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Tuesday, November 24, 2009

Cosa c'entrano i diritti umani con il valore dello yuan

Wei Jingsheng cerca di spiegare al presidente Obama che questioni di primaria importanza per gli Stati Uniti nelle loro relazioni con la Cina, come la politica commerciale e la svalutazione dello yuan, sono intimamente legate al problema dei diritti umani. E' grazie al non rispetto di questi ultimi, infatti, che il Partito comunista cinese può continuare a perseguire indisturbato quelle politiche. «Usando il potere del governo - spiega Wei Jingsheng in un articolo tradotto da Asianews.it - i comunisti cinesi hanno tenuto in maniera forzata lo yuan svalutato, producendo così prezzi iper-competitivi per i beni di produzione cinese, che non rispondono ai canoni classici dell'economia di mercato». Tuttavia, osserva, «la riduzione forzata del tasso di cambio operata dal governo cinese è proprio il tipo di condotta che non porta vantaggi neanche a chi se ne rende autore».

Non ci guadagna affatto la popolazione cinese. La svalutazione forzata dello yuan mantiene bassi i salari della maggioranza dei cinesi, accresce le disparità, già «enormi», fra i ricchi e i poveri, sta provocando «una crisi sociale di larga scala». Una delle conseguenze della disparità è che «il mercato interno cinese è molto piccolo» e, di conseguenza, «la sopravvivenza dell'industria manifatturiera dipende per la maggior parte dal mercato internazionale: è, dunque, sotto il controllo degli altri». Il che significa che «ogni segnale di disturbo del mercato internazionale provoca danni all'intera industria». Inoltre, osserva Wei Jingsheng, «i Paesi europei e gli Stati Uniti sono stati costretti ad adottare una sorta di protezionismo commerciale per reagire» alla politica monetaria voluta da Pechino, la quale quindi ha finito per colpire «l'intera economia» e «un enorme numero di persone ha perso il proprio lavoro».

Dal «produrre problemi per gli altri», dalla svalutazione forzata dello yuan «per poter poi invadere il mercato con prezzi ridotti», deriva anche la «scarsa qualità» dei prodotti cinesi che hanno invaso il mondo, rendendo noto il marchio "made in China" appunto per la sua bassa qualità: «Il furto e il plagio costano molto meno dell'innovazione, così come la bassa qualità non costa quasi nulla». Un'economia interamente orientata sulle esportazioni e la politica monetaria conseguente hanno «danneggiato non soltanto la reputazione del "made in China", ma anche il potenziale, ulteriore sviluppo dell'economia interna... Tutte le risorse ereditate dai nostri avi vengono vendute a scapito delle generazioni future, e non soltanto dell'inquinamento ambientale».

Ma il «prerequisito» in forza del quale il partito riesce a esercitare questo «monopolio economico e politico», conclude Wei Jingsheng, è «la disastrosa situazione dei diritti umani in Cina. Per mantenere il potere assoluto, infatti, Pechino ha bisogno di schiacciare i diritti della propria popolazione». Diritti umani, libertà di espressione e di stampa «sono direttamente collegati al commercio, sono fra le questioni relative all'economia». «Senza di loro, infatti, non si possono avere le condizioni per un commercio libero e per una politica democratica». Affrontando il tema di diritti umani, è il messaggio del dissidente cinese al presidente Obama, si affrontano anche le questioni di politica commerciale e monetaria.

1 comment:

Neoconservatore said...

Con tutto il rispetto per il dissidente cinese,penso proprio che le sue saranno parole al vento.
Oltre al fatto che Barack Jimmy Obama ha scelto la politica dell`appeasement con tutte le dittature, ha all`interno sua amministrazione persone come Anita Dunn che esaltano Mao come fonte d`ispirazione, e Obama di cultura e` radical..quindi...