E' interessante vedere come alcuni conservatori hanno accolto le prime parole di Obama. Davvero una «nuova Era?», si è chiesto sul Weekly Standard Fred Barnes, secondo cui quello d'insediamento «non è stato il miglior discorso che Obama abbia mai pronunciato». E come discorso inaugurale, «non sarà menzionato tra quelli del presidente Lincoln, o di Franklin Roosevelt, di Kennedy o di Reagan». Mentre annunciava una «nuova era» in America e nel mondo, Obama ricorreva a principi e valori del passato, sia in economia che in politica estera.
Barnes ha ammesso di essersi sentito «abbastanza tranquillizzato, sebbene forse solo momentaneamente», dalle parole di Obama sul libero mercato, che indicano che il nuovo presidente ne comprende l'importanza. Così come, osserva, sulla guerra al terrorismo «ha pronunciato le parole che qualsiasi presidente entrante avrebbe usato». E' stato «churchilliano» - «anzi, ad essere onesti, un finto churchilliano».
Poi Barnes ha osservato che «come molti politici, anche Obama è innamorato della parola "nuovo"». Ma davvero ci aspetta una "nuova era"? In realtà, il modo in cui ha descritto questa epoca alle porte è sembrato «piuttosto vecchio». Fare appello ad una «nuova era di responsabilità», secondo Barnes colloca Obama «tra i tradizionalisti, non tra i progressisti». D'altra parte, tra le cose cruciali nella nuova era Obama ha messo «duro lavoro e onestà, coraggio e fair play, tolleranza e curiosità, lealtà e patriottismo». Tutte cose, come ha ammesso lo stesso Obama, «vecchie ma vere». Questa la contraddizione notata da Fred Barnes tra «nuova era» e valori vecchi. Insomma, conclude, «da un punto di vista conservatore, il discorso di Obama sarebbe potuto essere molto peggiore».
Interessante, come ha segnalato 1972, il punto di vista di Charles Krauthammer, che ha messo in evidenza un'altra particolarità del discorso inaugurale di Obama. Discorso certo «affascinante», ma sorprendentemente «contenuto», «piatto dal punto di vista retorico, privo di ritmo e cadenza». E c'è da credere che sia stata una scelta consapevole. «Meglio non stupire nel giorno dell'insediamento. Altrimenti, si aspetteranno magie per tutto il resto del mandato», deve aver calcolato Obama.
Originale la lettura che Krauthammer dà del nuovo presidente, uno che «dà ciò che deve dare per perseguire i suoi obiettivi, i suoi programmi, le sue ambizioni. Ma non di più. Non ne ha bisogno». Ne è uscito fuori un discorso inaugurale che «mancava di lirismo. Nessuna traiettoria narrativa... nessuna idea centrale, come fu la libertà universale per Bush». Krauthammer si spiega questa «mediocrità» inaugurale con il fatto che avendo «promesso la luna» da candidato, ora Obama cerca di «abbassare le aspettative» e raffreddare quel senso di attesa quasi messianica che farebbe tremare i polsi anche a uno come George Washington.
Avendo descritto «un mondo devastato da Bush, un mondo che da presidente avrebbe redento», ora che è presidente «il redentore Obama si trattiene, il tono è nuovamente sobrio, persino cupo e austero. Il mondo è ancora tra le rovine bushiane, segnato da "paura... conflitto... discordia... meschine lamentele e false promesse... recriminazioni e logori dogmi". Ma non c'è più la prospettiva di una magica restaurazione. Obama non ha offerto solo sangue, sudore e lacrime, ma anche responsabilità, lavoro, sacrificio e spirito di servizio... Da qui il suo monito a non contare "sull'abilità o sulla visione di coloro che occupano gli alti uffici", ma su "Noi stessi, il Popolo"».
Ma a Krauthammer Obama è piaciuto per come ha affrontato il tema della razza, «persino più trattenuto, e in modo ammirevole». Perché «ha capito che la sua sola presenza era già sufficiente per rimarcare la storicità del momento. Le parole sarebbero state superflue. Collegando se stesso a Washington piuttosto che a Lincoln, Obama ha legittimato l'intero corso della storia americana, senza annotazioni o riserve mentali. Se mai avremo un futuro post-razziale, questo momento segnerà il suo inizio. Un uomo complicato, questo nuovo presidente. Opaco, contradditorio, e sottile. E siamo solo al primo giorno», conclude Krauthammer.
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