo le posizioni espresse dal premier a favore sia della revoca dell'embargo europeo sulle armi alla Cina sia della politica di "una sola Cina".

Oggi, Emma Bonino è intervenuta in aula, alla Camera, per rispondere a due interrogazioni a risposta diretta (3-00258: Volonté e altri; 3-00259: Raisi e altri), entrambe sulla visita del Governo in Cina e sul rapporto fra relazioni commerciali e rispetto dei diritti umani e politici.

La visita in Cina, ha rivendicato, «non ha fatto venir meno, ma è stata un'occasione per ribadire anche a Pechino» la questione dei diritti umani. Non si può negare, è stato così. E da ministro del Commercio Estero ha aggiunto: «Dobbiamo capire se, avendo il compito di promuovere le imprese, il ministro del Commercio Estero può andare solo in Svezia o in Svizzera...»

Naturalmente ben vengano relazioni commerciali con la Cina. L'isolamento finirebbe inevitabilmente per rafforzare la presa del regime sulla società e l'apertura commerciale, anzi, è comunque un veicolo essenziale di trasmissione di valori e di cultura. Ben poco peso hanno però le dichiarazioni sui diritti umani e le richieste di apertura democratica - che ci sono state sia da parte di Prodi che della Bonino - se nel contempo si sposano due dei pilastri della politica estera di Pechino a chiara impronta nazionalista: la fine dell'embargo europeo sulle armi e la politica di "una sola Cina".

Quella della revoca dell'embargo «è una questione complessa», si è difesa in aula la Bonino, limitandosi a ricordare che Prodi non ha detto «nulla di diverso da quanto già espresso da Ciampi, Fini e Berlusconi nella passata legislatura» a Pechino. Già, forse proprio questo è il problema, è che ha assicurato al Governo cinese lo stesso tipo di sostegno.

Accertato che in Cina «è aperto all'interno della classe dirigente un dibattito molto profondo», siamo sicuri che le posizioni su cui Prodi ha schierato l'Italia servano all'ala aperturista e riformatrice di quel dibattito? Non fanno, piuttosto, il gioco dell'ala nazionalista?

Neanche finivo, l'altro giorno, di buttare giù queste domande, che la risposta giungeva da Wei Jingsheng, dissidente politico cinese e membro del Partito Radicale Transnazionale, cioè compagno di partito della Bonino. Jingsheng, durante la sessione del Consiglio Onu sui Diritti Umani a Ginevra (insomma, non al solito convegno di dissidenti) si esprimeva senza mezzi termini contro la sospensione dell'embargo sulle armi nei confronti del regime cinese: «La decisione da parte dell'Unione Europea di togliere l'embargo, avrebbe l'effetto di rafforzare la parte più intransigente ed autoritaria all'interno del Partito Comunista Cinese, e di incoraggiarlo a continuare la pianificazione della guerra contro Taiwan; un conflitto, quello contro Taiwan destinato a coinvolgere gli Stati Uniti, ma anche la stessa Unione Europea e destinato a destabilizzare il continente asiatico».

«Dopo la reiterazione da parte del Governo Prodi della posizione italiana, già espressa dal Governo Berlusconi, a favore della sospensione dell'embargo delle armi - ha commentato Matteo Mecacci, rappresentante del PRT all'Onu - è essenziale che il Parlamento italiano organizzi al più presto un'audizione con la presenza dei più importanti dissidenti politici cinesi, e adotti una risoluzione per opporsi a questa decisione del Governo».

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