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Thursday, January 22, 2009

E' degli interpreti che bisogna diffidare

La legge di Dio prevale su quella dell'uomo e quindi i medici cattolici che si trovassero a lavorare in un ospedale dove si intende interrompere l'alimentazione artificiale di una persona, dovrebbero obiettare e rifiutarsi di farlo. Ammirevole la schiettezza "eversiva" del cardinale Severino Poletto, intervistato ieri da la Repubblica sul caso Englaro. Si può anche concedere che la legge di Dio sia superiore a quella dell'uomo, ma è dei suoi interpreti che bisognerebbe diffidare.

E' curioso che autorevoli esponenti della Chiesa cattolica si siano ormai abituati ad usare l'espressione "legge di Dio" nell'accezione di una sorta di codice civile che regola tutti gli aspetti della vita terrena. Ma è proprio questo che la legge del Dio dei cristiani non è, ed è ciò che la distingue, per fortuna, dalla legge del Dio dei musulmani.

Sull'obiezione di coscienza, nulla da obiettare, ma chi la pratica deve poi essere disposto a pagarne le conseguenze. L'obiezione di coscienza, infatti, è l'ultima arma a disposizione dell'uomo libero per difendersi da un potere politico. E' quindi intimamente legata a quel diritto alla resistenza contro lo stato riconosciuto dalle teorie liberali. Ma decidendo di esercitare il diritto alla resistenza l'individuo denuncia il "contratto di sottomissione" con il quale ha delegato alcuni suoi diritti al potere politico (per esempio, il diritto all'uso della forza) e se ne assume pienamente la responsabilità.

Il diritto alla resistenza, di cui l'obiezione di coscienza non è che un'espressione, esercitabile in qualsiasi momento, pone in essere un conflitto radicale, una frattura incomponibile, tra l'individuo e il potere politico, ma non è di per sé sinonimo di lotta di libertà. Si può "resistere" a uno stato oppressore, ma anche a un potere democratico nelle cui leggi non ci si riconosce. E non è la stessa cosa.

Il paragone suggerito dal cardinale Poletto con l'obiezione di coscienza alla leva obbligatoria non regge. Il medico che non accetta di praticare i protocolli di una struttura pubblica può sempre darsi alla libera professione, mentre chi rifiutava di svolgere il servizio di leva rischiava l'arresto. Per altro, anche il rifiutarsi di usare le armi, anche se per difesa, pone dei problemi nel rapporto tra l'obiettore di coscienza e la comunità in cui vive.

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