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Friday, January 11, 2008

L'ascesa di Obama e il mito dell'America "razzista"

Forse è scomodo parlarne, ma sotto-sotto, negli Stati Uniti e non solo, in molti pensano che il colore della sua pelle alla fine si rivelerà per Barack Obama un ostacolo insuperabile nella sua corsa alla Casa Bianca. Secondo un pregiudizio consolidato a sinistra, quella americana è ancora una società infestata da un razzismo strisciante. Nella vita pubblica, in quella privata, e ancora più in politica, tanto che gli afro-americani non avrebbero alcuna speranza di raccogliere sufficienti consensi tra i bianchi per poter raggiungere i vertici delle istituzioni. Ma come si concilia questo pregiudizio con le smaglianti prove elettorali di Barack Obama nelle primarie in Iowa e in New Hampshire, dove la popolazione è al 95% bianca? E in elezioni in cui è in gioco nientemeno che la nomination per la presidenza degli Stati Uniti?

Se lo è chiesto John Perazzo, su Frontpage Magazine, osservando quanto siano diffusi tra gli elettori di colore sentimenti di sfiducia. La sensazione è che nella sua corsa Obama sia inevitabilmente destinato a scontrarsi con il razzismo ancora diffuso in America. Un pessimismo condiviso non solo dalla gente comune, ma anche da politici, accademici, attivisti. Mentre gli elettori neri votano per candidati sia neri che bianchi, gli elettori bianchi tenderebbero ancora a votare per candidati bianchi. Tuttavia, obietta Perazzo, «queste affermazioni sono false, e lo sono da molti anni». Gli esempi di elettori in maggioranza bianchi che hanno eletto candidati neri sono molteplici.

Harvey Gantt, eletto sindaco di Charlotte, North Carolina, nel 1983; Edward Brooke, eletto senatore in Massachusetts dal 1967 al 1979; Andrew Young, eletto nel 1972 al Congresso da un distretto bianco della Georgia; Alan Wheat da Kansas City, in Missouri, nel 1982; Douglas Wilder, eletto nel 1989 primo governatore nero della Virginia; J.C. Watts, dell'Oklahoma, e Gary Franks, del Connecticut, eletti nel 1994 al Congresso in distretti al 93 e al 95% bianchi. Due anni dopo, nove candidati neri furono eletti al Congresso da distretti a maggioranza bianchi. Anche nel più povero distretto rurale del più povero stato del profondo Sud, la popolazione a maggioranza bianca dimostrò di poter eleggere un candidato nero mandando Mike Espy al Congresso nel 1987. Più recentemente, nel 2006, Deval Patrick è diventato governatore del Massachusetts.

Lo studio di Perazzo prosegue con moltissimi altri esempi di sindaci neri: Tom Bradley, eletto per 5 volte a Los Angeles tra il 1973 e il 1989. Norm Rice, eletto a Seattle nel 1989. E ancora sindaci di colore sono stati eletti a Kansas City, Denver, Memphis, Cleveland, Dallas, Minneapolis, Des Moines, Houston, Indianapolis. Persino Stone Mountain, in Georgia, la città dove nel 1915 fu fondato il Ku Klux Klan, elesse nel 1997 un sindaco nero, Chuck Burris. Nel 1968 nel Sud degli Stati Uniti c'erano solo tre sindaci neri, ma nel 1996 circa 300. Tra il 1967 e il 1993, sindaci neri sono stati eletti in 87 città di oltre 50 mila abitanti, in due terzi delle quali gli elettori neri sono una minoranza. Anche per la corsa alla Casa Bianca, nel 1996, i sondaggi davano Colin Powell, che poi avrebbe deciso di non candidarsi, in vantaggio sul presidente uscente Bill Clinton.

L'attuale successo di Barack Obama è fedele alla tendenza delle ultime decadi e sorprende solo quei «leftists che proprio non si rassegnano all'idea che la nostra nazione non è il pozzo nero di razzismo che credono». Il pregiudizio è particolarmente resistente tra i professori universitari, osserva Perazzo riportando innumerevoli citazioni. La "Supremazia dei Bianchi" ancora scandisce la vita americana, per il professore della Ivy League Cornel West. Secondo i sondaggi gli americani di colore concordano con queste letture. Per il 49% degli intervistati nel 2006 dalla Cnn il razzismo è un problema «molto serio» in America e per un altro 35% è «abbastanza serio».

