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Wednesday, January 30, 2008

Dietro Marini, trappolone "tedesco" anche per Veltroni

Dunque, incarico a Marini, più un "mandato esplorativo". Com'era prevedibile il Capo dello Stato ha voluto comunque tentare l'ultima carta. Ma il rischio, per Napolitano, è di esporsi a una figuraccia istituzionale.

Già, perché forse qualche margine c'è ancora per il presidente del Senato, ma si tratta di due-tre senatori, non certo delle nobili e larghe intese. Come ha spiegato bene oggi Stefano Folli, «non si tratterebbe di un "governo istituzionale" nel senso che si dà di solito a questa espressione: vale a dire un esecutivo di larga coalizione (dal Pd a Forza Italia) che si raccoglie, in casi eccezionali, sotto una bandiera istituzionale e non politica. La realtà è un'altra. Marini avrà contatti con tutti, ma si troverà ben presto di fronte alla sostanza delle cose: non esistono margini per una grande intesa perché almeno il 50 per cento del Parlamento è proteso verso le elezioni. Un dato di fatto che nemmeno D'Alema, vero regista di questa vicenda, può cambiare. Quello che forse è possibile realizzare sulla carta - è un debole governo di transizione, destinato a non avere la fiducia del Senato oppure a ottenerla per uno o due voti. Un governo Prodi-bis, ma senza Prodi. Rinchiuso dentro gli stessi limiti di una maggioranza di centrosinistra resa inesistente dalle ultime defezioni. Condannato, nella migliore delle ipotesi, alla stessa vita stenta del governo Prodi. Ma, a differenza di quest'ultimo, privo di legittimazione popolare... È tutto da dimostrare che un governo di questo tipo sarebbe di giovamento nella crisi di sistema in cui siamo immersi, nonché di aiuto alla stessa sinistra in affanno. Forse sposterebbe in avanti di qualche mese le elezioni. Ma a che prezzo?»

Di sicuro, l'unico scopo che giustifica la sua nascita - la riforma elettorale - non verrebbe raggiunto ed è probabile che neanche ottenga mai la fiducia del Parlamento. L'unico risultato di questa «machiavellica operazione», conclude Folli, sarebbe quello di «celebrare le elezioni anticipate con Romano Prodi fuori da Palazzo Chigi». Non proprio uno spot esaltante per la credibilità delle istituzioni, Quirinale compreso.

Dal punto di vista politico, incaricando comunque Marini il tentativo è di mettere l'Udc di Casini di fronte al fatto compiuto, sperando come minimo in una «scissione» pro-Marini. Si ritarderebbe il voto e la ricostituzione della CdL, e si avrebbe qualche settimana in più per tentare l'Udc con la carota della legge elettorale "alla tedesca".

Sarebbe più onesto, se davvero la preoccupazione principale fosse la riforma elettorale, che il Pd si presentasse a Berlusconi, Fini e Casini con un testo e su quello chiedesse di convergere. Tra Berlusconi (se fosse proposto il vassallum) e Casini (se fosse proposto il "modello tedesco"), uno dei due potrebbe decidersi a farlo.

Ma sono sempre le due idee diverse che i leader del Pd nutrono per il loro partito ad impedire quello sblocco sulla legge elettorale che potrebbe favorire la nascita di un governo istituzionale per le riforme. Se, per esempio, Veltroni cedesse e desse assicurazioni a Casini sul "modello tedesco", allora l'Udc potrebbe pensare di appoggiare il governo Marini. Tuttavia, Casini si è ritratto, perché con il Pd così diviso rischia solo di salvare ciò che rimane dell'Unione, esponendosi a un danno d'immagine enorme agli occhi dell'elettorato di centrodestra, senza avere garanzie neanche sulla riforma elettorale tedesca che desidera: sarebbe davvero un suicidio. Sempre ammesso che una volta ottenuto il tedesco trovi ancora qualcuno disposto a votare l'Udc dopo aver salvato il centrosinistra dalla debàcle elettorale.

