La domanda è: ora come reagirà l'Europa beffata?
E' bene che si cominci a dirlo, perché tra poco sembrerà un nuovo complotto della cricca neocons. L'Iran ha mentito al mondo, alla comunità internazionale rappresentata dall'Agenzia per il controllo dell'energia atomica, a Francia, Germania e Gran Bretagna che si erano illuse di ammorbidire gli ayatollah con la politica dell'appeasement.
L'Iran ha candidamente annunciato di voler iniziare a "processare" 37 tonnellate di uranio - da cui si potrebbero trarre circa 100 chili di combustibile fissile arricchito per 5 cinque testate nucleari da 10-15 chilotoni - violando l'accordo (già disconosciuto dal nuovo Parlamento radicale) che nell'ottobre del 2003 raggiunse all’Aiea con Gran Bretagna, Francia e Germania. Ora tutto è più chiaro: l'intento iraniano era di aggirare le pressioni di Washington e Israele trattando soltanto con gli europei, ai quali promise la sospensione dei programmi nucleari finché gli ispettori dell'Aiea non avessero comprovato che i programmi erano limitati ad usi civili.
Ma da ottobre è apparso sempre più evidente l'opposto. Nonostante gli stessi ispettori abbiano riscontrato emissioni incompatibili con usi civili e coerenti con programmi militari, El Baradei, capo dell'Aiea, si affretta a correre in soccorso di Teheran e dice di non poter assicurare di avere pronto il suo dossier per novembre. La cantilena è la stessa: nessuna prova concreta, certo non tutto è chiaro, ma serve tempo, bla bla bla. Il 31 ottobre però è il termine fissato da Usa ed Europa prima di portare la questione del nucleare iraniano in Consiglio di Sicurezza e minacciare eventuali sanzioni. Oltre ad un probabile veto russo di fronte a tali iniziative, l'Iran sa così di avere il tempo dalla sua parte, un sostanziale via libera dall'Aiea. In Israele ridono dell'Europa. Come reagirà alla beffa? Nuovi strappi con gli Stati Uniti?
L'unica soluzione del problema iraniano è il regime change, da perseguire con le armi dell'attrazione di massa anziché con gli eserciti e le bombe, ma è l'unica politica: presto.
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