Ma queste convinzioni come possono conciliarsi con la parabola di Obama nello scenario politico? Secondo lo studioso di colore Shelby Steele, dell'Hoover Institution, suona come anacronistica l'accusa che gli Usa siano una nazione razzista: «Forse il peggiore effetto del senso di colpa dei bianchi è che non permette ai bianchi e ai non-bianchi di apprezzare qualcosa di straordinario: che i bianchi in America hanno compiuto una trasformazione morale considerevole. Non ci sono seri difensori della supremazia bianca oggi in America, perché i bianchi considerano questa idea moralmente ripugnante». L'America, scrive il sociologo Orlando Patterson, «è la società a maggioranza bianca meno razzista nel mondo; ha il miglior record di protezione legale delle minoranze di ogni altra società, bianca o nera; e offre maggiori opportunità a un numero più grande di persone di colore di ogni altro paese, inclusi quelli africani».

Affermazioni che sembrano in sintonia con il momento magico della campagna di Barack Obama. Eppure – non possiamo fare a meno di osservare in conclusione – abbiamo la sensazione che contro un Obama, sia Giuliani sia McCain potrebbero facilmente superare lo scetticismo dei settori più tradizionalisti della destra religiosa e del Sud. Decine di milioni di americani bianchi voterebbero certamente per Obama, dimostrando che l'America non è razzista, ma i residui pregiudizi di pochi potrebbero effettivamente sbarrargli la strada verso la Casa Bianca per il colore della sua pelle.

6 comments:

nullo said...

due cose:

non mi sembra che elencare quanti sindaci, senators, reps. e via dicendo siano stati eletti negli ultimi quarant'anni possa provare che l'america sia pronta per un presidente nero. il sospetto, che io non ho, e' proprio che ci sia un limite a dove un nero possa arrivare: sindaco si, senator si, secretary of state si, president no. quindi gli argomenti devono, semmai, essere altri

gli accademici mantengono questa posizione anacronistica perche' si basano sulle proprie percezioni del proprio ambiente: l'accademia e' bianchissima.

nel mia campo, per esempio - la filosofia - e' praticamente impossibile trovare neri

JimMomo said...

Ho postato questo articolo che ho scritto per L'Opinione proprio perché l'argomento è interessante e non scontato.

Penso però che un conto è definire un paese "razzista", un altro è ammettere che esistono ancora dei pregiudizi. Se da anni i candidati neri si affermano in zone dove i neri sono una piccolissima minoranza, persino nelle parti del paese più impensabili, allora questo ha un significato.

Un'elezione però, come cerco di dire alla fine dell'articolo, può essere decisa per un pugno di voti e certamente non è detto che proprio il colore della pelle alla fine non sia fatale ad Obama. tuttavia, in fondo tutti i candidati devono superare dei pregiudizi legati alle loro origini, genere sessuale o al loro credo religioso e tutti sono chiamati a rendersi affidabili agli occhi delle minoranze.

E' argomento di dibattito anche il fatto che gli attuali candidati repubblicani prestino minore attenzione di quanto fece Bush agli ispanici. E questo potrebbe essergli fatale.

ciao

Anonymous said...

L'America è anche il paese (forse uno dei pochi, forse l'unico) che può stupirci con sorprese inaspettate. E quindi nulla si può escludere. Ma nero o no, un candidato alla presidenza deve convincere molti e da molti punti di vista. E Obama può convincere i Democratici , ma quanto a convincere anche gli altri sarà dura, molto dura. Giuliani invece...Ciao

Anonymous said...

Personalmente penso che l'America è pronta per un presidente di colore ma solo e se ha le capacità e l'esperienza che purtroppo a Obama mancano (mentre Powell ne era in possesso). Obama piace alla gente sia bianca che nera, è oratore eccezionale ma le persone comuni si stanno chiedendo se ha tutte le carte in regola per governare...ha pochissima esperienza e in un momento storico come quello che stiamo vivendo c'è bisogno di un realista alla casa bianca e non un sognatore.

In un ipotetico scontro con McCain o Giuliani la vedo molto male per Obama non perchè è nero ma perchè è inesperto (alcuni mesi fa disse che era favorevole a uno sconfinamenteo delle truppe americane in Pakistan se questo portasse alla cattura di Bin Laden)

Anonymous said...

Country girl, sono con te. Ha qualcuno riflettuto come un uomo come Obama, di pelle scura con parenti e radici profonde in Kenya abbia potuto arrivare a vette cosi` alte in America? Perche` si conclude gia` che se non eletto sia perche` l`America razzista?
Che lo sia o no, e` un`altra storia come lo sia o no l`Italia ed altri paesi. But please, give us a break!! Mytwocents

Anonymous said...

basta confrontare la percentuale della popolazione nera col numero di senatori neri e col numero di carcerati neri e rendersi conto che il "mito" dell' america razzista corrisponde tragicamente alla verità.
daltronde c'è da dire che un cambiamento culturale richiede tempo. non stiamo parlando dell' europa ma di un paese che ha abolito schiavitù e apartheid in tempi piuttosto recenti. bisogna ricordarlo. come giustificazione ma anche quando si vuole prendere esempio dagli Usa parlando di paese civile e democratico (sic).