Pagine

Friday, January 11, 2008

Obama, un sermone agli assetati

Di Barack Obama, del suo essere afro-americano, o americano-afro, quindi del fattore colore della pelle nella corsa alla Casa Bianca, ha parlato Christian Rocca conversando con Franco Zerlenga, sessantacinquenne ex professore della New York University, italo-americano di Torre del Greco, liberal convinto e registrato al Partito democratico, prossimo convinto elettore di Obama. Considerazioni interessanti, degne di nota, quelle del prof. Zerlenga, anche in relazione al mio post di questa mattina sull'ascesa di Obama e il mito dell'America "razzista".

«Obama è il classico "white liberal guy" che si interessa dei problemi e dei bisogni dei negri». La sua straordinaria forza, dice Zerlenga, consiste proprio in questo curriculum tipico del bianco di sinistra: a Chicago prima lavorando in una comunità afroamericana, poi avvocato dei diritti civili, «militanze che tradizionalmente hanno sempre fatto i bianchi di sinistra, molto spesso ebrei».

La novità di Obama rispetto agli altri politici neri, dice Zerlenga, è che si presenta prima come americano e poi come nero e, inoltre, il primo che non invoca aiuto per i neri in quanto neri, ma per i poveri, bianchi o neri che siano. «Obama è l'opposto dei relitti storici come Jesse Jackson e Al Sharpton che si sono inventati questa etichetta di afro-americani, prima africani e poi americani».

Non solo: secondo Zerlenga, il fenomeno Obama è merito di George W. Bush, «e lo dico io che sono democratico». Bush, ricorda, «a noi democratici ci ha schiaffato in faccia due segretari di stato negri, uno Colin Powell e l'altro non solo negro, ma anche donna, Condoleezza Rice. Neanche Billy Clinton ha avuto lo stesso coraggio». E' stato Bush ad abbattere l'ultimo residuo di razzismo istituzionale. Se non si capisce questo, e non si comprende quanto sia mutato il contesto storico e sociale americano, dice Zerlenga, non si spiega perché «la mia amica 72enne repubblicana del New Jersey voterà Obama».

E non si capisce che Obama ha sì buone possibilità di ottenere la nomination democratica, ed eventualmente anche di finire alla Casa Bianca, ma che ci sono molti motivi, che non hanno nulla a che fare con il colore della sua pelle, per i quali può perdere l'una e l'altra.

Ad essersi convinto della probabile vittoria di Obama è David Horowitz. Premettendo che in questa campagna è un azzardo, da pazzi, prevedere cosa accadrà, secondo Horowitz, Obama «può battere Hillary» e ottenere la nomination. «Mentre sa bene che deve andare a sinistra per battere Hillary, ha già predisposto notevoli indicatori centristi per il futuro. Ma la vera ragione per cui penso che possa conquistare i cuori e le menti della maggioranza democratica è che parla all'anima religiosa del suo partito in toni a cui i credenti non possono resistere. A molti sfugge una cosa ovvia: mentre i Repubblicani hanno un'ala religiosa, i Democratici sono un partito religioso».

E' un oratore «eloquente e ispirato», mentre Hillary appare «sgraziata, calcolatrice e meccanica». Obama ha «la medicina di cui ai Democratici sembra di non poter fare a meno». Il tema di queste elezioni per la sinistra è «cambiare». Ovvio, per chi è all'opposizione. Ma «che tipo di cambiamento? Oppure, trasformazione è la parola giusta? Una fuga miracolosa dal brutto mondo dei talebani e di Al Qaeda, degli iraniani e dei pakistani, della Russia di Putin e del Venezuela di Chavez. L'America ha bisogno solo di tornarsene a casa e tutto sarà ok. Così potremo tornare all'obiettivo di dare a tutti l'assistenza sanitaria, sfamare gli affamati, aprire i nostri confini ai nostri bisognosi e comprensivi nemici globali, "rifare l'America e riparare il mondo"», come ripete Obama.

«Ciò che Obama ha da offrire è un sermone agli assetati spiritualmente» e a quanto sembra ad Horowitz, «ce ne sono a sufficienza nel Partito democratico da far vincere Obama».

Certo, forse queste sono le qualità che permetteranno a Obama di battere Hillary, ma anche quei difetti che gli impediranno di arrivare alla Casa Bianca, molto più del colore della sua pelle.

2 comments:

Anonymous said...

che colin powell sia negro sono d'accordo, negro appunto, non nero, cioè servo sciocco del bianco badrone, il marito della momy a servizio dalla rettiliana barbara bush

che condooleza sia negra ho le mie riserve, cioè scusa le riserve ce le ho sul fatto che sia un essere umano prima di tutto.

i negri sono african-american come io sono roman-italian... ahhh signore, che battuta!!

ma i commentatori luminari del pensiero american-laicist di questo blog dove sono finiti, i massimini teodorini della retina.... li voglioooo

Anonymous said...

http://acropolisreview.com