Se a dar retta alla copertura dei mainstream media si ricava l'impressione che domani in Iran si svolgeranno elezioni libere e corrette, come ha giustamente fatto notare Enzo Reale, mi sembra che corriamo un rischio ulteriore.
Come ha sottolineato Con Coughlin in un lucidissimo editoriale sul Wall Street Journal, «dopo aver sofferto tre decenni di isolamento internazionale e incessante rivoluzione islamica, si pensa che milioni di elettori democratici in Iran hanno la possibilità di esprimere il loro disincanto nei confronti della dittatura religiosa. Non è così». Solo i candidati approvati dal clero al potere infatti sono stati ammessi a concorrere. E questo è bene tenerlo presente in ogni analisi, in ogni editoriale, in ogni "reportage", come premessa necessaria di qualsiasi considerazione.
Il rischio ulteriore a cui accennavo è che, come accaduto per il "riformista" Khatami, in Occidente si ripongano eccessive speranze nel candidato che oggi si oppone ad Ahmadinejad: Mir Hossein Mousavi. Ricordare la delusione Khatami per non coltivare troppe illusioni in questo Mousavi e aspettarlo, se mai dovesse vincere, il che mi pare improbabile, alla prova dei fatti. Dopo tutto, come ricorda Coughlin, «provare a incoraggiare i moderati a prevalere a Teheran è stato il santo gral dei politici occidentali per decenni». Con Teheran bisogna guardare ai fatti, non etichettare come "riformista" chi si definisce tale, o chi si esprime in modo più moderato di Ahmadinejad. Il che è davvero troppo facile.
1 comment:
personalmente spero tanto che quel pastore di capre prestato al terrore, sia scalzato dal suo antagonista che sembrerebbe essere un po' più...umano.
io ero tzunami
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