L'ormai acquisita vittoria del filorusso Yanukovich alle presidenziali in Ucraina significa che la rivoluzione arancione è stata definitivamente sconfitta e che non è servita a nulla? E' innegabile che molte delle aspettative che di allora sono rimaste disattese. Non ho mai creduto però che i successi e l'eredità della rivoluzione arancione fossero legati alla sorte politica dei due leader che si trovarono alla sua guida. Quindi, la fine della presidenza Yushenko e la sconfitta della Timoshenko non segnano sic et simpliciter la sconfitta della rivoluzione arancione.
Ad anni di distanza resta una tappa importante, forse decisiva e irreversibile, nel cammino dell'Ucraina verso la democrazia e una piena autodeterminazione. Un processo di tutta evidenza non ancora concluso e che non si può meccanicamente misurare con l'avvicinamento del Paese all'Occidente o alla Russia. Non tutto è andato perso. Sembra, infatti, stando agli osservatori dell'Ocse, che le elezioni questa volta siano state sostanzialmente corrette, che non ci siano stati brogli rilevanti. E forse un altro effetto positivo di quella "rivoluzione" è aver costretto Yanukovich ad assumere un profilo più moderato, più "ucraino" e filoeuropeo, e ad attenuare, sia pure solo in superficie, il suo legame con la Russia.
Yanukovich terrà il Paese lontano dalla Nato. Ma perché, la Nato ha forse dimostrato di volere diversamente? Il nuovo presidente però sembra aver abbandonato la sua intransigenza filorussa e la concezione dell'Ucraina come stato satellite di Mosca, e aver sposato una linea pragmatica rispetto al posizionamento del suo Paese tra Occidente e Russia, riconoscendo l'importanza di una riconciliazione nazionale tra le due parti del Paese, quella che si sente "europea" e quella che si sente "russa", sulla base del compromesso "Ue sì, Nato no". Si rende conto infatti dei vantaggi di una futura integrazione dell'Ucraina nell'Ue, e sembra intenzionato ad andare avanti su quella strada, senza compromettere i rapporti con Mosca, che in questi termini sembra disposta a dar sfogo alla vocazione filoeuropea e occidentale che rimane forte almeno in una metà degli ucraini.
Difficile distinguere le colpe del mancato definitivo posizionamento dell'Ucraina nella sfera occidentale, a totale scapito dell'influenza russa. Mi pare evidente che Yushenko e Timoshenko abbiano entrambi fallito alla prova della leadership, soprattutto nel dare stabilità al nuovo assetto politico che si era creato all'indomani della rivoluzione arancione. E' anche vero, come loro attenuante, che Mosca ce l'ha messa tutta per destabilizzarlo e c'è riuscita, complice l'indifferenza e la passività europea e, ultimamente, anche americana. La responsabilità dell'Occidente - e dell'Europa in particolare - è senz'altro quella di aver evocato una prospettiva, senza aver avuto il coraggio di perseguirla coerentemente e concretizzarla, sfidando l'ira di Mosca.
Trascorsi i giorni ed evaporato l'entusiasmo della rivoluzione arancione, Ue e Usa hanno buttato al vento l'occasione, non offrendo sponde concrete alle aspirazioni filoeuropee e occidentali della parte di Ucraina uscita in quel momento vittoriosa. A sancire il disimpegno la decisione in sede Nato di non mettere in agenda l'adesione di Kiev all'alleanza. Rimane una domanda: sarà un disimpegno bilaterale quello nei confronti dell'Ucraina, cioè sia occidentale che russo? Staremo a vedere, ma ne dubito.
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