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Monday, September 18, 2006

Quando l'Islam si separò dalla ragione

L'Islam come «religione della guerra» è la conclusione che alcuni traggono dalla lectio magistralis del Papa all'Università di Regensburg e dalle reazioni, scomposte e violente, di molti leader religiosi e politici islamici. Per lo meno di quelli, occorre notarlo, di cui i ben poco indipendenti e moderati canali di informazione del mondo islamico hanno trasmesso la voce.

Sbaglierebbe, secondo questa lettura, il presidente Bush, il quale - testualmente - ripete che l'Islam è una «religione di pace» (qui e qui) e che il fondamentalismo rappresenta una versione perversa, deviata, dell'Islam: l'islamo-fascismo.

«Leggendo il testo del discorso del Papa a Ratisbona si ha l'impressione che il Papa abbia assai meno fiducia di Bush nella possibilità di un riscatto dell'Islam dalla Jihad», ha dichiarato David Frum, neoconservatore ed ex speechwriter di Bush, giorni fa a La Stampa:
«Per Bush l'Islam deve solamente liberarsi di un'ideologia estranea, violenta ed anti-occidentale, tornando alle proprie origini pacifiche. Mentre il Papa sembra dire che proprio le origini non sono pacifiche».
Su questo dato delle origini pacifiche dell'Islam si fonda la fattibilità dell'esportazione della libertà e della democrazia, che presuppone una Riforma dell'Islam e un processo di secolarizzazione delle società musulmane. Se l'Islam non è una religione essenzialmente pacifica che cacchio stiamo a fare? Stiamo perdendo tempo. Per questo trovo che l'invito del Papa a recuperare il «timore di Dio» per placare le paure delle popolazioni musulmane confligga con i presupposti della dottrina Bush.

Indubbiamente quelle di Ratzinger sono parole «incendiarie, ma coraggiose», osserva Andrew Sullivan, che come noi è rimasto colpito dalla «visione di Benedetto dell'Islam... dal suo suggerimento che imposizioni e violenza non sono estrinseci, ma intrinseci alla visione che ha l'Islam del rapporto del genere umano con il divino». In un post successivo, scrive che la nozione della violenza nel Corano, per esempio della "guerra santa", nelle conclusioni del Papa sarebbe dovuta alla religione stessa; e che invece «i passaggi sulla pace possono essere spiegati in parte dal fatto che appartengono ai primi giorni dell'Islam, quando Maometto non aveva altre opzioni pratiche. Successivamente, Maometto sostenne e praticò la guerra».

Tuttavia, secondo il Time, il Papa nel suo discorso avrebbe commesso un grave errore di attribuzione: il celebre versetto "Nessuna costrizione nelle cose di fede" (sura 2, 256), attribuito al «periodo iniziale... in cui Maometto stesso era ancora senza potere e minacciato», secondo numerosi studiosi musulmani risalirebbe invece al periodo medio, circa al 24esimo anno della predicazione di Maometto (624 o 625 d. C.), quando era a Medina e controllava già uno Stato. Dunque, quel versetto non sarebbe stato scritto quando Maometto era in posizione di debolezza - come riportato dal Papa quasi a sminuirne il valore - ma di forza.

Inoltre, continua Sullivan, «la natura della rivelazione musulmana, secondo Benedetto XVI, è che la parola di Dio è stata consegnata direttamente al Profeta. La tradizione cristiana del logos, della ragione, non trova quindi corrispondenza nell'Islam, secondo il Papa. Una riforma dell'Islam, sembra dire Benedetto, è molto improbabile a causa della intrinseca irrazionalità dell'Islam...».

Un altro che il discorso del Papa se l'è letto è il Re del Marocco, Mohamed VI, discendente diretto di Maometto, noto per aver introdotto nel suo paese, uno dei più minacciati dal terrorismo, una legislazione molto avanzata sul diritto di famiglia e la posizione delle donne. Il Re è una delle poche autorità religiose musulmane ad aver compreso che l'accusa rivolta dal Papa all'Islam riguarda la sua intrinseca irrazionalità. Dunque, con toni civili ha spedito un messaggio al Pontefice nel quale spiega che invece l'Islam onora la ragione e pratica la tolleranza.

