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Wednesday, September 13, 2006

Visioni contrapposte dell'Islam. Ratzinger prepara la Chiesa a un nuovo Medio Evo

Papa Benedetto XVIA Ratisbona il Papa dà fondamento teologico alla lettura "jihadista" del Corano. Bush e Benedetto XVI hanno visioni contrapposte dell'Islam: il primo ottimista, il secondo pessimista

Provo a sbollentire l'entusiamo di Ferrara per la lectio magistralis di Papa Ratzinger all'Università di Ratisbona.

Alla conclusione che «la diffusione della fede mediante la violenza è cosa irragionevole» e «contraria alla natura di Dio» possono giungere cristiani ed ebrei ma anche, con la sola ragione, i non credenti (vi sembrerà banale, ma forse non ci vuole una cattedra in Teologia). Il concetto forse più ricco di implicazioni espresso ieri dal Papa è che a quella conclusione non possono arrivare i musulmani. O, almeno, non ancora.

E' infatti vero, come osserva oggi Ferrara, che la sua è stata una forte rivendicazione d'identità giudaico-greco-cristiana nei confronti dell'Islam. Dal ragionamento del Papa trapela una profonda sfiducia nella religione islamica. Il Papa argomenta dal punto di vista teologico l'impossibilità, per l'Islam, di liberarsi della concezione di un Dio violento e arbitrario. Al centro, il tema della conversione e della jihad.

In questo modo Benedetto XVI non tende certo una mano a quei musulmani, riformatori e liberali, che sostengono la necessità di una Riforma della loro religione, del suo riconciliarsi con la modernità, e quindi con il vivere libero e democratico. Egli intimamente non crede che ciò possa avvenire. Dal punto di vista teologico nega che l'Islam possa liberarsi, o almeno elaborare, il concetto di Jihad. Tale approccio pessimistico di fatto sembra giustificare l'accusa di apostasia rivolta dagli integralisti all'indirizzo di quei musulmani che non si riconoscono nel significato di jihad come «diffusione della fede mediante la violenza» né in una versione fondamentalista e fanatica della religione islamica.

Ricordando le parole dell'imperatore bizantino Manuele II ["Mostrami pure ciò che Maometto ha portato di nuovo, e vi troverai soltanto delle cose cattive e disumane, come la sua direttiva di diffondere per mezzo della spada la fede che egli predicava... Dio non si compiace del sangue; non agire secondo ragione (logos) è contrario alla natura di Dio. La fede è frutto dell'anima, non del corpo. Chi quindi vuole condurre qualcuno alla fede ha bisogno della capacità di parlare bene e di ragionare correttamente, non invece della violenza e della minaccia..."], il Papa ammonisce che «la diffusione della fede mediante la violenza è cosa irragionevole».

«Modificando il primo versetto del Libro della Genesi, Giovanni ha iniziato il prologo del suo Vangelo con le parole: "In principio era il logos"... Giovanni con ciò ci ha donato la parola conclusiva sul concetto biblico di Dio... In principio era il logos, e il logos è Dio...». Dunque, «la conversione mediante violenza», conclude Benedetto XVI riferendosi alla jihad, è contro Dio, perché «non agire secondo ragione è contrario alla natura di Dio», il quale «agisce con logos. E logos significa assieme ragione e parola». E' questo il frutto dell'«incontro tra il messaggio biblico e il pensiero greco... l'incontro tra fede e ragione... tra autentico illuminismo e religione», che rende il nostro Dio così «diverso da Allah», come registra prontamente Ferrara.

Il Nostro è logos, ragione. «L'argomentazione decisiva contro la conversione mediante la violenza è: non agire secondo ragione è contrario alla natura di Dio... Per la dottrina musulmana, invece – nota Ratzinger sulla scorta del curatore moderno del dialogo tra Manuele II Paeologo e il persiano – Dio è assolutamente trascendente. La sua volontà non è legata a nessuna delle nostre categorie, fosse anche quella della ragionevolezza. A questo punto si apre, nella comprensione di Dio e quindi nella realizzazione concreta della religione, un dilemma che oggi ci sfida in modo molto diretto. La convinzione che agire contro la ragione sia in contraddizione con la natura di Dio, è soltanto un pensiero greco o vale sempre e per se stesso?». Dunque, osserva correttamente Ferrara, «c'è un campo che è quello della Bibbia, del vangelo di Giovanni con il suo logos e del pensiero greco, e un campo che è quello della religione di conquista, della religione naturale che è anche politica e violenza in nome di un Dio arbitrario, lontano e separato dalla ragione umana». Interpretazione quanto mai precisa del pensiero del Papa.

