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Thursday, February 04, 2010

Non c'è contraddizione, stavolta

Ieri i siti Internet, oggi giornali, blog e i soliti commentatori, si sono esercitati nell'evidenziare come Berlusconi sia caduto in una palese contraddizione prima, alla Knesset, definendo «giusta» la reazione israeliana ai missili di Hamas, e poi, durante la conferenza stampa di due ore dopo con Abu Mazen, paragonando le vittime palestinesi dell'operazione israeliana a Gaza alle vittime della Shoah. Detta così la contraddizione c'è tutta, ma solo perché come spesso accade è questa la rappresentazione che se ne vuole dare, ignorando le sottigliezze e le sfumature politico-diplomatiche che però, in questi casi, hanno molto valore.

Sì, il premier ha il dono o il difetto (a seconda dei punti di vista) di voler a tutti i costi compiacere il proprio interlocutore, chiunque esso sia. E gli capita, soprattutto in Italia, di contraddirsi nell'arco di poche ore. Ma questa volta, a leggere ciò che veramente Berlusconi ha detto ieri, si vedrà che non c'è alcuna contraddizione. Ecco le due frasi.
Alla Knesset: «... Come il nostro voto contrario al rapporto Goldstone, che intendeva criminalizzare Israele per la sua giusta reazione ai missili di Hamas lanciati da Gaza».
Alla conferenza stampa con Abu Mazen: «Sempre quando alla pace si sostituisce la guerra, e alla ragionevolezza la violenza, sempre lì viene meno l'umanità. Com'è giusto piangere le vittime della Shoah, è giusto manifestare dolore per quanto accaduto a Gaza».

Definendo «giusta» la reazione di Israele ai missili di Hamas Berlusconi ha dato una valutazione strettamente politica, ha riconosciuto il suo diritto a difendersi, mentre manifestando «dolore» per le vittime di Gaza ha abilmente aggirato una domanda spinosa spostando il discorso sul piano "umanitario", politico - direi diplomatico - solo nel senso di non mostrare indifferenza di fronte alle autorità e alla stampa palestinesi. Dove c'è guerra e c'è morte, la compassione non si nega a nessuno. Questo ha voluto dire, ma ciò non toglie che l'operazione israeliana fosse giustificata.

C'è non tanto un paragone, quanto un accostamento - a mio avviso comunque inopportuno - tra Shoah e Gaza, ma siamo sempre su un piano "umanitario" e non politico in senso stretto. Mettendo insieme le due frasi si potrebbe sintetizzare così il pensiero di Berlusconi: Israele aveva il diritto di reagire ai missili di Hamas, ma questo non ci impedisce di addolorarci anche per i morti palestinesi. Detto questo, capisco l'esigenza di molti di far rientrare il Cav. nello stereotipo. In molte occasioni si contraddice, non in questa.

Almeno nelle parole non c'è contraddizione neanche sulla presenza di Eni in Iran. Berlusconi ha spiegato che Eni ha congelato gli investimenti futuri. E' comprensibile che il governo iraniano smentisca, ma non vedo perché bisognerebbe credere agli iraniani addirittura più che a Berlusconi. La dichiarazione di Eni sembra confermare le parole del premier: «E' in corso lo sfruttamento di due campi petroliferi in Iran in base a contratti del 2000 e 2001. Non sono stati stipulati nuovi contratti». Una posizione che Eni aveva annunciato (insieme a Total) già nel 2008: «In Iran il gruppo rispetterà i contratti già in essere, ma non ne firmerà di nuovi». Se sia vero, o se semplicemente siano in corso «trattative», come le chiama Teheran, non possiamo saperlo, ma di certo nelle dichiarazioni non c'è contraddizione, a meno di non voler credere a priori agli iraniani, comunque senza alcuna possibilità di verifica.

La politica di questo governo sulla questione nucleare iraniana è costellata di passi falsi, ambiguità ed errori, che hanno creato motivi di tensione con gli Usa. Prima la manovra fallita per essere accettati nel gruppo 5+1; poi il patetico tentativo di giocare un proprio ruolo, autonomo, di mediazione; il tutto condito da dichiarazioni improvvide di Frattini, che rivelavano uno scrupolo di troppo per la sorte dei nostri rapporti commerciali con Teheran, allarmando Washington. Rapporti importanti li intrattengono anche Francia e Germania, membri del 5+1. Non vi hanno rinunciato finora, ma sono pronti ad appoggiare (e a rispettare) tutte le sanzioni che si renderanno necessarie. E l'Italia si adeguerà.

Negli ultimi tempi - e con le parole inequivoche pronunciate dal premier durante la sua visita in Israele - per fortuna si va definendo una posizione più chiara, più in linea con gli sforzi americani e vicina agli interessi israeliani. A vedere come hanno accolto ieri Berlusconi, gli israeliani - che non sono così stupidi - se ne devono essere accorti, con buona pace dei nostri Gramellini. Chi meglio di loro - Eni o non Eni, Gaza o non Gaza - può giudicare da che parte sta Berlusconi?

UPDATE ore 15:56
Scaroni conferma il "disimpegno": «Avevamo firmato il contratto al tempo di Rafsanjani, quando non si parlava di sanzioni nei riguardi dell'Iran: il primo contratto è già quasi terminato, stiamo ormai solo fornendo assistenza; il secondo terminerà a marzo e poi ci limiteremo a fornire assistenza anche in questo caso. Non faremo nuovi contratti per il futuro».

2 comments:

Anonymous said...

Berlusconi: «Sì, è logico. Se ne sta occupando Scajola. Il governo fará di tutto per salvaguardare il posto di lavoro a tutti i dipendenti della Fiat».

Silvio, grazie di esistere!

Anonymous said...

Berlusconi ha semplicemente espresso il punto di vista di molti che, condividendo la necessità di Israele di intervenire, piangono le vittime innocenti della guerra.