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Wednesday, August 12, 2009

Salari differenziati, polemica surreale

E Calderoli apre il capitolo tasse

Una polemica surreale quella degli ultimi giorni sulle cosiddette "gabbie salariali", in cui per pura demagogia si è impiccata a una brutta espressione un'idea ampiamente condivisa da sindacati, Confindustria e governo, ma anche da esponenti riformisti del Pd, come il giuslavorista e senatore Pietro Ichino. Talmente condivisa che rientra già nell'accordo quadro siglato il 22 gennaio scorso da tutte le parti sociali (tranne la Cgil) per la riforma del modello contrattuale. Il meccanismo perverso che è scattato l'ha descritto bene Vittorio Macioce, oggi su il Giornale:
«E' chiaro che se uno le chiama così ti riportano agli anni '50, a qualcosa di vecchio, ammuffito, sepolto, abbandonato. E allora il signor Bonanni della Cisl parla di ritorno all'Unione Sovietica, che da queste parti comunque non c'è mai stata, gli operai del Sud pensano che qualcuno sta lì con le forbici a tagliare i loro stipendi, già all'osso, i politici si preoccupano di perdere voti, tutti fanno la voce grossa e qualcuno ci marcia evocando fame e malattie, tanto qualche Savonarola in giro non manca mai. Quella che doveva essere una mossa per rendere il costo dei lavoro meno stagnante, una sorta di rivoluzione contro la dittatura dei contratti nazionali, un modo per legare il salario alla produttività e dare un po' di respiro alle buste paga di chi lavora a Torino, a Milano o a Roma, dove il costo della vita è senza dubbio più alto, diventa invece una restaurazione, un tuffo nel passato. La cosa strana di questa storia è che poi tutti dicono: sì, bisogna difendere i salari reali. Oppure: sì, bisogna dare più spazio alla contrattazione aziendale e territoriale. Basta chiamare le cose con un nome diverso? Basta dire, come fa Brunetta, la parola magica federalismo? Federalismo dei salari? Forse sì. Ed è come se in questo Paese le riforme si incagliassero sullo scoglio di qualche parola, un eterno gioco di parole tabù, parole che non si possono dire, parole maledette, parole che fanno mettere mano alla pistola al solito esercito di benpensanti. Bum. Al minimo movimento spara. Il risultato è che tutto il dibattito politico gira intorno ai vocaboli. Non ci sono più casi da risolvere, ma parole da spianare».
Una polemica montata «sul nulla», si sfoga stamane Berlusconi: «Mai parlato di gabbie salariali». La possibilità di salari differenziati è infatti demandata «alla contrattazione decentrata, già approvata peraltro dalle categorie sindacali, Cgil esclusa», in base, appunto, all'accordo per il nuovo sistema contrattuale, come prova a spiegare intervenendo sul Sole 24 Ore anche il ministro del Lavoro Sacconi, che di quell'accordo è stato l'artefice. L'obiettivo della riforma è di superare il vecchio modello di «contrattazione centralizzata», che ha sì contenuto le spinte inflattive negli scorsi decenni, ma che alla lunga ha prodotto «bassi salari e bassa produttività». «L'andamento delle retribuzioni si era infatti rivelato piatto e moderato perché una contrattazione centralizzata non può che tararsi sui vagoni più lenti del convoglio delle imprese».

Nel nuovo sistema viene riconosciuto più spazio alla «contrattazione decentrata, di per sé virtuosa perché naturalmente votata a riflettere indicatori di produttività e di specifico costo della vita nei diversi ambiti aziendali e territoriali». «È in questo contesto - sottolinea il ministro - che devono essere lette tutte le affermazioni di questo pigro mese di agosto». I salari differenziati quindi saranno frutto della contrattazione territoriale e aziendale, non di un'imposizione dall'alto com'era prima che venissero abolite, alla fine degli anni '60, le cosiddette "gabbie salariali".

«Nessuno vuole il ripristino di meccanismi di indicizzazione dei salari al costo o ai costi della vita perché ne abbiamo già sperimentato gli effetti inflattivi. Nel governo tutti riconoscono la insostituibile funzione della contrattazione collettiva che nessuna legislazione centralistica può sostituire. Tutti vogliamo una più equa distribuzione della ricchezza attraverso i salari quale è stata negata dall'egualitarismo e dal centralismo retributivo», spiega Sacconi. Spetta alle parti, aggiunge, «dimostrare, fino a prova contraria, la capacità di definire con il contratto nazionale una dinamica minima delle retribuzioni e con i contratti decentrati parti sempre più consistenti del reddito secondo differenziazioni eque e trasparenti».