E qui possiamo inserire un'altra interessante riflessione. Il mio post di ieri, che accostava, notando le differenze tra i due, Bush a Benedetto XVI, non voleva essere solo un post ironico. I due leader hanno concezioni diverse, addirittura opposte, dell'Islam. Ciò li porta a individuare armi diverse per affrontare la minaccia jihadista. L'uno (Bush) la libertà; l'altro (Ratzinger) il «timor di Dio», consapevole che se un freno può essere posto all'impeto islamista per la jihad questo può riguardare solo i fedeli delle religioni del Libro, non i "senza Dio".

Ha capito tutto David Frum, intervistato oggi da Molinari su La Stampa: «Leggendo il testo del discorso del Papa a Ratisbona si ha l'impressione che il Papa abbia assai meno fiducia di Bush nella possibilità di un riscatto dell'Islam dalla Jihad». E' esattamente il nocciolo della questione.

Quella del Papa è anche una straordinaria confutazione di un'idea di fondo sulla natura umana. L'aspirazione alla libertà e alla convivenza pacifica, secondo il presidente americano, sono principi universali che prevalgono nell'animo umano una volta rimossi gli ostacoli delle ideologie totalitarie. Secondo il Papa, invece, le popolazioni del Medio Oriente sono condannate a combattere la loro jihad in eterno, perché la jihad, intesa come diffusione violenta della fede, è un carattere teologicamente intrinseco della religione islamica.

Per Bush quella di Bin Laden e dei fascisti islamici è in realtà «un'interpretazione estremanente superficiale dell'Islam», quindi un «problema ideologico», mentre per il Papa è un «problema teologico». Spiega Frum: «Quando il presidente Bush definisce l'Islam una religione di pace esprime una visione essenzialmente positiva dell'Islam, in base alla quale la deviazione jihadista risale al massimo agli anni '50 o addirittura '70». Mentre per il Papa tedesco riguarda «le origini dell'Islam». «Per Bush l'Islam deve solamente liberarsi di un'ideologia estranea, violenta ed anti-occidentale, tornando alle proprie origini pacifiche. Mentre il Papa sembra dire che proprio le origini non sono pacifiche». Riferendosi a «origini pacifiche» forse Frum esagera, ma comunque il punto è che per Bush la religione, anche quella islamica, può essere un fenomeno essenzialmente pacifico, se non è deviato da un'ideologia totalitaria.

Credendo, come il presidente Usa, nella possibilità che l'Islam si liberi del jihadismo ha un senso l'intera dottrina interventista di Bush, mirata alla diffusione della libertà e della democrazia in Medio Oriente. Se invece, conclude Frum, «l'idea è che il problema è nelle origini dell'Islam, come sembra dire il Papa», allora è inutile far di tutto affinché i musulmani siano liberati e siano «loro stessi», perché «per il Papa forse proprio questo è il problema».

Non c'è dubbio che oggi vediamo che milioni di musulmani, ma forse ancora una minoranza, aderiscono all'Islam e alla versione di jihad descritta dal Pontefice, ma c'è da chiedersi: la dottrina islamica del jihad non si può forse relativizzare esattamente come sono stati relativizzati, in un passato piuttosto recente, atti e credenze "irragionevoli" della Chiesa cattolica?

