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Thursday, October 15, 2009

Sì, Blair sì. Magari...

Il "no" di Freedom Land a Tony Blair primo presidente dell'Ue sotto il Trattato di Lisbona (al cui processo di ratifica manca la firma "liberale" del ceco Vaclav Klaus) risponde a una pura logica di schieramento (Blair è un «uomo di sinistra»), ma a ben vedere fa a pugni anche con essa. A chi segue da un po' di tempo questo blog non devo spiegare perché il mio sostegno a Blair è più che convinto, ma forse vale la pena richiamare un po' di dati di contesto.

Le probabilità di veder diventare Blair presidente del Consiglio europeo non sono molte. Purtroppo. Sarà difficile, come ha spiegato di recente anche il ministro Frattini, perché le resistenze sono molte e nessuno ha voglia di spaccare il Consiglio proprio alla prima elezione, eleggendo un presidente "debole". Blair rappresenta una sinistra così «alla moda e user friendly» che oltre alle perplessità della Merkel, a non volerlo presidente è proprio la sinistra europea. A me pare piuttosto che Blair sia del tutto fuori moda. Soprattutto a sinistra. Sarà un caso?

No, perché Blair con la sinistra prevalente in Europa, rimasta incollata a vecchie pastoie ideologiche del secolo scorso, e quindi incapace di governare i processi socio-economici di oggi, non ha nulla a che fare. Ed è questo che le socialdemocrazie europee non gli perdonano. Di aver saputo rinnovare, e di aver avuto successo nel rinnovamento laddove loro hanno fallito, o non hanno neanche provato. Blair è troppo "liberista", troppo "filoamericano", addirittura "guerrafondaio". Insomma, troppo "di destra". E rappresenta un europeismo più fresco e dinamico, distante da quello "politicamente corretto" e burocratico dominante nel Continente.

Blair sarebbe quindi una scelta coraggiosa proprio perché non alla moda, controcorrente, un po' come la sorprendente vittoria dei liberali nelle elezioni politiche tedesche.

Quali sarebbero, poi, le alternative? L'unica che mi convincerebbe sarebbe Aznar, ma non mi pare che la sua candidatura sia sul tavolo. Né quella di Rasmussen. Le ipotesi che si fanno sono altre, e anche se di centrodestra tutte peggiori di Blair. Come quella del belga Juncker. Da far rabbrividire.

Nella politica europea non si può ragionare solo sulla base del logoro schema destra/sinistra. Bisognerebbe prestare attenzione anche alla nazionalità, e alla cultura politica che ciascun Paese esprime. C'è una gran differenza tra la Gran Bretagna e l'Europa continentale. E tra l'Europa centrale e i Paesi dell'Est. Ignorare queste differenze culturali, che spesso vanno oltre quelle tra destra e sinistra, è un errore. Per esempio: meglio un leader di sinistra liberale britannico o un democristiano tedesco? Meglio un giovane leader dell'Est o un grigio tecnocrate belga?

Non è così improbabile che pescando nel centrodestra europeo tiriamo su una figura dalla cifra statalista e antiamericana. Senza considerare che con Blair presidente eviteremmo di consegnare il ruolo, altrettanto importante, di ministro degli Esteri dell'Ue a un socialista come Frank-Walter Steinmeier o - Dio ce ne scampi - a un comunista come Massimo D'Alema. Per non parlare dell'assoluto bisogno che ha l'Europa di presentarsi agli occhi del mondo con una personalità forte, di peso, e carismatica. Pena l'irrilevanza.

4 comments:

Anonymous said...

Juncker è lussemburghese.

Gionata Pacor said...

Come ho scritto a Simone, condivido più il tuo intervento che non il suo. Quello su cui dovremmo fare in questi 5 anni è lavorare perché la prossima volta il Presidente lo scelgano gli elettori.

Ciao!
Gionata

Anonymous said...

D'Alema comunista...

mamma mia

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RadiconED said...

Ben detto, lo dico da tempo : se gli inglesi debbono proprio entrare in questa Europa che vi entrino almeno per comandarla, dirigerla. Gli altri, mediamente, sono peggiori. Ahimé.