Saranno incoraggiati a fare ciò dalla detassazione e dalla decontribuzione già introdotte dal governo sulle componenti della retribuzione «variabilmente determinate in sede locale». «La tassazione secca e definitiva al solo 10% delle parti variabili del salario erogate unilateralmente o determinate dalla contrattazione nella dimensione territoriale e aziendale», spiega il ministro, è stata la «premessa» per quel «nuovo modello contrattuale che le parti sociali - con l'unica autoesclusione della Cgil - hanno pochi mesi dopo sottoscritto».

«Tutti nel governo pensano che spetti al contratto, e alla contrattazione decentrata in particolare, la realizzazione della diffenziazione delle retribuzioni», assicura Sacconi cercando di chiudere le polemiche. E oggi interviene di nuovo colui che, pur non parlando mai di "gabbie salariali", aveva acceso la miccia, il ministro Calderoli, che a La Stampa rivendica di voler «affrontare con serietà le due questioni collegate, quella meridionale e quella settentrionale», lanciando una nuova duplice proposta: azzerare del tutto l'Ires alle aziende che aprono e creano nuova occupazione al Sud; tagliare le imposte dirette, «l'Irpef tanto per capirsi», al Nord, dove il costo della vita è maggiore. Il ministro della Lega confessa di non averne ancora parlato con il ministro Tremonti, ma finalmente qualcuno che apre il capitolo tasse.

Altrettanto surreale poi, ricorda Macioce, la polemica sulle ronde, l'idea innocua, anzi di civiltà e comunque già consentita dalla legge, «di guardie civiche, dei liberi cittadini dei comuni che si organizzano per difendere le strade della propria città».
«Non sono armati, guardano soltanto. Fanno luce, come le insegne dei negozi che rendono meno buia la notte. Magari non risolvono il problema, ma un po' tutti pensano che una mano di aiuto la possono dare. Come le chiamiamo? Ronde. E qui la fantasia si scatena. E tutti i discorsi si aggrovigliano sul nulla. Non si discute più di sicurezza, ma di fantapolitica. Le guardie civiche possono far sorridere, come i boy scout, ma tutte queste elucubrazioni sul regime sono irritanti. È lo starnazzo di troppa gente che non ha mai visto in faccia una dittatura. Regime, regime, regime, ma le ronde, poi, le fanno anche i sindaci di sinistra, solo che le chiamano in un altro modo. Teatro dell'assurdo».
Come quando Berlusconi, qualche giorno fa, ha detto che la Rai non deve attaccare maggioranza e opposizione. «Nulla di scandaloso». Anzi, persino una banalità, e cioè che «il servizio pubblico, pagato da tutti, non può essere partigiano». Ma poi le parole sono state «tagliate e rimodellate» per far credere che Berlusconi vuole una Rai che non riporti notizie scomode per il governo. «La vischiosità del passato è l'ultima risorsa dei sacerdoti del Novecento. E il futuro resta imbrigliato in una ragnatela di parole», conclude Macioce.

6 comments:

Anonymous said...

"Quanto alle gabbie salariali, tutti condividono l’esigenza di rapportare retribuzione e costo della vita al territorio. Legare i salari ai diversi livelli del costo della vita fra Sud e Nord risponde a criteri di razionalità economica e di giustizia".

http://online.ilmattino.it/articolo.php?id=68862&sez=ITALIA

Così stava scritto nell'intervista al Mattino. Ora, si capiva e si doveva capire fin da subito che Berlusconi intendeva un'altra cosa, il problema che è lui stesso a usare le parole con leggerezza. Se non intendeva le gabbie salariali, e non le intendeva, il primo a usare "contrattazione decentrata" doveva essere proprio lui, ma la leggerezza è sovrana in questo governo di pasticcioni che nagiva a vista e la tua difesa d'ufficio di Berlusconi non fa altro che aggiungere parole polemichette inutili a polemiche già di per sé inutili.

Sergio

Geremia said...

