Pagine

Friday, January 16, 2009

L'addio di Bush

Giovedì sera George W. Bush ha salutato per l'ultima volta la nazione che ha guidato per otto lunghissimi anni. Lo ha fatto con uno splendido discorso, uno dei tanti che gli abbiamo sentito pronunciare in questi otto anni. Ricordo come fosse ieri il dibattito televisivo tra lui e Gore, quando quel texano un po' rozzo e spavaldo, dall'inglese per me meno comprensibile di quello del suo avversario, non mi convinceva con il suo conservatorismo compassionevole e il suo isolazionismo. Allora eravamo un po' tutti affascinati dal clintonismo e dall'era internet che si stava spalancando.

Ci sarà modo e tempo per valutare la sua presidenza, ma intanto Bush esce dalla Casa Bianca avendo evitato che gli Stati Uniti subissero un secondo devastante attacco terroristico. Forse oggi sembra poca cosa, ma all'indomani dell'11 settembre in quanti ci avrebbero scommesso?

La sua presidenza, i suoi programmi di governo, il suo modo di pensare, di agire e di prendere decisioni, tutto da quel giorno non è stato più lo stesso. E dall'isolazionismo con cui si era presentato agli americani, ha abbracciato l'interventismo. Nel giorno del commiato ha ribadito con forza la convinzione su cui - pur con tutte le inevitabili contraddizioni, i successi e gli insuccessi - ha fondato la sua politica estera, il pilastro ideale della sua "dottrina": «Dobbiamo respingere l'isolazionismo e il suo compagno, il protezionismo. Ritirarci dietro i nostri confini sarebbe solo un modo per attirare il pericolo. Nel 21esimo secolo, la sicurezza e la prosperità a casa nostra dipendono dall'espansione della libertà al di fuori dei nostri confini. Se l'America non porta avanti la causa della libertà, quella causa non verrà portata avanti affatto».

E' la sola risposta giusta alla sfida del fascismo islamico. L'espansione della libertà e della democrazia non come aspirazione morale, ma come fattore di pace, sicurezza e prosperità disponibili per tutti. Il punto dove interessi e ideali convergono.

A scontrarsi sono «due sistemi profondamente diversi. Sotto il primo, una piccola banda di fanatici pretende obbedienza totale a una ideologia oppressiva, condanna le donne alla sottomissione e marca gli infedeli con l'assassinio. L'altro sistema è basato sulla convinzione che la libertà sia un dono universale di Dio Onnipotente, e che la libertà e la giustizia illuminino la via per la pace. Questo è il credo che ha dato origine alla nostra nazione. E nel lungo termine, portare avanti questo credo è l'unico modo efficace per proteggere i nostri cittadini. Quando le persone vivono in libertà, non scelgono leader che perseguono campagne di terrore».

Bush ha ammesso che se ne avesse avuta l'occasione, avrebbe fatto alcune cose diversamente, ma ha chiesto comprensione, per aver dovuto prendere decisioni difficili: «Potete non essere d'accordo con molte decisioni difficili che ho preso. Ma spero possiate essere d'accordo che sono stato disposto a prendere decisioni difficili».

Ha ricordato agli americani che «la più grave minaccia» rimane quella di «un altro attacco terroristico... Non dobbiamo mai abbassare la guardia». Perché «il bene e il male sono presenti nel mondo e tra i due non ci possono essere compromessi. Assassinare un innocente per portare avanti un'ideologia è ogni volta sbagliato, ovunque. Liberare persone dall'oppressione e dalla disperazione è giusto in eterno».

All'inizio del suo discorso, porgendo i suoi migliori auguri al prossimo presidente, Bush ha voluto sottolineare il valore della scelta compiuta dal popolo americano, indicando in Barack Obama «un uomo la cui storia rispecchia la perenne promessa della nostra patria».

No comments: