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Wednesday, November 26, 2008

Mattinata di ordinaria burocrazia romana

Ho appena combattuto, e vinto (senza spargimenti di sangue, per fortuna), la mia buromachia.
Il motivo che mi ha spinto a recarmi nell'ufficio noto a Roma per essere tra i gironi più infernali della nostra burocrazia è banale. Continuano ad arrivarmi solleciti di pagamento per una multa che il giudice di pace ha annullato ormai ben oltre 5 anni fa. L'avviso in cui si comunicava che la sentenza era stata depositata è stato certamente inviato anche alla mia controparte - il Comune di Roma - che evidentemente però non si ritiene uguale a me di fronte alla legge e quindi non ha pensato di andare a ritirare in tribunale triplice copia della sentenza.

Ebbene, dopo 5 anni mi arrendo e decido di portargliela io una copia. Mi reco quindi di buon ora all'ufficio contravvenzioni nella famigerata Via Ostiense 131. Sono le 8:39 e l'ufficio dovrebbe essere aperto da 9 minuti. Trovo, invece, una trentina di persone in attesa sul pianerottolo. Poco dopo una signora si affaccia - suppongo un'impiegata - per avvisarci che oggi l'ufficio rimane chiuso al pubblico, perché manca il riscaldamento. L'atmosfera, però, comincia subito a riscaldarsi, e la gente a inveire e ad imprecare.

Effettivamente un avviso sulla porta informa di un non meglio identificato "stato di agitazione" del personale per la mancata accensione dei riscaldamenti. Solo che è datato "26 novembre". "E' uno sciopero?". "No", mi viene risposto. Chiedo allora se sia regolare che, senza preavviso utile, un non meglio identificato "stato di agitazione" si concretizzi nell'interruzione del servizio al pubblico. Ma non mi viene risposto. Dopo qualche minuto di discussione qualcuno minaccia di chiamare i carabinieri e come per incanto le porte si aprono.

La piccola folla viene fatta defluire verso il banco dell'accettazione, da dove com'è prassi ciascun utente viene dotato di "numeretto" e indirizzato agli sportelli. Ma non è finita qui. Al bancone ci accoglie del personale, che però ci avverte che gli sportelli rimarranno chiusi. Ottenere il proprio "numeretto" non ha alcun senso. Nelle parole e negli occhi della direttrice trapela il panico di fronte alla gente che comincia a perdere la pazienza. Per lo meno adesso la situazione ci appare più chiara. Primo, nonostante la sala sia molto grande, all'interno l'ambiente mi (ci) sembra abbastanza caldo, certamente più che sulle scale, ma questa è una mia sensazione personale.

Secondo, con una certa sorpresa capiamo che i dipendenti in realtà sono tutti lì. Non è uno sciopero, ci troviamo di fronte a una sorta di protesta "selvaggia". Mi chiedo: se non si può lavorare perché fa freddo, perché i dipendenti rimangono tutti lì dentro, suppongo avendo timbrato il cartellino, e semplicemente si rifiutano di aprire gli sportelli al pubblico? Non mi sembrava possibile che fosse un comportamento lecito, ma sarei stato pronto a ricredermi. Se fa troppo freddo per lavorare, te ne vai assumendoti le tue responsabilità, proclami uno sciopero regolare, ma non rimani dentro a congelarti. Non è che forse cercano solo di arrecare un disagio senza rimetterci la paga giornaliera?

Finalmente si presentano due agenti di polizia e, guarda caso, la situazione si sblocca all'istante. In pochi secondi gli sportelli sono operativi, prim'ancora che gli agenti si potessero rendere conto di quanto stava accadendo. Bruscamente alcuni impiegati ci fanno notare che ora è tutto funzionante. Io, al telefono con lo 060606, vengo interrotto: "Sono aperti, sono aperti!"
"Sì, ma bisogna spiegare agli agen..."
"Vuole parlare con gli agenti o rimanere in fila?".

Se gli impiegati avevano certamente ragione a pretendere di lavorare in un ambiente riscaldato, tuttavia le modalità della loro protesta non erano legittime, visto che è bastato che comparissero due agenti di polizia all'ingresso per convincerli a riprendere il servizio, prim'ancora che qualcuno spiegasse loro il problema e si cominciasse a discutere. Dunque, mi permetto di commentare ad alta voce: "Ci voleva l'arrivo della polizia eh... Quindi, la vostra protesta non era così regolare". Subito il capetto della rivolta mi rimbrotta con aria di sfida: "I lavoratori e il sindacato non hanno certo paura della polizia!". "Infatti - ribatto - dovrebbero aver paura dei cittadini!".

5 comments:

Anonymous said...

Moltiplicalo per i giorni di apertura (eufemismo?), per il numero dei cittadini in fila quotidianamente (mica solo romani, però) e poi... benvenuto a Roma.

Anonymous said...

Ragazzi, questa roba è scandalosa. Oltre l'immaginazione e inaccettabile. Più ne sento di cose del genere più mi convinco di aver fatto bene ad abbandonare l'Italia (e Roma in particolare)...

Anonymous said...

avresti dovuto citarli in giudiio con atto di citazione in prevenzione e chiedergli il risarcimento danni.

ciao.

io ero tzunami

JimMomo said...

La realtà è che sommando le ore perse (due volte in tribunale, due a via ostiense), il costo delle ore di parcheggio, le scocciature e l'ansia di vedersi recapitare solleciti di pagamento, mi sarebbe convenuto pagare la multa anche se ingiusta.

Sergio Vivi said...

Tu affermi di avere vinto la tua battaglia.
Purtroppo la burocrazia non rilascia garanzie valide.
Può essere che, tra un anno o cinque, ti mandino un altro sollecito.
In ogni modo,complimenti e solidarietà.