E' Ratzinger stesso, d'altronde, che aggiunge:
«Per onestà bisogna annotare a questo punto che, nel tardo Medioevo, si sono sviluppate nella teologia tendenze che rompono questa sintesi tra spirito greco e spirito cristiano... Qui si profilano delle posizioni che, senz'altro, possono avvicinarsi a quelle di Ibn Hazn e potrebbero portare fino all'immagine di un Dio-Arbitrio, che non è legato neanche alla verità e al bene. La trascendenza e la diversità di Dio vengono accentuate in modo così esagerato, che anche la nostra ragione, il nostro senso del vero e del bene non sono più un vero specchio di Dio, le cui possibilità abissali rimangono per noi eternamente irraggiungibili e nascoste dietro le sue decisioni effettive... Dio non diventa più divino per il fatto che lo spingiamo lontano da noi in un volontarismo puro ed impenetrabile, ma il Dio veramente divino è quel Dio che si è mostrato come logos e come logos ha agito e agisce pieno di amore in nostro favore».
Non si può non osservare che molti cristiani, e la Chiesa cattolica stessa, hanno agito per secoli come se il Dio del logos si compiacesse del sangue versato. Innumerevoli volte fu fatto ricorso alla «conversione mediante violenza» e la «guerra santa» ha fatto per secoli parte della mentalità e dell'esperienza dell'Europa cristiana. Errori che provano, tra l'altro, come la Chiesa e chi la guida non siano affatto infallibili e come estremamente variabili siano precetti morali e dogmi oggi difesi in quanto «naturali». Dopo secoli ci si è convinti che «la diffusione della fede mediante la violenza è cosa irragionevole» e «contraria alla natura di Dio», perché il Dio cristiano è il Dio della ragione.

Una svolta cui la religione in Occidente è stata costretta dall'illuminismo. A riconoscerlo è anche Vittorio Messori: l'«illuminismo e il laicismo drastici» sono «veleni» agli occhi di un cristiano, non c'è dubbio. Eppure, essi hanno «affermato anche dei valori» e «ad essi, malgrado tutto, la fede è sopravvissuta». Di più: «Spesso, anzi, ne è stata purificata», sul piano socio-politico, avendo visto «sradicata violentemente la simbiosi con il potere secolare».

Una Riforma possibile anche in Oriente, nell'Islam, a patto che ai musulmani sia permessa una libera, non letterale, interpretazione dei testi sacri. Il discorso del Papa ci convince ancor di più del fatto che la versione jihadista dell'Islam non è da assecondare recuperando, o accentuando, il nostro «timore di Dio», ma da riconvertire dal punto di vista ideologico con l'influenza e la diffusione dei principi dell'illuminismo e con la promozione dei processi di secolarizzazione.

Il direttore della Sala Stampa del Vaticano, Padre Federico Lombardi, ha cercato di spiegare: «Certamente il Papa non vuole dare una lettura di interpretazione dell'Islam nel senso violento, ma affermare che nel caso di una lettura violenta della religione siamo in contraddizione con la natura di Dio. Credo che tutti sappiamo che anche all'interno dell'Islam ci sono molte posizioni differenti, ci sono posizioni non-violente». Intanto, però, non possiamo non osservare che nella lectio del Papa non si dice «nel caso di una tal lettura...», ma si parla genericamente di «dottrina musulmana» e della contraddizione del Dio che esprime, arbitrario e violento, con la natura del Dio cristiano, che è logos, ragione.

Anche Michael Novak e Richard John Neuhaus, intervistati da Mastrolilli su La Stampa, vedono più una coincidenza di pensiero tra Bush e Benedetto XVI:
«Non stanno dicendo che tutti i musulmani sono estremisti, però riconoscono che la questione degli insegnamenti islamici sul rapporto fra Dio, la ragione, la fede e la violenza va affrontata meglio. Il concetto di jihad, in poche parole, non è estraneo a questi insegnamenti... è necessario notare la differenza culturale nella concezione di Dio, con l'obiettivo di influenzare per quanto è possibile gli insegnamenti».
E Charles Kupchan, che premette di non aver condiviso «quasi nulla della strategia antiterrorismo scelta dall'amministrazione Bush, a partire dall'Iraq», osserva che «lo sforzo compiuto per cercare di separare la grande maggioranza dei musulmani dai terroristi che dirottano la loro religione accomuna il presidente americano, Benedetto XVI, e politici di tradizione diversa come il premier bitannico Blair». Kupchan, nel discorso del Pontefice a Ratisbona, non legge necessariamente un affronto all'Islam:
«Bush e Ratzinger stanno dicendo che la guerra santa è immorale tanto sul piano civile, quanto su quello religioso. Però bollare la fede musulmana come intrinsecamente violenta sarebbe pericoloso per la nostra strategia antiterroristica, che dovrebbe puntare proprio ad isolare gli estremisti ed esaltare i moderati».
E' proprio questo il piano scivoloso del discorso del Papa, che sembra non affrontare con la complessità che merita il problema della reale posizione del Corano di fronte alla violenza.

