Sulla prima Veltroni ha fatto una figura barbina, dimostrando di contare come un due di coppe. Non solo un minuto dopo l'elezione di Villari dava per certe - questione di ore - le sue dimissioni, che non sono arrivate, ma ha insistito per giorni con un provvedimento punitivo nei suoi confronti, l'espulsione dal partito, che non è esattamente ciò che in genere ci si aspetta da un partito che si chiama democratico. Anche perché l'unica colpa di Villari sarebbe quella di accettare un incarico istituzionale al quale non è stato nominato, ma eletto dai membri di una commissione parlamentare con i voti della maggioranza e di due del suo stesso partito. E la costituzione stabilisce che «ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato». L'espulsione di Villari sarebbe uno schiaffo alle istituzioni e alla Costituzione. In questi casi, se un'elezione parlamentare non va secondo gli accordi tra di loro, i partiti non possono far altro che masticare amaro.
Tra l'altro, la posizione di Villari è ineccepibile: si è detto disposto a dimettersi qualora il suo partito e la maggioranza raggiungessero un'intesa su un nuovo nome, ma perpetuare l'impasse sul nome di Orlando significa solamente impedire alla commissione di funzionare. E' discutibile, quindi, che sia Villari, e non piuttosto il Pd, a danneggiare il ruolo dell'opposizione.
Il Pd ha torto marcio in questa vicenda. E' vero che per buona prassi istituzionale le commissioni di garanzia sono presiedute da un esponente designato dall'opposizione, ma questo dev'essere gradito anche alla maggioranza, dev'essere cioè una personalità dallo spirito bipartisan. E il partito in cui milita Orlando, l'Italia dei Valori, è l'antitesi di qualsivoglia approccio bipartisan.
Il secondo atto è solo l'ultima smentita, in ordine di tempo, della vocazione maggioritaria e riformista con cui il Pd si era presentato agli italiani in campagna elettorale. Non solo con ogni probabilità la strana coppia Pd-Idv perderà l'Abruzzo, ma il Pd rischia di essere scavalcato dall'Idv e comunque di perdere con una linea non riformista. Non solo una sconfitta elettorale, ma anche una sconfessione ideale.
Ernesto Galli Della Loggia, oggi sul Corriere, spiega così quella specie di insostenibilità dell'essere riformisti che sembra colpire anche il Pd, «preso in una morsa»:
«Se vuole essere riformista si trova di fatto ad avere, anche stando all'opposizione, dei nemici a sinistra che il suo riformismo stesso gli impedisce però di considerare "fascisti"; ma non essendo ideologicamente riformista abbastanza, non riesce ad accettare di essere combattuto e di combattere tali nemici, rinunciando all'idea di farseli in qualche modo alleati. Nasce da qui, alla prima occasione, il ricorrente miraggio dell'unità delle sinistre, altra faccia obbligata del "niente nemici a sinistra": una linea che è sempre stata la pietra tombale di ogni riformismo».
9 comments:
E' vero che per buona prassi istituzionale le commissioni di garanzia sono presiedute da un esponente designato dall'opposizione, ma questo dev'essere gradito anche alla maggioranza, dev'essere cioè una personalità dallo spirito bipartisan.
ora dopo 10 anni ho capito la nomina di storace
veltroni e' al capolinea come gli amministratori campani.
lui ci ha messo pero' pochissimo tempo per giungervi...
Non c'era un granchè da capire su Storace, signor Andrea Mollica. Le cose andarono in questi termini: il centro destra propose la Casellati. Veto assoluto della sinistra, nessun urlo e strepito dei giornali, e nessun allarme "demokratico". Fu proposto allora Storace, che andava benone soprattutto a Veltroni così se lo toglieva dalle p...le in chiave locale. Cumino.
@cumino
le lezioni si danno quando le cose si sanno, dice mia nonna
1. nel 94 il presidente della com vig Rai era Taradash, che faceva parte della maggioranza, o era contiguo quantomeno
2. nel 1996 il candidato del cdx era la fumagalli carulli, il csx voleva paissan dei verdi, ma poi si decise di assegnare la presidenza all'opposizione
3. ci fu una sorta di implicito asse anti dc, così che passò storace(an), con estremo furore del ccd-cdu, chenon partecipò al voto
4. veltroni nel '96 era vice di prodi e davvero non aveva alcun interesse/motivo per segare le gambe a storace a roma, dato che aveva ambizioni nazionali, i.e successione di prodi. e su questa tua inesatezza potrei scrivere un trattato, ma basta così
ps: il mio commento era sarcastico, perchè trovavo penosetta alquanto la giustificazione di jim su quanto avvenuto. eventualmente commenterò poi, cmq se vuoi discutere con me informati.
eutanasia di un uolter.
ciao.
io ero tzunami.
Villari non molla la poltrona e Veltroni s'incazza come una iena...pensa te che io avevo capito che tutti gli eletti nelle liste del PD fossero eticamente superiori, questo invece pare che sia indegno di rivestire una carica pubblica, chissà perchè l'avran fatto eleggere se è così puzzone.... sta a vedere che salterà furoi che nelle liste Villari ce l'ha messo la Torre su suggerimento di Berlusconi :-DDDDD
Si dice "due di coppe quando si gioca a spade". Se si gioca a coppe un due di coppe può valere più di un asso di denari.
Ma perchè Veltroni davanti aveva anche dei giorni a disposizione? Per fare cosa? Le valigie ed espatriare?
E al posto di Veltroni chi ci mettiamo ? D'Alema ? stiamo attenti a non (ri)finire dalla padella alla brace.
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