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Tuesday, January 03, 2012

Tirannia fiscale

Stamattina, quando ho letto sul Corriere della Sera il titolo dell'articolo di Dario Di Vico, ho davvero pensato/sperato che avesse usato un'espressione così forte («una vera campagna terroristica») per denunciare i livelli di pressione fiscale cui siamo arrivati e le armi di cui si è dotato il Fisco, che somiglia sempre più ad uno sceriffo di Nottingham e che fa più morti (per ora) degli anarchici. Invece no, si riferiva agli attentati contro Equitalia. Ho postato ugualmente la mia riflessione su Twitter (@jimmomo) e ne è nato un breve scambio di battute con Di Vico, che mi invitava a distinguere tra le bande armate e le policy sbagliate e a rileggere il suo fondo sul suicidio dell'imprenditore Schiavon.

Quando si tratta di buste esplosive o proiettili, la matrice anarchica, quindi eversiva, è indubbia. Non mi sorprenderei se invece dietro i diffusi atti, più simili al vandalismo, contro le sedi di Equitalia non vi fossero «bande armate», bensì gesti isolati dettati dall'esasperazione individuale. Ovviamente non sto giustificando alcun atto di violenza e intimidazione contro Equitalia. Tra l'altro, i mezzi sono patetici, perché oggi la tecnologia consente attacchi molto più efficaci, per bloccarne l'operatività, e "non violenti", senza nuocere all'incolumità di alcuno.

Semplicemente mi aspetterei dalla stampa articoli e denunce contro la tirannia fiscale in Italia, che sta strangolando l'economia ma anche distruggendo vite in carne e ossa. E che Equitalia non sia una società privata, ma statale, come si preoccupa di precisare oggi Di Vico, è un'aggravante certamente per gli attentatori, ma anche rispetto a certi suoi comportamenti persecutori. Un esempio illuminante della «campagna terroristica» del Fisco contro i cittadini è quanto avvenuto a Cortina fra il 30 e il 31 dicembre, quando 80 ispettori hanno rastrellato indiscriminatamente negozi e alberghi.

Un'azione più che altro dimostrativa, ma proprio per questo ancor più inquietante, perché rivela la natura ideologica ormai assunta dalla lotta all'evasione fiscale. Ieri, su Il Messaggero, usciva questa intervista ad Attilio Befera, direttore dell'Agenzia delle Entrate, il tipico delirio d'onnipotenza statalista, con tutti i presupposti dello Stato totalitario.

Dietro tutto questo si nasconde un inganno, e cioè che le tasse sottratte al Fisco siano sic et simpliciter risorse sottratte al Paese. Il che insinua un'equivalenza concettualmente sbagliata, inesistente, tra il Fisco, cioè lo Stato, e il cosiddetto "Paese", la comunità di uomini e donne che vivono sul territorio italiano. Le tasse sono ricchezza sottratta al Paese più di quanto lo sia l'evasione. C'è differenza tra lo Stato, inteso come la pluralità delle pubbliche amministrazioni, e il "Paese". Lo Stato non siamo "noi". Lo Stato è un gruppo identificabile di persone, più o meno rispettabili, chiamate - in democrazia legittimamente - ad amministrare la cosa pubblica. Un gruppo di persone che può e deve essere messo sul banco degli imputati dal momento in cui si mangia la metà e oltre della ricchezza del Paese, non rispetta il contratto con i cittadini e strangola le attività economiche.

Nonostante l'enorme ricchezza sottratta al Paese lo Stato offre servizi insoddisfacenti, anzi spesso dannosi, e rischia di trascinarci nella sua bancarotta. Questo dovrebbe essere il tema dibattuto fino alla noia in queste settimane. Purtroppo invece le martellanti campagne anti-casta e anti-evasione dei principali quotidiani italiani - anche di quelli della "borghesia" e del mondo produttivo - stanno funzionando come armi di distrazione di massa, come gazzette di Nottingham. Se nel primo articolo del 2012 Alesina e Giavazzi devono ripartire dall'abc - spiegando agli italiani che «demonizzare» la ricchezza è «pericoloso» - e se da almeno dieci anni scrivono le stesse cose e avanzano le stesse proposte, non è certo colpa loro. E' il segno dell'arretratezza italiana e del persistente analfabetismo economico degli italiani. Che vengono indotti ad accapigliarsi su chi deve pagare più tasse e su quali nuove tasse inventarci, a sfogarsi nella caccia all'evasore (guarda caso sempre il vicino di casa), e ad allontanarsi, invece, dal vero problema, che è lo Stato. I suicidi degli imprenditori sono una tragedia umana ma anche una denuncia politica non violenta, eppure vengono commentati come se fossero dei fatti di cronaca. In Italia di tasse e di fisco - non di crisi economica - si muore.

3 comments:

Dexter said...

Il premio nobel Milton Friedman disse “che se l'Italia si regge ancora è grazie al mercato nero ed all'evasione fiscale che sono in grado di sottrarre ricchezze alla macchina parassitaria ed improduttiva dello Stato per indirizzarle invece verso attività produttive”.

Insomma, se uno ha 300.000 € è meglio che si compri una Ferrari piuttosto che regalarli allo Stato per avere in cambio un aumento di spesa pubblica per finanziare servizi pubblici non richiesti e non scelti.

Anonymous said...

Si sono inventati anche la tassa sui sogni "Lotterie, tassate le vincite. Il 6% all'erario oltre i 500 euro" fonte tg com.
raf

JimMomo said...

Bella citazione, la triste realtà è quella, sono stato meno esplicito per non espormi all'apologia di reato :-)