Khaled Fouad Allam, su la Repubblica, spiega che il celebre versetto "Nessuna costrizione nelle cose di fede" (sura 2, 256) «può essere letto secondo due opposte interpretazioni. Secondo la teologia classica e secondo la teologia di tipo liberale questo versetto dovrebbe abrogare tutti i versetti che incitano alla violenza. Ma oggi, in una situazione caratterizzata dal monopolio di una teologia neofondamentalista, quel versetto viene invece di fatto abrogato». Dunque, per Fouad Allam «il problema non è tanto ciò che è contenuto nel testo coranico, ma come gli esseri umani si ispirino ad esso, alla rivelazione. Perché tutte le società producono la violenza; ma non tutte risolvono la questione della violenza secondo gli stessi metodi». Il Corano dovrebbe essere rimesso nelle mani di ciascun musulmano, per «spezzare la terribile catena del fondamentalismo che si autoproclama unico detentore» della sua interpretazione. E' proprio questo l'aspetto che manca alla riflessione del Papa sul concetto di jihad.

C'è, tra Bush e Benedetto XVI, una convergenza nella condanna della jihad, ma se il primo la ritiene una deviazione totalitaria dell'Islam, così come nazismo e comunismo non erano "i tedeschi" e "i russi", invece il Papa con la lectio di Ratisbona ha più che lasciato intendere che il concetto violento di jihad, «la diffusione della fede mediante la violenza», non è una deviazione ma trova il suo fondamento teologico nella dottrina musulmana, nell'idea di un Dio che trascende le categorie umane, ragione compresa, e che per questo si distingue in modo radicale dal Dio cristiano che è logos, ragione.

Nella puntata del 5 gennaio scorso dello "Hugh Hewitt Show" era ospite Padre Joseph Fessio - studente e amico personale di Ratzinger e oggi Rettore dell'Ave Maria University - il quale ha spiegato al conduttore che l'Islam è «una religione i cui principi si fondano sulla parola di Dio, non degli uomini, ma la parola di Dio è stata consegnata direttamente a Maometto, e non può essere interpretata, cambiata, o adattata. E quella parola dice di conquistare il mondo, o rendere tutti soggetti all'unica vera religione, che è l'Islam. Voglio dire che non è una religione di stabilità o di pace... Il jihad può essere interpretato come una lotta spirituale. Ma il testo parla esplicitamente della diffusione dell'Islam a tutti i popoli e a questi è permesso o accettarlo, o respingerlo, ma divenendo cittadini di seconda classe».

Obietterete: ma questa è solo l'opinione di Padre Fessio. Ebbene, Padre Fessio, in quella trasmissione, rivelò a Hugh Hewitt di aver partecipato a un seminario ristretto, svoltosi nella residenza estiva del Papa, a Castel Gandolfo, nel settembre del 2005, che ebbe come argomenti «il concetto islamico di Dio e le sue conseguenze per una società secolare».

Uno degli studiosi presenti, raccontò Fessio, avanzò la tesi che «l'Islam potrebbe entrare nel mondo moderno se il Corano fosse reinterpretato, fatti salvi i principi, adattandolo ai nostri tempi, in particolare riguardo la dignità da ascrivere alle donne». Contrariamente alle sue abitudini, Ratzinger prese subito la parola e sostenne, secondo quanto riportato da Padre Fessio, che «nella tradizione islamica Dio ha dato la Sua parola a Maometto, ma essa è una parola eterna. Non è la parola di Maometto. E' per l'eternità. Non c'è possibilità di adattarla o interpretarla, laddove nella Cristianità, e nel Giudaismo, la dinamica è completamente diversa, Dio ha agito attraverso le Sue creature, istituendo una Chiesa nella quale ha attribuito ai suoi discepoli l'autorità di portarte avanti la tradizione e interpretarla... C'è una logica interna alla Bibbia cristiana, che le permette, e richiede, di essere adattata e applicata alle nuove situazioni...». Il Corano, invece, «è visto come qualcosa caduto dal cielo, che non può essere adattato o applicato».

A questo punto, il conduttore della trasmissione ha subito chiesto se fosse corretto definire Benedetto XVI «pessimista rispetto alla prospettiva che la modernità possa davvero coinvolgere l'Islam nel modo in cui ha coinvolto il Cristianesimo». L'Islam «è incastrato. E' incastrato da un testo che non può essere adattato, né interpretato in modo appropriato», fu la risposta di padre Fessio.

