Nella lettura del voto sulla Finanziaria al Senato i commentatori commettono a mio avviso un evidente errore nel dare un peso eccessivo alla sconfitta di Berlusconi. L'ho già detto, la sua leadership - per motivi anagrafici, alleati "affamati" e mancanza di idee - è in via di deterioramento, come la coalizione, ed è un processo inarrestabile. Ma cosa volete che importi agli elettori se al Senato è stato "spallato"? Credete che qualche potenziale elettore di centrodestra, o qualche arrabbiato deluso da Prodi, davanti alla scheda si ricorderà che Berlusconi non è riuscito a far cadere Prodi il 15 novembre 2007, oppure che è stato quello che più ci ha provato? Dopo tutto, nonostante le intemperanze, le "(s)pallate", la sua voglia di rivincita solo personale, il vuoto di idee, Berlusconi è sempre il leader che più di tutti sa essere anche "fuori" dal Palazzo. Stato mentale in cui, nonostante tutti i libri sulla "casta", i giornalisti di questo paese non si ritrovano proprio. Quella di giovedì scorso di Berlusconi è una sconfitta dentro il Palazzo, non fuori.
Può davvero esserci una «nuova stagione» finché Prodi rimane avvinghiato al governo? Veltroni sembra l'unico a crederlo, ma neanche lui, in fondo, lo crede possibile. Anche lui ha fretta di chiudere con Prodi e tornare al voto, perché sa che non può sottrarsi dal sostenere il Governo Prodi, ma ogni giorno che passa paga un prezzo salato in termini di logoramento della sua immagine di "nuovo".
Hanno vinto di un soffio; hanno occupato tutte le cariche istituzionali; hanno rifiutato il dialogo pur conoscendo l'inconsistenza della maggioranza al Senato. Ne è venuto fuori un governo nel migliore dei casi paralizzato, nel peggiore disastroso. Inoltre, non è che il voto di ieri abbia definitivamente scongiurato l'ipotesi di una caduta traumatica, che è nelle mani di Dini e dei suoi personalissimi calcoli, nei prossimi delicatissimi passaggi parlamentari, come quelli sul protocollo welfare che abolisce lo scalone e, di nuovo, sulla Finanziaria. «Da qui alla fine dell'anno vedremo i provvedimenti che arriveranno e non avremo esitazione a votare contro, qualora li ritenessimo inadeguati». E, in particolare, sul protocollo welfare: «Se viene annacquato, noi votiamo contro e siamo pronti a far cadere il governo». E' pur vero che, per quanto la sinistra comunista e massimalista possa tirare la corda sul protocollo welfare, è difficile che la tiri a tal punto da costringere Dini allo strappo, perché a quel punto, se il governo cade, dovrebbe rendere conto ai propri elettori del mancato raggiungimento dell'obiettivo centrale, l'abolizione dello scalone Maroni, sacrificato per rincorre dei dettagli. Poco credibile.
Tuttavia, alla luce di tutti questi fatti (dall'aprile 2006 ad oggi), obiettivamente, come si può chiedere all'opposizione di dialogare sulla legge elettorale e sulle riforme istituzionali, con Prodi ancora a Palazzo Chigi? In condizioni normali nessuno dei partiti del centrodestra si sarebbe dimostrato disponibile, ma oggi un qualche interesse, per un verso An e Udc (il logoramento della leadership berlusconiana), per un altro la Lega (una legge elettorale proporzionale che ne metta in risalto la forza) lo hanno. E gareggiano a chi è più disponibile.
Casini ha ragione: Berlusconi, alla fine, si siederà a parlare con Veltroni. Ma solo una volta caduto Prodi. E, vedrete, non potrà che essere così. A Fini e Casini fa comunque gioco la fuga in avanti, ma il dialogo vero potrà partire solo dopo Prodi, con il coinvolgimento di Berlusconi, che a quel punto potrà dialogare senza sentirsi responsabile agli occhi degli elettori di essere complice della sopravvivenza di una tale esperienza di governo. E' Veltroni che si dovrebbe prendere la responsabilità di dichiarare conclusa una fase politica, quella dell'Unione. A quel punto, anche Berlusconi, che grida "elezioni subito", potrebbe vedere conveniente trovare un'intesa sulle riforme.
