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Monday, February 15, 2010

Il piano B (se c'è) stenta a prendere forma

Sia Parigi che Mosca, e Washington probabilmente seguirà a momenti, hanno smentito Teheran riguardo una nuova proposta da parte occidentale sul trasferimento dell'uranio all'estero per l'arricchimento al 20%. Evidentemente, una mossa da parte degli iraniani volta a far credere che non sono isolati e che l'Occidente non si è alzato dal tavolo nonostante i "cazzotti" subiti. Propaganda, insomma, resa però verosimile dall'approccio morbido e accondiscendente fin qui seguito. Non si può del tutto escludere in effetti che una trattativa prosegua sotto banco.

Il segretario di Stato Usa, Hillary Clinton, da Doha denuncia che la Repubblica islamica si sta avviando «verso una dittatura militare», con le imprese controllate dai pasdaran che «soppiantano» le istituzioni governative. Un'evoluzione già in atto da tempo e che probabilmente ha giocato un ruolo nel convincere pezzi di establishment a contestare l'autorità di Ahmadinejad e Khamenei.

Nel frattempo, l'Occidente potrebbe finalmente aver deciso di giocare in pressing anche sui diritti umani. All'inutile Consiglio Onu per i diritti umani, infatti, i rappresentanti di Stati Uniti, Francia, Italia e altri Paesi hanno messo l'Iran sul banco degli imputati per la violenta repressione dell'opposizione. In particolare, l'ambasciatrice italiana si è schierata contro la candidatura di Teheran a far parte del Consiglio per il periodo 2010-2013, in quanto «non coerente» per la sua situazione interna. Tramite il suo rappresentante, l'Iran, difeso anche da Cuba e Nicaragua, ha bollato tutto come pressioni strumentali sul dossier nucleare. Non ha torto, ma c'è da augurarsi che sia solo un primo passo.

Se migliaia di persone rischiano di beccarsi una pallottola in corpo pur di manifestare contro il regime nel suo giorno più simbolico, quando le misure di sicurezza sono ai massimi livelli e gli squadristi mobilitati in massa, allora siamo davvero in presenza di una situazione potenzialmente rivoluzionaria che dovrebbe far riflettere l'Occidente, Stati Uniti in testa, anche in relazione alla sua strategia sul nucleare. Le proteste della scorsa settimana hanno avuto luogo non solo a Teheran, ma anche in altre importanti città (Tabriz, Shiraz e Isfahan). Dalle poche notizie giunte, anche perché il regime ha bloccato Internet, anche stavolta la repressione ha colpito molto duramente, con cariche, arresti e morti. Aggredite anche le figure più in vista dell'opposizione, come Karroubi e Khatami, e i loro parenti. Ma tutto questo sembra non fiaccare la determinazione del movimento.

Nei giorni scorsi, all'avvio dell'arricchimento dell'uranio al 20% da parte di Teheran, l'amministrazione Obama ha voluto dare un segnale, adottando sanzioni unilaterali nei confronti di quattro compagnie e un generale legati ai pasdaran. A prescindere dal processo per nuove sanzioni Onu, che purtroppo è ancora agli stadi iniziali. Obama sta infatti tentando di incassare almeno il premio di consolazione della fallita strategia dell'engagement, cioè l'aver dimostrato al mondo che è l'Iran, e non sono gli Stati Uniti, a non volere il dialogo. Il che dovrebbe aiutarlo a convincere i Paesi più scettici, come Russia e Cina, a seguire l'Occidente sulla via delle sanzioni. La comunità internazionale «ha fatto i salti mortali» per portare l'Iran a un «dialogo costruttivo», ha sottolineato Obama, ribadendo che «non è accettabile» che l'Iran si doti di armi atomiche. In poche settimane quindi, intima, deve scattare «un significativo regime di sanzioni». «Questa Casa Bianca ha fatto più di ogni altra amministrazione» per tendere la mano a Teheran, gli ha fatto eco il segretario alla Difesa, Robert Gates, spiegando anche lui che gli Usa premono per arrivare a nuove sanzioni «nell'arco di settimane, non di mesi».

Ma le discussioni sulle nuove sanzioni sono ancora «in una fase molto iniziale», ammettono fonti dell'amministrazione Usa. Fallito l'engagement, se il piano "B" di Obama sono le sanzioni, per ora non si vede come possa convincere Pechino, né quale sia l'obiettivo ultimo. E se l'Occidente fosse per la prima volta nella posizione di mettere il regime, grazie alla sua instabilità, con le spalle al muro: resa sul nucleare o muerte alla rivoluzione?

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