Khamenei ha deciso: sta con Ahmadinejad, ordina di porre fine alle manifestazioni, ma non dichiara i candidati dell'opposizione (almeno per ora) nemici della Repubblica islamica. E forse, in questo senso, nelle sue intenzioni si tratta di un'offerta di riconciliazione, di parole a loro modo pacificatrici, per calmare gli animi e dire: in fondo siamo tutti fedeli alla rivoluzione. Tutti i candidati «sono figli ed elementi di questo sistema», dice, la competizione è stata interna, «non tra la Rivoluzione e i nemici ma tra componenti dello stesso sistema». Ma ha anche fatto capire che la sua pazienza sta per finire. Ha infatti ordinato di «porre fine» alle manifestazioni e minacciato i manifestanti che se continueranno «saranno puniti», chiedendo ai candidati dell'opposizione di «assumersi la responsabilità di fermare questo comportamento, che non è giusto e dà origine a caos».
«Forse c'è stata qualche irregolarità», ha concesso la Guida Suprema, ma «il margine della vittoria è stato ampissimo», «non è falsificabile», e comunque, se ci sono dubbi, questi vanno sciolti «seguendo la legge». «Non accettiamo azioni al di fuori della legge», ha aggiunto riferendosi evidentemente all'uso della piazza. Ha quindi, nella sostanza e nel loro esito, difeso la regolarità delle elezioni, assicurando che la Repubblica islamica «non tradisce il voto del popolo» e che «il sistema di voto in questo paese non consente i brogli». Affermazioni che credo agli iraniani appareranno ridicole, come questa volta non si berranno le accuse rivolte ai «nemici stranieri» - l'Occidente, l'America, la Gran Bretagna e gli europei sono stati direttamente chiamati in causa - che «si erano preparati» a mettere in dubbio la regolarità del voto «per arrecare danno al sistema vigente», per incrinare «la fiducia del popolo nella Repubblica».
Ma «il popolo ha scelto chi voleva» come presidente dell'Iran, ha detto Khamenei, facendo così intendere che in nessun modo dal riconteggio parziale uscirà un ballottaggio. Ha difeso Ahmadinejad («sono da respingere le false accuse immoralmente avanzate contro il presidente») e l'unica concessione ai suoi oppositori (con un occhio di riguardo al clero di Qom) è stata la difesa di Rafsanjani dalle accuse ricevute da Ahmadinejad in campagna elettorale: «Non accetto le accuse di corruzione lanciate a Hashemi Rafsanjani. Rafsanjani è un'alta personalità che ha dato il suo sostegno alla Rivoluzione e non si può parlare male di lui». Rafsanjani si acconteterà di queste parole?
Evidentemente Khamenei ha ancora fiducia nel suo potere, spende tutta la sua autorità a garanzia della regolarità del voto, e crede di avere la forza per far rientrare pacificamente nei ranghi Mousavi e gli altri oppositori. Vedremo dalla loro reazione se dietro il discorso di oggi c'è già un possibile compromesso, o se si è trattato di un azzardo della Guida Suprema. In ogni caso, è un aut-aut per Mousavi: fuori o dentro. Se continua a sostenere le manifestazioni, si pone al di fuori, tra i nemici della Repubblica islamica.
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