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Friday, May 07, 2010

Cameron con il cerino acceso in mano

Lib-dem sul filo del rasoio

Non poteva sottrarsi David Cameron al dovere di tentare di formare un governo di coalizione. Saggiamente Clegg si è sottratto all'abbraccio degli sconfitti, e si è proposto ai vincitori, come aveva promesso in campagna elettorale. Reale disponbilità? Oppure, mossa tattica, tanto per logorare Cameron, per poi finire in braccio al Labour e ottenere il sospirato proporzionale? Difficile dirlo. E' certo però che Cameron non poteva non accettare la sfida, doveva rivendicare una vittoria netta, un recupero di seggi straordinario (+97), e non dare il senso di aver mancato il "change" al governo.

Non si può però nascondere un pizzico di delusione per un Cameron che in poche settimane ha gettato al vento il solido vantaggio (circa 10 punti) del gennaio scorso, che nonostante i 13 anni di Labour, la crisi economica e l'antipatia di Brown, non è riuscito a sfondare. Sorge il sospetto che il suo apporto ai Tories, in quanto personalità nuova, sia stato modesto, se non nullo, se non (diranno i maligni) dannoso... Ne avevamo segnalato il problema squisitamente politico (e strutturale). Vedremo se saprà guadagnarsi maggior fiducia alla prova del suo primo governo.

Anticipando di voler proporre ai lib-dem «una grande, aperta e complessiva offerta» (comprendente, pare, alcuni ministeri), ha posto i suoi paletti in modo sorprendentemente esplicito: nessuna concessione ai lib-dem su Europa, immigrazione, politica estera, ma soprattutto la cosa più importante. Fa capire, infatti, che i lib-dem non otterranno mai dai conservatori ciò che desiderano più di ogni altra cosa, e cioè una riforma del sistema elettorale in senso proporzionale. Al massimo, si può trattare di ridisegnare i collegi, che serve più che altro ai conservatori. Clegg si accontenterà? Il cerino in mano a Cameron comincia a consumarsi. Ma lo ripeto, tentare è d'obbligo. I Tories hanno vinto, gli inglesi hanno indicato chiaramente loro e si aspettano che provino a governare.

Può sembrare strano, ma nonostante l'Hung Parliament, a mio avviso il bipartitismo britannico per ora è salvo, è vivo e vegeto. Il punto infatti non è la necessità di un insolito governo di coalizione, esperienza che potrebbe comunque concludersi in breve tempo, né un periodo di instabilità politica, possibile con qualsiasi sistema. Il punto è capire se i lib-dem hanno una forza politica tale da ottenere la riforma della legge elettorale in senso proporzionale. Secondo me, al momento no. Nonostante 'pompato' dai media, nonostante la visibilità dei primi dibattiti tv a tre nella storia delle elezioni britanniche, nonostante condizioni politiche ottimali per un outsider (crisi economica e debolezza degli avversari), Clegg è rimasto al palo nei voti popolari e ha perso seggi. Gli elettori nei seggi "contendibili" si sono espressi in senso bipartitico: o Tories, o Labour. Ai loro occhi le politiche lib-dem non sono apparse ancora sufficientemente credibili. Gli stessi elettori laburisti delusi hanno preferito rivotare Labour per le posizioni più "realiste", concrete, "di governo", rispetto ai lib-dem su Europa, immigrazione e politica estera.

Certo, i lib-dem possono sempre tentare una coalizione con il Labour e ottenere un referendum sulla riforma elettorale in senso proporzionale? Ma avrebbero la forza di vincerlo? E se dovessero prima passare di nuovo per le urne? Insomma, per ora l'ipotesi peggiore, di un successo lib-dem tale da porre le basi per il superamento del bipartitismo è scongiurata.

Per conservatori e i lib-dem si apre ora un periodo delicatissimo: dovranno far digerire ai propri elettori un accordo di governo, o sopportare i costi politici di un fallimento e del ritorno alle urne, o entrambe le cose nell'arco di pochi mesi. Ma sono i lib-dem a rischiare di più. Qualsiasi scelta compiono da una posizione evidentemente non di grande consenso popolare - accordarsi con Cameron, allearsi con il Labour, o rimanere da soli - rischiano nei primi due casi di scontentare ampi settori del loro elettorato, nel secondo di risultare irrilevanti, e quindi di rimanere stritolati alle prossime elezioni, se non riescono ad ottenere la riforma elettorale che inseguono. Per questo, il loro gioco potrebbe essere quello di accordarsi con Cameron, così da far riprendere fiato al Labour mentre il governo Tory si logora con la crisi, e tra un anno tornare al voto sperando di convolare a nozze con il Labour e ottenere finalmente il sospirato proporzionale.

Un gioco sul filo del rasoio. Insomma, leggerete di un Clegg sconfitto ma ago della bilancia decisivo. Sì, ma la sua è una posizione fragilissima, qualsiasi mossa rischia di pagarla a caro prezzo. I "terzisti" di casa nostra, che guardano a lui sperando di cogliere un segnale incoraggiante per i loro propositi di smontare il bipolarismo italiano, avranno di che riflettere. La sfida di Cameron sarà invece di non farsi logorare.

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