DIALOGO TRA UN LEGHISTA ED UNA DONNA CURIOSA
“Perché nel Sud devono pagare il pane la metà di quello che pago io? Non è giusto! Ci vogliono i salari differenziati!”
“Non credi più nella libertà del mercato? Adesso lo stato dovrebbe fissare per legge i salari?”
“Credo che non è giusto che loro hanno lo stesso stipendio ma un costo della vita dimezzato! Se la vita costa meno vieni pagato meno! Prezzi bassi retribuzioni basse!”
“Stesso lavoro minore stipendio? Che bella parità!”
“I veri privilegiati sono loro!”
“Privilegiati? Solo perché alcuni prezzi sono più bassi? E i trasporti? La sicurezza? La sanità? La scuola? La minore efficienza di questi servizi non è un costo aggiuntivo?”
“Ma quando vanno a fare la spesa?”
“Guarda che le famiglie meridionali di solito sono più numerose. Ed il reddito pro capite è inferiore anche del 40 % !”
“Basta con queste cifre! Il popolo non vuole le cifre! Il popolo non vuole rotture di coglioni!”
“Non trascurare che le gabbie salariali potrebbero aumentare le emigrazioni di massa verso le regioni del nord!”
“Ecco, vedi che vuoi rompere i coglioni? Tutto deve essere legato al territorio, punto.”
“Ma allora, se tutto dipende dal territorio, dobbiamo anche differenziare tra piccoli comuni e grandi città, giusto?”
“In che senso?”
“Dovremmo pagare ancora di meno i lavoratori del sud che vivono nei paesini”
“Se il costo della vita è ancora più basso …”
“Quindi lo stesso vale per il nord, dove dovremmo pagare di meno i lavoratori dei piccoli comuni!”
“Certo, cosa c’entrano con le metropoli!?”
“Ma allora, se la logica non m’inganna, dovremmo stabilire quali lavoratori avranno i salari più alti: quelli dei piccoli comuni del nord o quelli delle grandi città del sud?”
“Il nord! Chi produce deve avere! Le città del sud hanno salari troppo alti!”
“Tutti i salari dovrebbero crescere, non solo quelli del nord. I salari italiani sono fermi dal 1993. Inoltre già adesso i lavoratori meridionali vengono pagati meno, più o meno del 20 %!”
“ A mo’ le cifre! Comunque così dovrebbe essere: non possiamo pagare sempre noi!”
“Sono già pagati di meno! E sono anche meno tutelati sul lavoro! Ed hanno meno crediti dalle banche! E non hanno servizi efficienti! E la pubblica amministrazione! E …”
“E non pagano il riscaldamento però! Là fa caldo!”
“Cosa?!”
“Parliamo di cose concrete!”
“Parliamo di tutto, ma con serietà e ordine: innanzitutto; secondo te è giusto che chi vive già in una zona già povera debba essere pagato di meno?”
“La verità è che il sud deve smetterla di vivere sulle spalle del nord!”
“Se abbassi i salari, abbassi i consumi: dunque aumenta la povertà!”
“Esistono i forti e i deboli; che il sud si metta l’anima in pace!”
“Ma sì: non è colpa del nord se muoiono di fame!”
“Brava, inizi a capire. L’Africa sarà sempre ultima in classifica! Certo, senza eccessi; tutto deve essere retto da un giusto equilibrio”
“I meridionali a casa loro: questo è l’equilibrio?”
“Ognuno deve restare a casa propria. Io vado a casa loro col turismo, porto soldi e me ne vado, loro vengono qua, portano problemi e non se ne vogliono andare”
“Magari qualcuno vuole anche fondare una famiglia”
“Niente famiglia, stiano a casa loro”
“Vuoi vietare anche i matrimoni?”
“Bisogna educare bene. Sennò anche il cuore va a sinistra!”
“Adesso mi dirai che i sentimenti sono come la magistratura: sono politicizzati!”

Anonymous said...

Alla luce di quanto argomenta Giannino, qui http://snipurl.com/pqfht, le opinioni di Macioce e le sue si rivelano per quello che sono: un tentativo di arrampicata su specchi peraltro fragilissimi.

Luigi

Cachorro Quente said...

"l'idea innocua, anzi di civiltà e comunque già consentita dalla legge"

Più che innocua direi surreale. E' una legge che autorizza gruppi di persone disarmate a girare per le città con un cellulare... perchè prima era vietato?
E' un provvedimento inutile, condannabile non per il merito ma per lo spirito che c'è dietro. Se ne verranno fuori solo delle associazioni pacifiche (tipo il "Neighbour watch" delle città britanniche o l'esperimento dei "City angels") sono pronto a ricredermi.

Dire che il servizio pubblico "non può essere partigiano" (effettivamente una banalità, per quanto purtroppo non di facile ottenimento) non equivale a dire che "non deve attaccare maggioranza e opposizione" perchè questa seconda dichiarazione è, effettivamente, scandalosa.
Se l'obiettivo della BBC è irraggiungibile in Italia, allora privatizziamo la RAI e vendiamone le frequenze.
Attualmente abbiamo dei TG da cinegiornale Luce, altro che servizio pubblico.

Sulle gabbie salariali non mi pronuncio per incompetenza.

Giuseppe Lipari said...

Caro Jimmomo, mi sono permesso di commentare sul mio blog l'articolo di Macioce e il suo post. Spero che lei possa trovarsi d'accordo con me. Perché se non ci si mette d'accordo sulle cose essenziali, non troveremo mai modo di metterci d'accordo su niente in questo paese.
http://scacciamennule.blogspot.com/2009/08/le-parole-che-non-ti-ho-detto.html

Anonymous said...

Io avrei una domanda a cui non riesco a trovare risposta da nessuna parte: l'accordo del 22 gennaio è stato bocciato da un referendum dei lavoratori, questo secondo le mie sparse e frammentarie conoscenze di diritto del lavoro dovrebbe renderlo nullo e non vincolante. O mi sbaglio ?