Con gli ultimi tagli dei tassi d'interesse, praticamente azzerati, la Fed sta inondando l'economia americana di liquidità per scongiurare l'eventualità di una deflazione, ma c'è chi è più preoccupato del rischio che tutto questo denaro generi piuttosto inflazione e nuove bolle come quella immobiliare. Secondo Gerald O'Driscoll, del Cato Institute, «lo spettro della deflazione sta perseguitando» il presidente della Fed Ben Bernanke. Il taglio dei tassi di martedì scorso riflette la sua paura di un'altra Grande Depressione stile anni '30. Ma c'è anche chi invece prevede che questo e i precedenti tagli provocheranno inflazione.
«Siamo dunque di fronte a un'altra Grande Depressione, o ad un'inflazione galoppante?» si chiede O'Driscoll: «Nessuna delle due è probabile, ma per la prima volta da decenni, nessuna delle due paure può essere esclusa su due piedi. Sì, l'economia americana sta per essere sferzata da forze sia deflazionistiche che inflazionistiche. Per il momento - spiega - con l'indice dei prezzi al consumo caduto dell'1,7%, la deflazione sembra in vantaggio». Ma la deflazione è «una sostenuta caduta dei prezzi», mentre la discesa che abbiamo visto «per lo più riflette l'esplosione della bolla petrolifera, non una tendenza di lungo termine. Inoltre, la debolezza dell'economia ha raffreddato la propensione agli acquisti non necessari».
Ma è improbabile che tutto ciò provochi deflazione, anche perché il presidente della Fed Bernanke è spaventato da una deflazione e da una depressione anni '30 e ha adottato - e adotterà se necessario - misure straordinarie per fornire liquidità al mercato del credito. In questi anni - ricorda O'Driscoll - la Fed ha creato «laghi di credito». «Questi laghi sono ora contenuti da una diga di paura e cautela, ma quando la diga si romperà potrebbe scatenarsi forze inflazionistiche difficili da contenere. I tassi all'1% sotto Greenspan ci hanno portati alla bolla immobiliare, quelli allo 0% sotto Bernanke possono scatenare una nuova bolla. Per ora, questa possibilità sembra remota. Ma forse il prezzo dell'oro sopra gli 800 dollari sta a indicare qualcosa: inflazione, non depressione, nel 2010 e oltre», conclude O'Driscoll.
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