Non so se il ministro Gelmini, o il governo, avranno il coraggio di dire l'amara e scomoda verità: troppa spesa pubblica se ne va in stipendi e non rimangono fondi sufficienti per infrastrutture e investimenti. Di certo quel coraggio ce l'ha Luca Ricolfi, che lo scrive oggi su La Stampa: il nostro «hardware si sbriciola perché pensiamo quasi soltanto al software».
«Da almeno quindici anni... la politica risparmia sistematicamente sulla manutenzione delle infrastrutture fisiche (l'hardware del sistema Italia), e dilapida le poche risorse disponibili in spese improduttive e stipendi pubblici (il software del sistema Italia). La storia sarebbe lunga da raccontare... ma la realtà è che negli ultimi quindici anni - quale che fosse il colore politico dei governi - in quasi tutti i settori della pubblica amministrazione la maggior parte delle risorse disponibili sono state convogliate sugli avanzamenti di carriera e sottratte agli investimenti e agli acquisti».Più stipendi, e di livello più alto, da pagare, e risorse insufficienti per l'edilizia e le infrastrutture, così come per il funzionamento ordinario delle strutture (benzina, carta, computer).
«In questa triste vicenda la scuola è stata colpita due volte: come gli altri settori della pubblica amministrazione è rimasta a corto di ossigeno sul versante degli investimenti edilizi e su quello delle risorse per il funzionamento, ma a differenza degli altri settori della pubblica amministrazione non ha potuto beneficiare di significativi avanzamenti perché non esiste una vera e propria carriera degli insegnanti, come ne esistono invece per i medici, i professori universitari, i magistrati, i militari, i poliziotti, i burocrati».La colpa, scrive Ricolfi dimostrando ancora una volta grande onestà e coraggio intellettuale, non è solo dei politici, ma anche nostra, di un'opinione pubblica che si scandalizza se lo Stato non assume migliaia di precari, o non concede aumenti indiscriminati alle categorie del pubblico impiego, senza neanche poterne misurare la produttività. Finché la pubblica amministrazione verrà concepita come uno stipendificio (quindi, come un serbatoio di clientele), e non come un erogatore di servizi di qualità, gli edifici cadranno a pezzi.
«Se i politici, quando hanno 100 euro da spendere, ne destinano così pochi all'hardware del paese e così tanti al suo software, è perché hanno capito che quest'ultimo ci interessa molto più del primo. Possiamo indignarci quando crolla una scuola, quando deraglia un treno, quando un ospedale è invaso dagli scarafaggi, ma non siamo disposti a rinunciare a un pezzettino del nostro modesto benessere per vivere in un paese in cui queste cose non succedano più».Il problema, conclude Ricolfi, è che «lo Stato sociale, fatto di sanità, pensioni e assistenza, ci interessa di più dello Stato minimo, fatto di infrastrutture fisiche e funzioni fondamentali».
3 comments:
parole sante.
il problema sarà quello di spiegarle alla finicchiaro ed alle altre anime pie dell'opposizione.
ciao.
io ero tzunami
La Gelmini disse testualmente che il 97% delle risorse se ne andava in stipendi.... Più chiara di così...
E' bello che quando prende fuoco una fabbrica e ci scappano i morti, si sentano tante anime stataliste che ci spiegano come tutto ciò sia causato dall'avidità dei capitalisti. Quando crolla una scuola e ci rimangono sotto svariati bambini, non si sente sufficiente retorica anti statale... Chissà come mai.
Come al solito c'è troppo Stato dove non dovrebbe essercene (burocrazia invadente ed inefficiente) e poco dove dovrebbe essercene (sicurezza, ordine pubblico, controllo del territorio in senso lato).
A proposito, lo dice proprio Ricolfi.
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