Nel messaggio si ribadisce che «la fede di ogni musulmano non può essere considerata completa se non crede in tutti i profeti, e in primo luogo in Mosè e Gesù, che la pace sia su di loro». Che l'Islam «esorta alla pace e alla moderazione e rigetta, al contrario, la violenza, permanendo attraverso la storia come un faro illuminante, portatore di un messaggio di tolleranza religiosa e di mescolanza delle culture e delle civiltà». Naturalmente si riferisce alla versione che egli stesso incarna in Marocco - che è possibile e autorevole - e non alla totalità del mondo musulmano, su cui prevale la versione jihadista.

Mohamed VI sottolinea inoltre come in realtà il mondo arabo abbia conosciuto quell'incontro con la cultura greca che secondo Ratzinger ha riguardato solo il Cristianesimo: «Il Marocco ha avuto nella sua storia eruditi che hanno trasmesso una parte della cultura greca all'Occidente cristiano nel Medio Evo, e che nei loro trattati filosofici hanno esaminato la possibile coabitazione fra ragione e religione, essendo la prima un modo per meglio comprendere la seconda, una verità corroborata del resto dai grandi orientalisti e dagli storici di diversi paesi occidentali». Dunque, è il Re marocchino - e non Benedetto XVI, come sostiene Panella - a cogliere il «punto esatto in cui l'Islam si è separato dalla modernità: quel divorzio tra Dio e ragione che è stato codificato nel dodicesimo secolo da Mhoammed al Ghazali, quella sconfitta di Averroé che ha letteralmente bloccato l'elaborazione scientifica del mondo islamico».

Anche Gian Enrico Rusconi, oggi su La Stampa, ritiene che del discorso del Papa «a torto siano state lanciate nel circuito mediale mondiale esclusivamente le famigerate citazioni... estrapolate dal discorso complessivo». Il punto, in realtà, è un altro. I «concetti guida» dell'intera lectio magistralis - logos, ragione, ragionevolezza - «collocano e ripensano l'identità cristiana dentro al processo di razionalizzazione occidentale... declinato in termini di "ellenizzazione del cristianesimo"». Questo discorso, tuttavia, «come corollario sull'Islam proietta l'ombra dell'irrazionalità, della irragionevolezza... La condanna alla "guerra santa" islamica si colloca all'interno di un ragionamento basato sul contrasto tra il Dio-Logos greco-cristiano e il Dio-Arbitrio dell'Islam. Tra la razionalità occidentale e l'irrazionalismo orientale».

E' questa, osserva Rusconi, «la vera questione storica, filosofica e teologica che meriterebbe un dibattito ampio e forte». Perché se «è vero che il Pontefice a Regensburg non poteva affrontare uno "studio approfondito sulla jihad"», doveva però «fare alcune precisazioni sulla impropria identificazione della jihad con la violenza armata, sui diversi e complessi significati che questa espressione ha nella teologia più qualificata». Insomma, quelle che ha sollevato Panella nel suo articolo di sabato per Il Foglio. «In questo modo Ratzinger si sarebbe sottratto all'accusa di non conoscere la cultura islamica e di coltivare semplicistici pregiudizi anti-islamici». O quanto meno si sarebbe sottratto alle critiche mosse in buona fede e a quelle qui in Occidente.

Bernard Lewis dice di non aver letto la lezione del Pontefice, ma il suo pensiero è chiaro da sempre:
«Ho detto di essere d'accordo con il leader israeliano Natan Sharansky, un ex dissidente sovietico. Per sconfiggerlo bisogna portare la libertà e la democrazia in Medio Oriente. Se non lo faremo ci distruggerà. La tesi che gli arabi non sono adatti alla democrazia si basa soltanto sull'ignoranza della loro storia e sul disprezzo del loro presente e del loro futuro».
Altro che «timore di Dio»...

6 comments:

Anonymous said...

