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Monday, November 24, 2008

Una scomoda verità

Come può un ragazzo morire perché la sua scuola cade a pezzi? Già mi pare di sentirli i soliti cori indignati: è colpa dei tagli alla scuola pubblica! Molti edifici pubblici, soprattutto scuole e ospedali (per non parlare delle strade), cadono letteralmente a pezzi e se appartenessero a dei privati verrebbero immediatamente dichiarati inagibili e chiusi. Le discoteche sono più sicure delle scuole.

Non so se il ministro Gelmini, o il governo, avranno il coraggio di dire l'amara e scomoda verità: troppa spesa pubblica se ne va in stipendi e non rimangono fondi sufficienti per infrastrutture e investimenti. Di certo quel coraggio ce l'ha Luca Ricolfi, che lo scrive oggi su La Stampa: il nostro «hardware si sbriciola perché pensiamo quasi soltanto al software».
«Da almeno quindici anni... la politica risparmia sistematicamente sulla manutenzione delle infrastrutture fisiche (l'hardware del sistema Italia), e dilapida le poche risorse disponibili in spese improduttive e stipendi pubblici (il software del sistema Italia). La storia sarebbe lunga da raccontare... ma la realtà è che negli ultimi quindici anni - quale che fosse il colore politico dei governi - in quasi tutti i settori della pubblica amministrazione la maggior parte delle risorse disponibili sono state convogliate sugli avanzamenti di carriera e sottratte agli investimenti e agli acquisti».
Più stipendi, e di livello più alto, da pagare, e risorse insufficienti per l'edilizia e le infrastrutture, così come per il funzionamento ordinario delle strutture (benzina, carta, computer).
«In questa triste vicenda la scuola è stata colpita due volte: come gli altri settori della pubblica amministrazione è rimasta a corto di ossigeno sul versante degli investimenti edilizi e su quello delle risorse per il funzionamento, ma a differenza degli altri settori della pubblica amministrazione non ha potuto beneficiare di significativi avanzamenti perché non esiste una vera e propria carriera degli insegnanti, come ne esistono invece per i medici, i professori universitari, i magistrati, i militari, i poliziotti, i burocrati».
La colpa, scrive Ricolfi dimostrando ancora una volta grande onestà e coraggio intellettuale, non è solo dei politici, ma anche nostra, di un'opinione pubblica che si scandalizza se lo Stato non assume migliaia di precari, o non concede aumenti indiscriminati alle categorie del pubblico impiego, senza neanche poterne misurare la produttività. Finché la pubblica amministrazione verrà concepita come uno stipendificio (quindi, come un serbatoio di clientele), e non come un erogatore di servizi di qualità, gli edifici cadranno a pezzi.
«Se i politici, quando hanno 100 euro da spendere, ne destinano così pochi all'hardware del paese e così tanti al suo software, è perché hanno capito che quest'ultimo ci interessa molto più del primo. Possiamo indignarci quando crolla una scuola, quando deraglia un treno, quando un ospedale è invaso dagli scarafaggi, ma non siamo disposti a rinunciare a un pezzettino del nostro modesto benessere per vivere in un paese in cui queste cose non succedano più».
Il problema, conclude Ricolfi, è che «lo Stato sociale, fatto di sanità, pensioni e assistenza, ci interessa di più dello Stato minimo, fatto di infrastrutture fisiche e funzioni fondamentali».

3 comments:

Anonymous said...

parole sante.

il problema sarà quello di spiegarle alla finicchiaro ed alle altre anime pie dell'opposizione.

ciao.

io ero tzunami

Anonymous said...

La Gelmini disse testualmente che il 97% delle risorse se ne andava in stipendi.... Più chiara di così...
E' bello che quando prende fuoco una fabbrica e ci scappano i morti, si sentano tante anime stataliste che ci spiegano come tutto ciò sia causato dall'avidità dei capitalisti. Quando crolla una scuola e ci rimangono sotto svariati bambini, non si sente sufficiente retorica anti statale... Chissà come mai.

Anonymous said...

Come al solito c'è troppo Stato dove non dovrebbe essercene (burocrazia invadente ed inefficiente) e poco dove dovrebbe essercene (sicurezza, ordine pubblico, controllo del territorio in senso lato).
A proposito, lo dice proprio Ricolfi.