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Wednesday, November 14, 2007

Il primo governo delle controriforme

Oggi dovrebbe essere il D-Day, il giorno in cui dovrebbe verificarsi la spallata, o l'implosione, che dovrebbe far cadere il Governo Prodi sulla Finanziaria. Tutti gli occhi sono puntati su Dini e i suoi, che ieri hanno mandato un segnale.

Nessuno sa come andrà a finire, ma che a Berlusconi riesca o meno il colpo con tanti squilli di tromba annunciato, il processo di logoramento della sua leadership è ormai in atto e può essere rallentato o accelerato, ma è nell'ordine naturale delle cose. Se infatti Berlusconi gode ancora di un grande consenso popolare, che lo rende indispensabile come leader del centrodestra, appare sempre meno in grado, sicuramente meno di quanto lo fosse nei suoi ultimi e caotici anni di governo, di frenare la legittima aspirazione alla visibilità e alla leadership di Fini e Casini, quindi di garantire la compattezza della coalizione e la stabilità, l'efficacia, di un suo eventuale nuovo governo.

Anche se dall'opposizione sono meno evidenti, il centrodestra ha grandi problemi di sfarinamento e disgregazione, appare informe, nel vuoto di idee, i nuovi equilibri ancora tutti da ritrovare, il rischio è che neanche Berlusconi, se tornasse a Palazzo Chigi, riuscirebbe a durare più di due anni.

E qualsiasi sia l'esito delle votazioni di oggi al Senato non cambierà il bilancio di questo governo, osservava ieri, su La Stampa, Luca Ricolfi, sempre lucido, impeccabile e implacabile nella sua critica. A Scalfari ha risposto ironicamente che sì, «si può approvare o criticare l'operato di questo governo, ma non si può certo dire che se ne sia stato con le mani in mano». Dopo due leggi finanziarie e una serie di decreti e disegni di legge si può affermare che questo governo ha chiuso la stagione di quelle riforme ritenute urgenti dal 1992.

Dal 1992 al 1997 «molto fu fatto per scongelare un Paese ingessato, e l'opera di scongelamento - sorprendentemente - andò avanti chiunque fosse al governo». Dal 1998, dalla caduta del primo Governo Prodi, «il ritmo delle riforme si è fatto sempre più lento e contraddittorio». Dal 1998 al 2005 «i conti pubblici sono sempre peggiorati, mentre le grandi riforme economico-sociali sono sì andate avanti, ma con un ritmo via via più lento». Infine, con l'attuale Governo Prodi «il processo riformistico non si è semplicemente interrotto, ma ha subito una vera e propria inversione di tendenza... ha dato avvio a una stagione controriformistica». È vero, «il governo si limita a galleggiare, ma questo non significa che non faccia nulla: fa quel che ritiene necessario per sopravvivere, e purtroppo questo necessario per sopravvivere consiste in un progressivo, lento ma tenace, smantellamento dei risultati della stagione precedente».

Tre evidenze: la controriforma delle pensioni, «siamo il Paese europeo con la spesa sociale più squilibrata a favore della previdenza (e a scapito degli ammortizzatori sociali), e ci permettiamo - unici in Europa - di varare una legge che abbassa l'età pensionabile (da 60 a 58 anni)»; «l'ennesima ondata di stabilizzazioni dei precari, che chiude ogni opportunità a quanti - soprattutto donne e giovani - sono semplicemente capaci e meritevoli, ma privi di precedenti lavorativi nella pubblica amministrazione». Terzo, questo è «il primo governo che vara manovre che anziché correggere i nostri squilibri li aggravano, e inoltre lo fanno intenzionalmente, ossia non per sbaglio ma programmaticamente».

Nel caso dell'Italia, sottolinea però Ricolfi, «il rompicapo sta nel fatto che i suoi problemi strutturali stanno diventando sempre più complicati, mentre le coalizioni che dovrebbero affrontarli stanno diventando sempre più deboli» e questo riguarda tanto il centrosinistra quanto il centrodestra.

3 comments:

Anonymous said...

Ma se questa casta è debole.
A chi dobbiamo rivolgerci?
Ai tecnici?
Ai poteri economico-finanziari?
Ai generali?
Al potere religioso?
Al commissariamento europeo?
All'unità nazionale?

Ma quanto tempo abbiamo ancora?

Anonymous said...

quello che possiamo fare è votare meglio.
Votare chi pensiamo faccia quelle riforme di cui l' Italia ha bisogno e che gli altri Europei già hanno fatto.
A noi non resta che....votare.
Cerchiamo di farlo meglio

Antonio said...

ricolfi scrive cose giuste, più o meno come giavazzi o jimmomo stesso. non si capisce come mai abbiano votato unione. e comunque il bipolarismo non si tocca. è una delle poche cose buone che abbiamo.