Il Corano è un gran guazzabuglio. Se fossi in vena d’umorismo direi che l’Islam è un Cristianesimo mal digerito. Purtroppo è completamente pervertito. Tutti i fenomeni religiosi o parareligiosi POST cristiani, le eresie cristiane, i vecchi e moderni millenarismi, compresi i totalitarismi di destra e sinistra, hanno questo in comune e in irriducibile ANTITESI col cristianesimo: la pretesa di creare il Regno di Dio su questa terra, un proprio ordine sociale; piccolo, autonomo e staccato dal resto della società (errore condannato già con chiarezza da S. Paolo che prescriveva di “ubbidire ai magistrati”) o grande e universalistico, la si chiami Città del Sole, Soluzione Definitiva o Comunismo. La mancanza di libertà viene psicologicamente compensata dall’autoattribuzione della virtù (“puri” si definivano i Catari, dal greco khataròs) e/o dalla designazione di un Satana in carne e ossa sul quale sfogare le energie represse. L’annientamento o la conquista è la grande valvola di sfogo. L’Islam è il primo grande e confuso fenomeno di questo tipo. Da una parte evoca la vita eterna, dall’altra legifera e crea un ordine sociale ben definito e immodificabile. Qualcuno parla di ritorno all’Antico Testamento ma sbaglia. Nel testo biblico alla distinzione tra Gerusalemme terrena (la terra promessa di Canaan) e Gerusalemme celeste corrispondono una legge positiva, la legge mosaica (“le leggi di giustizia”) e una legge morale, i Dieci Comandamenti. Queste due ultime sono spesso in contraddizione tra loro come l’insegnamento di Gesù mette in evidenza. Ad esempio (Matteo 19) a chi gli chiede: “Perché allora Mosè ha ordinato di darle l’atto di ripudio e di mandarla via?” Gesù risponde: “Per la durezza del vostro cuore Mosè vi HA PERMESSO di ripudiare le vostre mogli…” Che è come dire: la legge teneva conto della vostra natura imperfetta, ve lo permetteva, ma voi avete fatto male a farlo. Quindi un primo chiaro vagito di laicità venne già dal Sinai, mille anni prima che Gesù dicesse: “Date a Cesare ecc.” Questa logica binaria veterotestamentaria, è simbolicamente dimostrata dal fatto che Dio non permise a Mosè, dopo aver guidato per tanti anni il suo popolo, di mettere piede nella terra promessa di Canaan, indicando con ciò che vi era una promessa più grande e all’uomo quell’altro suo ultimo ultraterreno destino. Con questa distinzione l’uomo acquista interiorità. Sarà chiarita e completata da Gesù. Sarà alla base della civiltà occidentale. Troverà terreno fertile nel mondo greco-romano, dove il processo di emancipazione individuale era più progredito, parallelo a quello di gerarchizzazione degli Dei (evidente già nell’Odissea) e infine quasi monoteismo (Seneca parla, si può dire, solo di “Dio”), ma dove essa non poteva essere presente in quanto solo il carattere rivoluzionario di religione “rivelata”, frutto dell’intervento diretto di Dio, e quindi non filosofia, la rende concepibile. Il Logos da solo non sbagliava, ma aveva i suoi limiti. Il Cristianesimo non è stato modificato nella sua ESSENZA dal contatto col mondo greco. Una religione rivelata non può modificarsi nella sua essenza, ma può trovare un ambiente adatto dove svilupparsi. IL Cristianesimo e l’Islam sono diversi alla radice, non a causa di ibridazioni culturali. L’Islam vuole essere una religione rivelata ma lo è molto imperfettamente, quindi non lo è. La chiarezza dogmatica del Cristianesimo sola rende concepibile il concetto di “laicità” e la separazione tra Stato e Chiesa, in quanto i dogmi sono la sostanza della sua diversa natura. Il Cristianesimo è indipendente (non indifferente) da ogni ordine sociale.
In Occidente molti parlano, più spesso con accenti di orrore ma non di rado con una sorta di morbosa, malcelata ammirazione, la “vitalità” dell’Islam radicale, che è del tutto apparente. Perché?
L’Islam, fin dalla sua nascita, è una società che vive solo se cresce e conquista. Quando si ferma rinsecchisce. Avendo Maometto non solo creato una religione, ma anche disegnato, come ho detto prima, un modello di società terrena immodificabile, egli con questo ha paralizzato in tutti i campi le capacità creative dell’individuo (come nelle società totalitarie), per cui tutte queste energie individuali sopite vengono buone per la loro unica possibilità di espressione: l’aggressività verso gli infedeli e la conquista. Nell’arte, nella scienza, nella letteratura l’Islam è stata essenzialmente una società assimilatrice, non creatrice. Creare vuol dire speculare e quindi necessità di spazi di libertà. Grandi creatori furono i Greci, nelle loro microscopiche realtà democratiche ante litteram.
Ma ecco che quando la conquista viene meno e rifluisce come la marea, ecco che l’Islam si trova piegato su se stesso e niente ha da offrire alla creatività e all’attività individuale. Così è successo per l’ondata araba prima e poi per quella turca. Mentre l’Occidente cristiano progrediva, nel mondo islamico era come se il tempo si fosse fermato. Se l’Islam si è separato dalla modernità è perché più in là non poteva andare, pena l’autodissolvimento.
E allora quali sono le cause di questa apparente vitalità islamica? Due, una strutturale: l’espandersi irresistibile delle libertà individuali, fenomeno che si può, anzi si deve, cercare di governare, ma che combattere significa semplicemente andare contro natura; tale fenomeno, al contrario di quanto accade col cristianesimo, è incompatibile con l’Islam, che è perciò impegnato in una lotta per la vita contro questa formidabile pressione. La seconda causa, accidentale, è l’aiuto che gli è venuto i questa lotta illusoria proprio dal nemico che vuole combattere: la tecnologia occidentale.
Concludendo, questa malintesa vitalità islamica è frutto di un senso di disperazione, se non di un presentimento di morte (non diceva l’Ayatollah Khomeini, “rincuorando” i suoi fedeli, che “o saremo felici conquistando il mondo oppure guadagnandoci il paradiso morendo tutti come martiri?”), e delle possibilità di offesa fornite dalla tecnologia occidentale. L’Islam è una stella che sta esplodendo: una supernova che fa tanta luce ma sta morendo.