«Ma se agli occhi del Papa quella riforma interna all'Islam non è possibile, e i dati demografici non mutano, come pare sia difficile che mutino in Europa, cosa accadrà all'Europa?», chiese Hewitt, osservando che l'ultima volta furono i monasteri, assediati dai barbari e saccheggiati dai vichinghi, a far sopravvivere la nostra cultura.

Com'è noto, la Chiesa è un'istituzione che sa guardare nella prospettiva di decenni, secoli addirittura. Il racconto di Padre Fessio apre uno squarcio interessante sulle convinzioni intime del nuovo Papa e sulle riflessioni interne alla Chiesa sul futuro del cristianesimo, dell'Europa e dell'Occidente. E non è un futuro roseo quello che si aspettano in Vaticano. Ciò spiegherebbe da una parte l'ansia per la rievangelizzazione dell'Europa, dall'altra la chiusura dottrinaria. Ci si prepara a un nuovo Medio Evo, in cui un nocciolo duro di cristiani dovrà resistere e tramandare, in modo più fedele e "puro" possibile, la sua fede assediata da un Islam che si diffonderà per tutto il continente europeo. Questa visione pessimistica spiegherebbe perché solo il «timore di Dio» può salvare le società secolarizzate dell'Occidente dal fatale destino di civiltà soccombente di fronte a quella islamica. Al contrario di noi, «i musulmani, forse la maggioranza di essi, prendono sul serio la loro fede. Sono devoti».

Ed è ecco anche spiegata l'ansia per la demografia, per il "figliare". «Se le famiglie avranno figli, trasmetteranno loro la fede, la nostra cultura. E noi abbiamo un vantaggio - ha confessato Padre Fessio a Hewitt - perché gli omosessuali, gli abortisti, e i sostenitori degli anticoncezionali non avranno figli per definizione».

Dunque, il «timore di Dio», la spinta all'evangelizzazione, il dato demografico, sono tutti parametri con i quali il Papa e la Chiesa sembrano misurare lo stato di salute della nostra civiltà. Al contrario, la civiltà soccombente mi sembra quella islamica, se non sarà capace di riformare se stessa, incontrare la modernità, i principi della laicità e dell'illuminismo, reinterpretare i suoi testi sacri, governare la propria vita civile secondo diritto, libertà e democrazia.

Tornando alla lectio magistralis di Ratzinger pronunciata a Ratisbona, il suo «centro sta nelle conclusioni», secondo Padre Lombardi. «Questo tentativo, fatto solo a grandi linee, di critica della ragione moderna dal suo interno, non include assolutamente l'opinione che ora si debba ritornare indietro, a prima dell'illuminismo, rigettando le convinzioni dell'età moderna. Quello che nello sviluppo moderno dello spirito è valido [!] viene riconosciuto senza riserve: tutti siamo grati per le grandiose possibilità che esso ha aperto all'uomo e per i progressi nel campo umano che ci sono stati donati. L'ethos della scientificità, del resto, è volontà di obbedienza alla verità e quindi espressione di un atteggiamento che fa parte delle decisioni essenziali dello spirito cristiano. Non ritiro, non critica negativa è dunque l'intenzione; si tratta invece di un allargamento del nostro concetto di ragione e dell'uso di essa. Perché con tutta la gioia di fronte alle possibilità dell'uomo, vediamo anche le minacce che emergono da queste possibilità e dobbiamo chiederci come possiamo dominarle. Ci riusciamo solo se ragione e fede si ritrovano unite in un modo nuovo; se superiamo la limitazione autodecretata della ragione a ciò che è verificabile nell'esperimento, e dischiudiamo ad essa nuovamente tutta la sua ampiezza».

In fondo al sillogismo rimane fortissima la sensazione che per Benedetto XVI non v'è ragione valida, che non sia «sorda di fronte al divino», se non quella ragione conforme alla fede. Al di fuori di essa tutto viene bollato come irragionevole e siamo al punto di partenza. Il Papa non vuole certo disfarsi della ragione che, come ha spiegato, fin dalle origini del cristianesimo, grazie all'incontro con il pensiero greco, è coniugata alla fede. Egli vuole semplicemente disfarsi dell'empirismo, della scienza sperimentale galileiana, dischiuderle l'ampiezza che solo la verità divina, custodita dalla Chiesa, può farle raggiungere. A noi pare, in conclusione, che quella professata dai vertici della Chiesa sia sempre più spesso una fede che di fronte alla ragione si rivela sorda.

