«... oggi il regime è impaurito, fragile e sa di esserlo: tanto che l'unico partito che poteva destabilizzarlo, il Ghad di Ayman Nour, è stato tenuto lontano con ogni mezzo, impegnando continuamente il suo presidente in vicende legali. Due settimane fa il grande sociologo e attivista Saad El Din Ibrahim è stato attaccato da squadristi durante una riunione dell'Egyptian Taskforce for Democracy. Il regime non è in grado di affrontare una normale dialettica di opposizione politica, sta compiendo passi indietro per paura. Ma è comprensibile: l'Egitto non vive nel vuoto pneumatico ma in una regione dove un "normale" assassinio politico come quello di Hariri ha portato in pochissimo tempo al ritiro dei siriani dal Libano, all'incriminazione del cognato di Assad. Cose che prima del 2001, mi dicono molti amici arabi, nemmeno i più visionari potevano aspettarsi. Nella regione tutto è in movimento, i governi sono in bilico. Per fortuna, ripeto. L'Egitto è parte di questo processo... No, non si torna indietro. Rispetto al 2000 la vera differenza è che ora tutto o quasi è pubblico, e sotto gli occhi di tutti. Ma c'è il rischio che il processo sia troppo lento e alla fine tutto risulti inutile. Nel mondo del 2005 la scelta dei tempi e fondamentale».
Tuesday, November 08, 2005
Osservatorio elettorale
La "primavera" del Cairo non è finita, nonostante quelle che si avvicinano sono elezioni che possono essere già definite farsa. Ne parla Emma Bonino a il Riformista.
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