Anonymous said...

Il Papa è una figura di pace e di fratellanza non una simbolo di odio e di razzismo. La religione cristiana ci ha insegnato dei valori etici e morali come strumento della convivenza. Porgere l’altra guancia non significa abbasare la testa ma essere superiori perchè sia nel torno che nella ragione la nostra religione preferisce la pace e non la guerra. Giovanni Paolo II riuscì a perdonare anche chi lo voleva morto. Non ci deve essere un Papa arrogante che pensa che le sacre scritture siano la guida per interpretare il nuovi disordini sociali, ma uno che sappia usare la bontà e il dialogo come strumento di fratellanza. Non esiste una religione migliore. Ma dovrebbero esistere guide spirtuali superiori. Sia l’islamismo che il cristianesimo hanno provocato morte in nome di un Dio. Ma questo Dio che ha dato la vita può chiedere la morte dei propri figli? Spero di cuore che il più saggio tra i credenti sappia chiedere scusa in mome dei valori impartiti dai sacrifici dei martiri e dalle sante parole della nostra religione, perchè le sacre scritture c’hanno sempre insegnato a perdonare.

JimMomo said...

Fausto, la tua è una lettura suggestiva e condivisibile, ma per quanto mi sforzi non riesco a trovare quelle coordinate nel discorso di Ratzinger.

ciao

Robinik said...

Jimmomo fa da sponda ai terroristi

Anonymous said...

http://frinarelli.altervista.org/?date=09-06&topic=Dice.Fallaci.che.Ratzinger.non.pessimista

Anonymous said...

il fatto che l'affermazione di non costrizione della fede appartiene al primo periodo o al medio non conta.
quando due passi del corano si contraddicono la tradizione vuole che prevalga il più recente.
alla luce di questo, se non ricordo male risulta che è permessa la tregua e la non imposizione del corano ai popoli del kitab non musulmani, purchè paghino un sovrapprezzo in tasse, mentre invece non è concessa tregua agli atei e ai pagani.