7 comments:

Anonymous said...

Ma cosa altro ti aspettavi da Ratzinger?

Anonymous said...

ma quale medioevo? ratzi è all'oktoberfest!

Anonymous said...

ciao volevo segnalarti questo community blog sul citizen journalism (si possono pubblicare articoli senza alcuna registrazione):
www.Lamianotizia.com
Facci un salto se ti va e magari pubblica pure qualche tuo post (anche questo), tanto puoi anche linkare il tuo blog.
A presto!

Anonymous said...

E così, l'esistenza fattuale di "principi universali" afferenti al concetto di natura umana, scacciata dalla porta etica, rientra dalla finestra "idealista". Può il mondo islamico uscire dal giogo totalitario e dal sottosviluppo? Sì, ma grazie a interventi dall'esterno: del resto, è la stessa dottrina neoconservatrice a sostenerlo nel concreto.
l'Occidente - per riprendere la tua definizione - "giudaico/greco/cristiano" è l'unico esempio storico di civiltà che abbia innescato dal di dentro i processi di elaborazione progressiva del passato in grado di autopromuovere gli individui e le comunità ad un benessere e ad una emancipazione sempre maggiori. E la spiegazione è teologica (l'ermeneutica biblica).
Ne parlo più diffusamente anch'io, proprio oggi.

Anonymous said...

Post interessante, anche se dovrei rileggermelo con calma, se avrò tempo.

La conclusione però è fuori bersaglio.

Il Papa non vuole certo disfarsi della ragione che, come ha spiegato, fin dalle origini del cristianesimo, grazie all'incontro con il pensiero greco, è coniugata alla fede. Egli vuole semplicemente disfarsi dell'empirismo, della scienza sperimentale galileiana, dischiuderle l'ampiezza che solo la verità divina, custodita dalla Chiesa, può farle raggiungere.

Benedetto XVI non vuole disfarsi della scienza sperimentale. Si limita a mettere in evidenza l'errore di chi riduce la ragione al solo approccio empirico. Critica lo scientismo (un'ideologia), non la scienza (un metodo per conoscere la realtà immanente).

Per la Chiesa "La fede e la ragione sono come le due ali con le quali lo spirito umano s'innalza verso la contemplazione della verità." (Fides et Ratio, Giovanni Paolo II)

Citando Paola Ricci Sindoni:

"Non si tratta infatti - come il Papa sottolinea più volte in questo Discorso - di delimitare gli ambiti della loro autonoma competenza: fede come ambito del sacro, ragione come sfera della vita profana. Quando queste due dimensioni camminano da sole sono destinate a produrre disastri: una fede cieca, priva di intelligibilità, brucia ogni possibile immagine di Dio producendo violenza e intolleranza nei rapporti personali e sociali. Quando al contrario la ragione, disprezzando la fede, si erge ad unica garante dell'interpretazione e del senso della vita, cacciando fuori Dio dalla propria prospettiva, non fa che sconvolgere ogni possibile verità sull'uomo e sul suo mondo, come la storia drammaticamente dimostra."

Saluti.

Anonymous said...

Sono profondamente d'accordo con Mauro. Il punto però è un altro. Ratzinger è convinto, come del resto Bush e i teocon, che la ragione debba coniugarsi con l'unica fede possibile, quella nel dio cattolico (non cristiano, attenzione). In questo è identico e speculare ad Amhadinejad.

Il problema però è sempre lo stesso da millenni. Le loro sciocche guerre (vere o false che siano, sulla pelle dei poveri, come dice giustamente Michael Moore, o sulla pelle dei martiri di Allah o dei ragazzini yankee seduti sui tank del deserto con le cuffiette da ipod nano alle orecchie) servono a loro stessi. E all'ordine costituito. E soprattutto a distrarci dal raggiungimento della Verità, che non sta dentro nessun presunto testo sacro.

Più ci distraggono, più ci dominano. Più tutto rimane come prima, anzi peggiora.

Hermes said...

credo che abbia ragione Mauro: fai confusione tra scienza (un mezzo) e scientismo (un fine), e non capendone (o non accentandone) la differenza, dai un'interpretazione travisata del discorso del papa