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Tuesday, May 18, 2010

Il socialismo è morto, inutile accanirsi

Se il libero mercato, e i liberali, non se la passano bene è per lo più per "diffamazione" globale. Il socialismo, invece, è proprio morto e sepolto. E qui ce ne siamo accorti da un pezzo. Oggi sul Corriere Panebianco raccoglie il testimone lasciato ieri da Ostellino e prosegue il ragionamento: se la crisi dell'Eurozona non porterà ad uno smantellamento degli «estesi e costosi sistemi pubblici di welfare», tuttavia «un ridimensionamento sensibile, unito a una forte razionalizzazione delle spese, dei sistemi di welfare, sembra inevitabile nel corso degli anni a venire». Una «vittima illustre» di questo processo, osserva Panebianco, è «il socialismo, in tutte le sue diverse sfumature e varianti».
«Il socialismo europeo è stato innanzitutto e soprattutto uso della spesa pubblica per fini di ridistribuzione... in nome di un principio di uguaglianza. Ma se tutto questo diventa economicamente insostenibile, se persino il carattere universale delle prestazioni di welfare rischia di essere messo in discussione a causa della scarsità delle risorse e della conseguente necessità di scegliere i soggetti a cui continuare a erogare le prestazioni e i soggetti da escludere, il socialismo finisce per perdere gran parte della sua ragione sociale. I conservatori sono sicuramente molto più attrezzati, per cultura politica e insediamenti elettorali, a governare in una fase storica che si annuncia assai lunga e che potremmo definire di welfare austerity».
Alla «crisi dei socialismi meridionali, greco, spagnolo, portoghese» fa da contraltare in Italia lo scarso appeal delle «proposte di espansione della spesa del maggior partito di opposizione», il Pd. I sacrifici che imporranno i governi, prevede Panebianco, provocheranno «forte disagio sociale e forti proteste» e «i partiti socialisti, naturalmente, le cavalcheranno», ma saranno premiati solo se gli elettori saranno così imprudenti da pensare solo ai vantaggi di breve termine. Il New Labour britannico aveva tentato di riscrivere la propria «ragione sociale», ma tranne una prima fase in cui ha saputo assicurare una crescita economica formidabile, nei 13 anni di governo è finito per tornare al «socialismo della spesa» e per logorarsi. In Italia, è meglio che il Pd non s'illuda: il suo è sì un problema di leadership, di vecchie facce, ma è innanzitutto di contenuti. Prima di preoccuparsi di come si dicono le cose e di chi le dice, ci si dovrebbe preoccupare di cosa si va a dire.

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