Se bastassero le buone intenzioni...
Dopo lo schiaffo della bocciatura di Chicago come sede dei Giochi olimpici 2016, il presidente Obama ha un buon motivo per consolarsi: nove mesi di presidenza sono bastati per vedersi attribuire il Premio Nobel per la Pace. A Gandhi non bastarono cinque nomination. La notizia ha colto tutti di sorpresa. Al di là del consenso e delle grandi aspettative suscitati, anche ai più benevoli e ottimisti la decisione del Comitato per il Nobel è apparsa prematura, se non «ridicola». In Rete le battute si sprecano: «Santo subito!», il primo Nobel «preventivo», «di incoraggiamento», «sulla fiducia» o «sulla parola». Scetticismo anche tra i commentatori: un Nobel «alla speranza», al «grande comunicatore». «Più che un premio, un augurio», una «cambiale in bianco».
L'impressione è che con questa scelta il Comitato abbia toccato la vetta della demagogia a cui pure ci aveva già abituati da tempo. Dopo il terrorista Arafat e l'ambientalista Al Gore, l'ennesimo colpo di teatro, grottesco e patetico, frutto del pregiudizio ideologico. Obama non ha ancora fatto nulla, non foss'altro perché è in carica da nove mesi scarsi. Non ha chiuso Guantanamo; non ha ritirato un sol uomo dall'Iraq; ha raddoppiato il contingente Usa in Afghanistan e sta considerando l'invio di altri 40 mila soldati; nel frattempo, ha intensificato i bombardamenti con i droni al confine con il Pakistan. Sta muovendo i primi passi di un dialogo con l'Iran dall'esito del tutto incerto. Magari i nordcoreani rinunceranno all'atomica e i generali birmani libereranno Aung San Suu Kyi, chi vivrà vedrà. Il processo di pace tra israeliani e palestinesi è ancora impantanato.
Obama non è il primo presidente americano ad essere insignito del Nobel per la Pace, ma è il primo a vincerlo senza aver fatto ancora nulla. Il presidente Theodore Roosevelt ricevette il premio nel 1906, dopo cinque anni di mandato, e aver contribuito alla pace tra Russia e Giappone. Nel 1919, Woodrow Wilson, da sei anni in carica, per la pace e la nuova architettura mondiale uscita dalla Conferenza di Versailles, dopo la I Guerra Mondiale. Più controverso il Nobel all'ex presidente Jimmy Carter, nel 2002, che però era pur sempre stato l'artefice degli accordi di Camp David che portarono alla pace tra Israele ed Egitto. Obama è stato premiato solo per aver «catturato l'attenzione del mondo e dato alla sua gente la speranza per un futuro migliore» – qualcosa che potrebbe rivendicare anche Ahmadinejad – e «per i suoi straordinari sforzi per rafforzare la diplomazia internazionale e la collaborazione tra i popoli». E' vero che non sempre il premio è arrivato come riconoscimento di un risultato conseguito. Ma quando si sono voluti premiare gli «sforzi», si è trattato di personalità che da anni, se non per tutta una vita, si erano battuti per la causa della pace e dei diritti umani.
Tra i 205 candidati non mancava chi avesse le carte in regola: il medico congolese Denis Mukwege, fondatore dell'ospedale Panzi, che durante 12 anni di guerra ha salvato oltre 20mila donne dalle violenze delle milizie; la dottoressa Sima Samar, che difende i diritti umani in Afghanistan; il dissidente cinese Hu Jia; il primo ministro dello Zimbabwe Morgan Tsvangirai; il monaco e dissidente vietnamita Tchich Quang Do; l'avvocatessa cecena Lidia Iussupova. Per statuto il Nobel non può essere concesso a persone decedute, il che esclude purtroppo Anna Politkovskaja. Le candidature, inoltre, devono essere presentate entro febbraio, quindi niente da fare per l'Onda verde dei manifestanti di Teheran, né per la presidente del Congresso mondiale degli uiguri, Rebiya Kadeer, che da una vita, come il Dalai Lama, cerca di instaurare il dialogo con Pechino. Speriamo che a Oslo se ne ricordino per il prossimo anno, anche se per il 2009 si sono scordati dei monaci buddisti che lo scorso anno manifestarono pacificamente in Birmania, venendo brutalmente repressi, o dei promotori di Charta '08, il manifesto per la democrazia e il rispetto dei diritti umani in Cina.