Le sorti politiche del Paese sono quindi legate alla guerra intestina tra D'Alema e Veltroni per il controllo del Partito democratico. Il primo vuole evitare che si voti subito e con l'attuale legge elettorale a "lista bloccata", condizioni che consentirebbero al rivale, pur perdendo il governo, di vincere il partito, ridisegnando a proprio favore gli equilibri interni. Il secondo ovviamente preferisce almeno consolidare la sua leadership nel partito piuttosto che farsi logorare per un altro anno, magari ritrovandosi imprigionato in una linea che lo costringerebbe alla fine a proporre una legge elettorale su quel "modello tedesco" che ha sempre contrastato.

Dietro l'incarico a Marini e il «pressing disperato» su Casini, sotto gli auspici di D'Alema e della Cei, come anticipavamo giorni fa, trovando oggi sempre più conferme, c'è il disegno "tedesco" del quadrilatero Pd-Udc-Colle-Montezemolo, per far fuori Berlusconi (e Veltroni).

Dunque, oggi chi pensa ad una legge elettorale sul "modello tedesco" che favorisca la nascita di una "Cosa bianca" e una "Cosa rossa", alle quali il Pd dovrebbe allearsi dopo il voto, alternativamente a seconda delle congiunture e delle convenienze, chiede un governo istituzionale per portare a termine questo schema; chi invece, ha in mente un assetto tendenzialmente bipartitico, in cui due partiti (PdL e Pd) si contendano il centro dell'elettorato senza paludi di mezzo, preferisce "elezioni subito", perché o per via parlamentare (nel Pd la linea prevalente sarebbe quella di Veltroni), o referendaria, aumenterebbero le probabilità di approvare una legge elettorale che favorisca tale schema.

11 comments:

Alexis said...

Non sono d'accordo: chi vuole le elezioni immediate nel proprio interesse di partito sono la Lega AN e i micro-partiti dell'Unione - non a caso - (mentre il caso di Berlusconi è diverso, determinato com'è da fattori non sempre perfettamente razionali). Meglio sarebbe un sistema di tipo francese, ma di fronte al perdurare di questo bipolarismo infame e di una legge elettorale come il porcellum anche un dignitoso proporzionale con sbarramento è assai meglio. Dall'elezioni non viene fuori la prospettiva di un futuro bipartitismo, ma il rafforzamento della mistica tribale del maggioritario all'italiana con le sue tifoserie tumultuanti, e in concreto la riedizione farsesca di un casino delle libertà che andrebbe da Storace a Mastella, una mandria di partiti con un mandriano più vecchio e stanco rispetto a 7 anni fa...basta coi patti di sangue, le coalizioni mistiche, basta basta, se non è stato possibile un maggioritario serio con elezione diretta dell'esecutivo meglio rifugiarsi nella normalità europea che produce governi dignitosi ovunque, basta basta...

Anonymous said...

Certi sondaggi (ma chi ne certifica l'attendibilità in un Paese dove tutto è finto e strumentale?) dicono che il PD da solo prende più voti che se va con l'Unione.

Ma che novità è il PD?

L'abbiamo già visto al governo occupare tutti i ministeri che contano.
E' il partito di Prodi e di Visco, e non è assolutamente un partito socialdemocratico europeo, ma una coalizione di interessi trasformistici cattocomunisti e di politiche stataliste conseguenti.

Ma chi può credere che da solo sarebbe diverso?
Ma per favore!

Anonymous said...