Caduta di Prodi ed elezioni nel 2008 sono due richieste nient'affatto irricevibili da parte di Veltroni, visto l'operato del governo e l'inconsistenza della maggioranza, se vuole seriamente aprire un dialogo vero sulla legge elettorale e le riforme. Se poi, con questi numeri al Senato, Veltroni intendesse anche riforme che rendano necessario cambiare la Costituzione, sarebbe evidente il tentativo meramente dilatorio.
D'altra parte, è verosimile anche quanto afferma Fini: «Il governo cadrà un secondo dopo che si avrà certezza che dopo Prodi non si torna subito alle urne con l'attuale legge elettorale». E' ragionevole supporre che sia questo il retropensiero di Veltroni e della maggioranza. E allora una nuova legge elettorale sarebbe la via più veloce che può percorrere l'opposizione per mandare a casa Prodi.
Tuttavia, la situazione appare bloccata da una reciproca e anch'essa fondata diffidenza: è evidente che Veltroni preferisca elezioni nel 2009, ma a mio avviso con una nuova legge elettorale non disdegnerebbe di votare anche nel 2008, proprio come vuole Berlusconi. Se non altro perché si risparmierebbe il logorio di un altro anno di Governo Prodi da sostenere. Il problema è che Berlusconi non si fida - e fa bene - perché teme che il dialogo sia strumentale alla sopravvivenza di Prodi; d'altra parte, neanche Veltroni può fidarsi: non è detto, infatti, che sacrificando Prodi per ottenere la disponibilità di Berlusconi, a quel punto il Cav. non determini le condizioni per un fallimento del dialogo per tornare subito alle urne.
Ecco come la situazione mi sembra bloccata.
Guardate, a scanso di equivoci. Io penso che ormai Berlusconi sia una palla al piede per il centrodestra e per il paese, come Prodi. Entrambi lo erano nel 2006 e lo sono ancor di più oggi, elementi di blocco verso qualsiasi evoluzione. Senza Berlusconi, può darsi che la destra divenga peggiore di com'è oggi, certo, ma c'è anche una piccola possibilità che diventi migliore. Sicuramente, con Berlusconi, non potrà essere nulla di più e di altro di ciò che è oggi: divisa, senza idee, inconcludente, seppure probabilmente sempre meglio di Prodi. Rimango sempre più convinto che sia necessario liberarsi di entrambi: di Prodi e di Berlusconi. Ma, viste le circostanze attuali, prima di Prodi.
4 comments:
ma come Jim, nemmeno una parola da spendere sullo straordinario, inimmaginabile, commovente, emozionante,fantastico,fondamentalerisultato politico degli ultimi anni: la moratoria dell' Onu sulla pena di morte?
adesso che ho letto il tuo post
confermo e approvo: prima prodi
Resto della mia idea.
In prima istanza trattano sulla legge elettorale e aspettano il referendum d'accordo col PD.
Per non arrivare al referendum, dall'esito scontato, i partitini dell'Unione fanno cadere il Governo e si va a votare con questa legge elettorale.
In seconda istanza si arriva ad un inciucio tra Berlusconi e Veltroni sulla legge elettorale: si corre tutti da soli con sbarramenti da paura. E così si passa dal bipolarismo al bipartitismo.
Ma anche in questo caso Prodi cade per colpa dei cespugli di centro e di estrema sinistra.
Anche Andreotti dice che si andrà a votare con questa legge.
Berlusconi va sempre misurato con un metro diverso da quello con il quale si misura la politichetta degli altri.
Ciao
grande, cazzo, i radicali che parlano come schifani. certo che se uno preferise berlusconi storace e la santanché (perchè questo ormai il è il trio di giro del nuovo centro destra del cav), libero di farlo, ma per favore che non venga a contarci palle sul liberimo e l'atlantismo e l'innovazione e questo e quello. il materiale politico ed umano con cui sta prendendo forma la nuova avventura berlusconiana è, se possibile, ancor più ripugnante di quello passato.
[z.]
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