A pochi giorni dalla disfatta le migliori menti nei principali circoli conservatori si stanno già interrogando sulle cause e le possibili nuove vie. «Cosa ci è accaduto?»; «Cosa comporta la vittoria di Obama per il Paese e per il movimento conservatore?» Ne discuteranno, in un incontro organizzato dal 13 al 16 novembre a Palm Beach dal David Horowitz Freedom Center, personalità del calibro di Karl Rove, i governatori Haley Barbour e Tim Pawlenty, il senatore Jeff Sessions e i deputati Mike Pence e Ed Royce; e ancora, autorevoli intellettuali come David Horowitz, Victor Davis Hanson, Robert Spencer, Daniel Pipes.
David Frum, del neoconservatore American Enterprise Institute, suggerisce ai Repubblicani una «nuova via». Hanno di fronte una scelta «dolorosa e lacerante» tra due possibilità. La prima è tornare allo «zoccolo duro». La base, quasi interamente bianca, residente nel centro del Paese, benestante, di età media o più vecchia, più uomini che donne, con istruzione superiore ma pochi laureati. Pensate a Joe "l'idraulico" e vedrete l'anima del GOP. «Joe non è cambiato molto negli ultimi decenni, ma il Paese sì». Dal 1990 gli ispanici sono quasi raddoppiati e i bianchi laureati sono aumentati dal 22 al 28,5%. Molti leader repubblicani esorteranno il partito ad aggrapparsi alla via «testata e provata» (tasse, armi, diritto alla vita, patriottismo), ma il voto di Joe "l'idraulico" non basta più.
Bush ha sperato di conquistare il voto degli ispanici: regolarizzando gli immigrati illegali; espandendo i programmi federali di assistenza; spingendo le banche ad abbassare i requisiti per la concessione dei mutui per aiutare i lavoratori a basso reddito a comprarsi una casa. Ma non ha potuto ottenere il punto 1 dal Congresso (che in ogni caso allontana Joe, di cui i Repubblicani hanno ancora bisogno); ha realizzato il punto 2, ma i Democratici offrono di più; e riguardo al punto 3, tutti sappiamo come è finita. «Non ci sarà un futuro ispanico per il GOP per anni e anni», prevede Frum, che quindi propone una via «così antica e polverosa da sembrare quasi nuova e inesplorata».
Una generazione fa i Repubblicani dominavano tra i laureati al college. Nel 1984 e nel 1988, Reagan e George Bush padre vinsero stati come California, Pennsylvania e Connecticut, stati "blue" da generazioni. Dal 1988, i Democratici sono diventati più conservatori in economia, e i Repubblicani più conservatori sui temi sociali. Gli americani istruiti nei college sono arrivati a credere che i loro soldi sono al sicuro con i Democratici, ma i loro valori sono minacciati dai Repubblicani. Conquistarli comporterà «cambiamenti dolorosi», su temi che vanno dall'ambiente all'aborto, nello stile e nei toni. Un approccio «meno apertamente religioso, meno polarizzato sui temi sociali, meno superficiale riguardo le policy, che lascerebbe poco spazio alle Sarah Palin».
Secondo Michael D. Tanner, del libertario Cato Institute, il messaggio degli elettori è chiaro. Dopo 8 anni in cui Bush ha accresciuto la spesa federale «più di qualsiasi altro presidente dai tempi di Lyndon Johnson», i Repubblicani «hanno perso la capacità di distinguersi dai Democratici». Da partito della crescita economica, della disciplina fiscale e del governo limitato, il GOP è divenuto proprio come i fautori della spesa che intendeva combattere. «Siamo andati al governo per cambiare lo Stato, e lo Stato ci ha cambiati», per usare una felice espressione di McCain. Prima lezione dalla sconfitta: il big government conservatore «non è solo una politica sbagliata, ma anche cattiva politica». Secondo Tanner, i Repubblicani devono ritornare ai principi di governo limitato, libero mercato e libertà individuali. Seconda lezione: devono espandere la loro base al di là della Destra religiosa.
Durante la campagna i "social conservative" hanno continuamente minacciato di starsene a casa. Invece, sono stati gli elettori delle periferie urbane, gli indipendenti, stufi non solo della guerra e della corruzione, ma anche della deriva verso il big government, a cambiare voto. Nel 2004 Bush vinse nelle periferie 52 a 47. Nel 2008, gli elettori delle periferie urbane, benestanti, professionisti con istruzione superiore, moderati sui temi sociali e conservatori in economia, hanno votato Obama con un margine di 50 a 48. Lo spostamento del voto nelle periferie di Columbus, Charlotte e Indianapolis ha determinato il passaggio dell'Ohio, della North Carolina e dell'Indiana ai Democratici.
Che fine farà il "fusionismo", quella coalizione politica tra conservatori e libertari che da Reagan in poi ha garantito al Partito repubblicano una lunga serie di vittorie? Se lo chiede Ilya Shapiro. Molto dipenderà da cosa decideranno di fare i Repubblicani. Se scelgono l'approccio del governo limitato sostenuto dal deputato Jeff Flake, che ha denunciato «l'inadeguato e impraticabile statalismo conservatore dell'amministrazione Bush», e da qualche altro giovane deputato, ci sarà ampio margine di collaborazione con i libertari. Ma se adottassero la combinazione tra populismo economico e conservatorismo sociale, rappresentata da Mike Huckabee e Sarah Palin, il «fusionismo» sarà morto e sepolto.
1 comment:
Bel post.
Mi sa che il fusionismo è già morto e sepolto però: in Iraq. L'export democracy è un'altra delle politiche "de'sinistra" (storicamente l'interventismo è patrimonio Dems.) che confliggono con l'anima Gop tradizionalista votata all'isolazionismo - che non significa isolamento ma "ritiro" su America (tutta) e Pacifico.
Era il programma di Bush pre 9-11 ...
ciao, Abr
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