Una delle lezioni più limpide che si ricava dalla lettura delle memorie di
Tony Blair ("A Journey") risulta particolarmente preziosa per i governi che vogliano introdurre delle profonde riforme. Un aiuto molto concreto dall'esperienza maturata da chi delle riforme ha saputo fare il suo tratto politico distintivo. Innanzitutto, il metodo: bisogna essere consapevoli del fatto che senza toccare le
strutture non si riusciranno mai ad elevare gli standard qualitativi di un servizio pubblico, quale che sia il settore:
«All'inizio abbiamo governato con un chiaro istinto radicale ma, essendo inesperti, non sapevamo bene dove avrebbe dovuto portarci quell'istinto in termini di specifiche decisioni politiche. In particolare, ritenevamo possibile separare le strutture dagli standard, ovvero, di poter mantenere i parametri del servizio pubblico e al contempo poter trasformare profondamente gli esiti generati da quel sistema. Col tempo, ci siamo resi conto di esserci sbagliati: senza cambiare le strutture, non si possono elevare gli standard, se non di pochissimo. All'inizio del secondo mandato, abbiamo ideato un nuovo modello per le riforme: volevamo trasformare la natura monolitica del servizio pubblico; introdurre la competizione; sfumare le distinzioni tra il settore pubblico e quello privato; contrastare le tradizionali demarcazioni professionali e sindacali riguardo al lavoro e agli interessi acquisiti; e, in generale, cercare di liberare il sistema, di lasciare che si rinnovasse, si differenziasse al suo interno, respirasse e divenisse più elastico... Ecco una lezione pratica sull'incedere delle riforme: la proposta è giudicata disastrosa; avanza fra tagli radicali e forti opposizioni; è impopolare; entra in vigore; e di lì a poco è come se fosse sempre esistita...»
Ecco, il guaio è che in Italia di solito non riusciamo ad arrivare alla quarta fase.
«Dunque, se pensi che una riforma sia giusta, non arrenderti. L'opposizione è inevitabile, ma raramente è imbattibile. A fronte di molti detrattori vociferanti vi saranno parecchi sostenitori silenziosi. La leadership s'impernia sulle decisioni che portano a un cambiamento: se non sai gestirle, è meglio che non diventi un leader. Ma questa lezione ha una portata ancora più ampia: insegna a emergere dalla mischia, a parlare soverchiando il brusio e il chiasso, e a restare sempre, sempre concentrati sul disegno generale».
E una lezione particolarmente importante riguarda il sistema universitario, considerando che proprio in questi giorni in Italia ci accapigliamo sulla riforma Gelmini. Ecco l'esperienza di Blair in proposito:
«Giunsi alla conclusione che il futuro delle nazioni sviluppate come la nostra, che fanno molto affidamento sul capitale umano, dipendeva da un sistema di istruzione superiore palpitante, dinamico e di livello mondiale... Diedi un'occhiata alle prime cinquanta università del mondo e vidi che solo alcune erano nel Regno Unito e che quasi nessuna si trovava nell'Europa continentale. L'America stava vincendo la gara, seguita a breve distanza dalla Cina e dall'India. La situazione degli Stati Uniti era particolarmente significativa. Il loro predominio nei primi cinquanta posti - e anche nei primi cento - non era frutto del caso o delle dimensioni geografiche; era evidentemente e innegabilmente dovuto alle tasse. Le università avevano uno spirito più imprenditoriale; corteggiavano gli ex studenti e ricevevano enormi lasciti; il sistema delle borse di studio permetteva di aiutare gli studenti più poveri; la flessibilità finanziaria consentiva di attrarre i docenti migliori. Gli istituti disposti a pagare di più avevano lo staff più prestigioso. Punto e basta. Il nostro insaziabile desiderio di egualitarismo aveva penalizzato anche gli atenei nelle posizioni inferiori...».
Cosa ha fatto, in concreto,
Tony Blair? Importanti per l'istruzione in generale sono anche le
specialist school, le
academy e le
trust schoool, oltre al sistema di valutazione degli insegnanti, ma uno degli interventi più controversi è quello sulle rette universitarie, un modo intelligente per aumentare i fondi a disposizione delle università legandoli però alle prospettive concrete di lavoro che sono capaci di offrire ai loro studenti:
«In sintesi, noi volevamo che invece di pagare anticipatamente 1.150 sterline l'anno durante la frequenza dei corsi, gli studenti versassero una tassa variabile fino a 3.000 sterline l'anno, da stabilirsi a discrezione dell'istituto e da rimborsare dopo la laurea in base alle condizioni economiche».
«Le riforme attuate avevano dimostrato inequivocabilmente che maggiore era l'autonomia di scuole e ospedali, maggiore era anche l'innovazione; e che più crescevano la concorrenza e la facoltà di scelta, più alta era la qualità dei risultati. Soprattutto nel caso del sistema sanitario nazionale, l'apertura agli investimenti del settore privato aveva ridotto i tempi di attesa e il denaro era usato sempre più spesso a favore del paziente».
Tony Blair ("A Journey")
1 comment:
Anche io sto leggendo questo librone. A tratti commovente... quando penso a come siamo messi.
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