Tra qualche anno, o mese, quando il presidente Usa (e il mondo) sarà di nuovo assalito dalla realtà, il Nobel si potrebbe ritorcere contro lo stesso Obama, suscitando delusione e ironie per scelte che potrebbero contraddire le attese. Forse avrebbe fatto miglior figura declinando e chiedendo di essere riconsiderato fra tre o quattro anni.
UPDATE: anche stampa e commentatori Usa di sinistra "stupiti"
Una decisione «assurda», e «motivo di imbarazzo per il presidente stesso», avverte il britannico The Times nella pagina dei commenti. E infatti è lo stesso presidente Obama a reagire con evidente imbarazzo alla notizia. Si dice «onorato», anche se, confessa, «ad essere onesto non sono sicuro di meritarlo». E dichiara di accettare il premio «come invito all'azione», «non per i risultati ma per gli ideali». «Non è il primo di aprile, vero?», si lascia scappare un membro dello staff della Casa Bianca. L'annuncio, scrive anche il New York Times, ha «stupito», tutti dalla Norvegia alla Casa Bianca. Anche tra i commentatori di sinistra e tra i simpatizzanti di Obama c'è incredulità e non manca chi ritiene la decisione di insignire il presidente Usa del Nobel per la Pace prematura, se non «ridicola».
Come Ruth Marcus, editorialista del Washington Post: «Ridicolo, persino imbarazzante», scrive. «Ammiro il presidente Obama, mi piace, l'ho votato. Ma non è mancanza di rispetto far notare che non ha ancora fatto molto. Certamente non abbastanza da giustificare il premio». Così David Ignatius, anch'egli autorevole editorialista del WP, che definisce la decisione «goffa»: «Anche se sei un fan di Obama, devi ammettere che non ha fatto molto come peacemaker». «Ha vinto, ma per che cosa?», si chiede Jennifer Loven, capo corrispondente dell'AP alla Casa Bianca. Anche su The Huffington Post, uno dei blog di sinistra più celebri e seguiti, c'è chi, come Michael Russnow, reagisce con incredulità e disappunto. «Mi piace Obama, ma questa è una farsa. Non ha fatto nulla per meritarsi il premio», riconosce Peter Beinart, editorialista di The New Republic e studioso del Council on Foreign Relations. Per Mickey Kaus, su Slate, Obama dovrebbe «cortesemente declinare» e spiegare che «è onorato ma che non ha avuto ancora il tempo di realizzare ciò che vorrebbe». Per il blogger di sinistra Glenn Greenwald, su Salon, il Nobel a Obama è «incredibilmente e di tutta evidenza ridicolo».
Prevale il sarcasmo invece tra i commentatori conservatori, che da tempo hanno smesso di prendere sul serio questo tipo di premi. «Il nuovo re del pop accetta il premio Nobel», scrive Greg Hengler. Hugh Hewitt si congratula con il presidente, ma «adesso - gli chiede - usi il momento per salvare il popolo afghano dai talebani e il mondo dai fanatici iraniani». Bill Kristol, direttore del Weekly Standards, si chiede se Obama non sia il «Gorbachev del Liberalismo»: «Non intendo comparare Obama a Gorbachev, che fu, nonostante i suoi fallimenti, una figura davvero storica e coraggiosa». Ma poniamo, ipotizza Kristol, che «tra un anno i Democratici subiscano una dura sconfitta elettorale, e che il Nuovo Liberalismo prenda la via del riformismo comunista. E che, all'inizio del 2013, Obama si ritrovi molto tempo a disposizione per intrattenersi con Gorbachev nel circuito delle celebrità internazionali».
1 comment:
Premessa: anche qui ti comunico che non ho intenzione di comemntare TUTTI i tuoi post, ma è francamnete un periodaccio...
Veniamo al dunque: la mia ossessione antiberlusconiana mi consente di parlare di Silvio anche qua; ma non ti rendi conto che il 90 per cento (o dovrei dire 78?) dei commentatori sta ancora ridendo di questo Nobel? Praticamente tutti i blogger sono scettici e la notiza è stata data nche nei TG con qualche sorpresa.
Prova ad immaginare se l'avessero dato a Silvio (visto che c'è un comitato costituitosi). Metà Italia avrebbe riso ma l'altra metà l'avrebbe osannato. Vedi e spiegami tu la differenza. Ti do qualche input/key word? Libertà di stampa, rispetto per qualcuno eletto dal Popolo, perseguitato, regime mediatico, satira... Continuo?
Post a Comment