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Friday, November 14, 2008

Una storia di ordinaria partitocrazia

Che le commissioni parlamentari di garanzia e di controllo siano presiedute dagli esponenti dell'opposizione è una buona prassi istituzionale da conservare. Ma ciò non autorizza l'opposizione a pretendere che la maggioranza di accetti a occhi chiusi qualsiasi candidato. E' politicamente evidente che Leoluca Orlando è tra le personalità meno adatte a ricoprire un incarico che richiede un comprovato spirito bipartisan, spirito del tutto assente nel partito di Orlando, l'Italia dei Valori.

La cosa strana è che Veltroni si ostini ad appoggiare la candidatura di Orlando, quando tanti parlamentari del suo partito potrebbero presiedere con maggiore equilibrio la Commissione di Vigilanza Rai. Non si capisce cosa ancora trattenga Veltroni dal rompere definitivamente con Di Pietro. Ogni fondamentale della politica indica che sarebbe nell'interesse del Pd che questa rottura si consumi. Eppure, Veltroni persevera al punto da indurci a supporre l'esistenza di un oscuro patto siglato con Di Pietro, nel senso che forse l'ex pm e schegge impazzite della magistratura hanno in mano carte che possono fare molto male al Pd e a Veltroni.

L'iniziativa del PdL di eleggere Villari, con il voto - andrebbe ricordato - di due parlamentari dell'opposizione, è senz'altro spregiudicata, ma istituzionalmente corretta. Mette in difficoltà l'avversario politico, sì, ma assegna la presidenza della Commissione a un esponente dell'opposizione, nonostante all'opposizione facciano riferimento già il presidente e due consiglieri del consiglio di amministrazione della Rai.

Più discutibili dal punto di vista istituzionale le reazioni scomposte di Veltroni e del Pd. Queste sì, atti di «imbarbarimento della politica». Capisco anche che il partito, vedendosi scavalcato, eserciti delle pressioni su Villari per farlo dimettere. Ma addirittura annunciare le sue dimissioni prim'ancora che le comunichi il diretto interessato mi sembra un sopruso, un atto di arroganza, e un vulnus istituzionale ancora più grave di quello che si contesta alla maggioranza. «Mi ha telefonato ora il senatore Villari, per comunicarmi che andrà dal presidente della Camera e dal presidente del Senato a rassegnare le sue dimissioni... Sì, credo che lo farà in queste ore, andrà dai presidenti di Camera e Senato», dettava Veltroni alle agenzie.

E invece, quelle ore sono già passate senza che Villari si sia dimesso. Incontrerà i presidenti, riferirà al suo gruppo, e poi prenderà una decisione. Il presidente della Repubblica Napolitano sembra non avere intenzione di esercitare un ruolo attivo nella vicenda («Non ho titolo per intervenire»), mentre Schifani e Fini annunciano di voler incontrare il neo-eletto. Ma l'esito di questi incontri potrebbe sconfessare Veltroni, indebolendo ancora di più la sua leadership già appannata. L'ipotesi che si profila infatti è che Villari assuma la presidenza per garantire l'inizio dei lavori di questa commissione (che dovrebbe essere interesse dell'opposizione far funzionare al meglio), cercando nel contempo di trovare una soluzione più condivisa per la presidenza.

All'interesse istituzionale che una commissione parlamentare di controllo possa svolgere il suo lavoro Veltroni sembra anteporre il rispetto di un accordo partitocratico tra il Pd e il partito giustizialista di Di Pietro. Possibile che un Pd dalla pretesa "vocazione maggioritaria" debba pendere dalle labbra di questo Orlando?

1 comment:

Anonymous said...

Grande Antonio, Grande Antonio!
Vota Antonio, vota Antonio!