Un modo ci sarebbe per contenere la spesa, abbassare le tasse ed evitare le rivolte di governatori e governatorini locali contro i tagli ai trasferimenti dal centro alla periferia previsti dal governo:
1)ridurre le dimensioni dell'attuale Pubblica amministrazione centrale;
2)conservare solo tre ministeri a carattere «nazionale» (Esteri, Difesa e Interni) e un Fondo di perequazione fiscale regionale;
3)decentrare tutto il resto secondo criteri autenticamente federativi;
4)corresponsabilizzare ogni centro di spesa sia nel contenimento delle uscite, sia nel reperimento delle entrate.
"Dobbiamo ridurre le tasse per costringerci a tagliare le spese" disse una volta Berlusconi.
Un' affermazione rivoluzionaria.
Innanzi tutto, perché proponeva di invertire la tendenza che ha presieduto alla politica economica e finanziaria dei governi negli ultimi quarant'anni: la ricerca del consenso attraverso la dilatazione della spesa pubblica. Erano le entrate (le tasse) che rincorrevano le uscite (la spesa). Ai progressivi aumenti delle uscite si provvedeva con un aumento delle entrate, mentre sarebbe dovuto accadere il contrario, rapportare le uscite alle entrate.
In secondo luogo, l'affermazione del era rivoluzionaria perché attribuiva la responsabilità maggiore di tale distorsione al Parlamento e rivendicava al governo il diritto di riassumere nelle proprie mani la pienezza della politica economica e finanziaria.
Come è noto, i primi Parlamenti nacquero proprio a seguito delle rivolte fiscali contro l'eccesso di imposizione e come meccanismo di controllo e di contenimento della capacità di spesa del sovrano. Ma il costituzionalismo liberale, le successive rivoluzioni democratiche, lo sviluppo delle democrazie di massa, la diffusione dei diritti sociali e l'espansione del welfare hanno finito col trasformare i Parlamenti nel «nuovo sovrano», conferendo loro una capacità di spesa incontrollata, analoga a quella degli antichi sovrani. Ma se, in passato, a controllare e a limitare questi ultimi era stato il Parlamento, chi controlla e limita, oggi, la capacità di spesa del Parlamento, il «nuovo sovrano», legittimato dal consenso popolare e condizionato dalle oligarchie che, di fatto, se ne arrogano la rappresentanza? Il dettato costituzionale, sempre più spesso disatteso, che impone la copertura finanziaria a ogni legge di spesa, gli organismi della Giustizia amministrativa, come la Corte dei conti, persino il vincolo esterno europeo, non sembrano sufficientemente adeguati a raddrizzare la situazione. Né sembra rassicurante il ritorno al governo - il «terzo sovrano» di questa storia - della piena capacità di spesa, sulla base di una supposta rappresentanza diretta del popolo - svincolata da intermediazioni oligarchiche - grazie al sistema maggioritario.
E, allora che fare? Forse, l'individuazione di un equilibrato rapporto fra uscite e entrate non dovrebbe più essere affidata a istituzioni «nazionali» di formazione e di gestione del consenso - quali il governo e il Parlamento - ma a una sorta di governance. A una forma istituzionale «composita», il cui processo decisionale non sia strutturato in modo verticale, bensì orizzontale, attraverso consultazioni e negoziati fra istituzioni federate, rappresentative di elettorati e di interessi differenziati, e che, soprattutto, non dia vita a una maggioranza politica che si sostenga con l'utilizzo della spesa pubblica.
Un sistema di pesi e contrappesi «diffuso» - analogo al sistema politico americano e a quello decisionale dell'Unione Europea - e costituito da istituzioni politiche e tecniche, ciascuna delle quali risponda al proprio referente, locale, nazionale, pubblico, privato.

Anonymous said...

Avrebbero risanato i conti dello Stato e hanno stroncato quelli dei cittadini.
E per questo dovrei votare il Partito democratico?

Anonymous said...

Avrebbero risanato i conti dello Stato e hanno stroncato quelli dei cittadini.
E per questo dovrei votare il Partito democratico?

Anonymous said...

Mi chiedo come faccia a formare il Governo!

Anonymous said...

Dobbiamo dirlo con forza e ripeterlo ad alta voce: CI STANNO SCIPPANDO IL REFERENDUM, VOTIAMO PRIMA IL REFERENDUM!
È per questo che vi invitiamo tutti a farlo insieme a noi referendari sabato prossimo nel cuore di Roma. Ci incontreremo alle 11.00 alle Scuderie Ruspoli (via Fontanella Borghese, 56 B) e poi faremo due passi fino a Montecitorio, dove esporremo le quasi 821.000 firme raccolte ripetendo insieme: VOTIAMO PRIMA IL REFERENDUM!
Ecco, a chi domandava mobilitazione, la nostra risposta.
Incontriamoci.
L’Italia è meravigliosa. Riprendiamocela…
PS Per esigenze logistiche vi chiediamo di confermare il numero dei partecipanti all’indirizzo adessosi@gmail.com. Portate anche i vostri amici, in modo da far sentire più forte la nostra voce.

