Ma tra gli obiettivi della nuova strategia americana non viene esclusa l'ipotesi di una divisione del Sudan in due stati.
Su il Velino
Dopo Iran, Corea del Nord e Birmania, gli Stati Uniti cambiano politica anche nei confronti del Sudan. Dall'isolamento al dialogo, come aveva anticipato sabato scorso il New York Times. «Incentivi e pressioni» sulla leadership sudanese sarebbero il modo migliore per tutelare i diritti umani e far cessare le violenze nel Paese. Questa mattina, ad annunciare ufficialmente il cambio di rotta il presidente Obama e il segretario di Stato, Hillary Clinton: gli Stati Uniti si impegnano in un «ampio dialogo» con il governo del Sudan. «Abbiamo un menù di incentivi e disincentivi», ha spiegato la Clinton, non specificando quale tipo di misure punitive possano essere prese, visto che il governo sudanese è già soggetto a sanzioni da parte americana.
Il Sudan, ha esordito il segretario di Stato, «è a un importante crocevia, che può sia condurre a sensibili miglioramenti nelle condizioni di vita del popolo sudanese, sia degenerare in un conflitto più violento e nel fallimento statuale. È giunto il momento per gli Stati Uniti di agire con urgenza allo scopo di proteggere i civili e lavorare per una pace definitiva. Un'implosione del Sudan potrebbe provocare la diffusione dell'instabilità regionale e offrire nuovi rifugi per i terroristi internazionali, minacciando in modo significativo gli interessi americani. Gli Stati Uniti hanno un obbligo evidente nei confronti del popolo sudanese - sia nel nostro ruolo di osservatori dell'Accordo di pace complessivo tra Nord e Sud, sia come come primo Paese che ha inequivocabilmente definito gli eventi nel Darfur un genocidio».
(...) «Se il governo del Sudan agirà per migliorare la situazione sul terreno e promuovere la pace, ci saranno incentivi; altrimenti, una crescente pressione verrà imposta dagli Stati Uniti e dalla comunità internazionale», ha spiegato Obama.
(...)
La valutazione dei progressi e le decisioni riguardanti gli incentivi e i disincentivi, si precisa nel nuovo documento strategico, non saranno basati sui risultati conseguiti «nel processo» - come la firma di un memorandum d'intesa o la concessione di visti - bensì su «cambiamenti verificabili sul terreno». Dev'essere chiaro a tutte le parti, inoltre, che il contributo controterrorismo del Sudan viene apprezzato, ma «non può essere usato come moneta di scambio per eludere le responsabilità in Darfur o nell'attuazione dell'accordo di pace».
La nuova politica di Washington definisce chiaramente tre obiettivi strategici degli Usa riguardo il Sudan, non escludendo che si renda necessario puntare ad una divisione del Paese in due stati: 1) la definitiva cessazione del conflitto, delle violazioni dei diritti umani e del genocidio in Darfur; 2) l'attuazione dell'Accordo di pace complessivo tra Nord e Sud che porti a un Sudan pacifico dal 2011, oppure un ordinato percorso verso due stati separati e autosufficienti in pace l'uno con l'altro; 3) evitare che il Sudan diventi di nuovo un rifugio sicuro per i terroristi internazionali.
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