Anonymous said...

Purtroppo non potrò partecipare per la giornata di oggi al commento di questo blog.
Stanotte sono stato convocato dal Presidente Marini per le consultazioni in rappresentanza dei fancazzisti uniti e parlerò subito dopo Qui Quo Qua e prima dei tifosi dell'Atalanta e delle shampiste eticamente sensibili.
Mi ha pure chiamato Massimino per invitarmi a dare la disponibilità a creare quell'amplissima maggioranza senza la quale sarebbero costretti a sostenere il nuovo governo con l'autorevole sostegno di mezzo voto in più come si fa da sempre nelle democrazie serie cui sempre si sono ispirati, come in Campania o in Calabria.

P.S.: grandissimo il mago Pannella stamattina, che dopo aver urlato, appena 48 ore prima, a Marini di essere stato complice autorevole del rifiuto illegale degli 8 senatori, ha deciso di incontrarlo stasera rilanciando la vitalissima Rosa nel Pugno (scippata dall'obitorio delle menate) come unica vera alternativa a quel regime che lo ha oramai inglobato come buffone di corte funzionale alla Cei ed al pluralismo delle cazzate. Un po' come Diliberto per Berlusconi.

Anonymous said...

la cosa più triste di tutta questa vicenda...è che pensano che noi sudditi siamo stupidi...

un poco lo siamo...altrimenti, come ho già detto...avremmo fatto già come i monaci birmani...giù bastonate a destra e sinistra...soprattutto al centro.

hanno avuto a disposizione 18 mesi per una nuova legge elettorale...

chi l'ha vista?

sempre 18 mesi hanno avuto per dimostrare un comune indirizzo politico...

chi lo ha visto?

ed ora...tutti a piangersi sopra che...è tutta colpa della legge elettorale in vigore.

cialtroni.

ma se 'sta pessima legge elettorale ha fatto comodo a tutti...destra, sinistra, centro, a quelli che stanno sopra...a chi sta sotto...a tutti!!!...utile per conquistare le comode poltrone...affinché potessero essere occupate da chi hanno voluto loro...

spregevoli.

oggi...stanno tutti a stracciarsi le vesti ed a ripetere che questa stronza legge elettorale...non fa esprimere il corpo elettorale...non lo fa scegliere "liberamente"...

carogne.

mario "carneade" segni...ve lo ricordate?

correva l'anno 1993 e lo stronzo popolo italiota già si espresse su che modello elettorale preferire...già la fece la sua "libera" scelta su quale sistema elettorale puntare per l'amministrazione della politica e della cosa pubblica.

15 inani anni sono passati...già allora i sudditi scelsero di abolire lo squallido sistema elettorale italiano...quel proporzionale che tutti, oggi, hanno riesumato e/o contribuito a riportare in vita.

e con gioia - spesso dissimulata - lo difendono strenuamente.

cazzari...


ciao.


io ero tzunami...

Anonymous said...

Per evitare il cappotto di Berlusconi, può darsi che LCdM decida di formare qualcosa di centro per rosicchiare consensi a FI e poi allearsi col tramortito Veltroni. In ogni caso basterà dargli altri due anni di rottamazioni ad hoc e starà buono buono. Certo che vederlo fare l'indignato antipolitico... fa proprio sbellicare. E pensare che i principali investitori internazionali considerano tuttora SHIT le obbligazioni Fiat...
Altra questione: dove andrà la sen. Binetti?

Anonymous said...

Caro Jim credo che queste parole di Thomas Jefferson chiariscano più di altre l'attuale situazione politica italiana:

"Gli uomini sono divisi per loro natura in due fazioni: coloro che temono il popolo, perché non ne hanno alcuna fiducia e desiderano togliergli tutto il potere per porlo nelle mani delle classi alte, e coloro che si identificano con il popolo, si fidano di esso, lo apprezzano e lo considerano come il depositario più vero ed onesto dell'interesse pubblico." Thomas Jefferson

Il "politicamente corretto" dominante (ma forse già declinante) direbbe che si tratta di pericoloso populismo.