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Friday, June 19, 2009

Quanta strada da Campo de' Fiori a Piazza Farnese

Quanta strada ha fatto Emma Bonino da Campo de' Fiori a Piazza Farnese! A poco più di un anno di distanza le poche parole pronunciate in due manifestazioni, quella del 19 marzo 2008 per il Tibet, a Campo de' Fiori, e quella di pochi giorni fa per l'Iran, a Piazza Farnese, sembrano appartenere a due persone diverse. Chi non conosce Roma può pensare che le due piazze siano molto distanti tra di loro, mentre sono a poche decine di metri. Bisogna quindi dedurre che la distanza è quella che c'è dalla poltrona di ministro a leader dell'opposizione. Evidentemente c'è una Bonino di lotta e una di governo. Versione del 17 giugno 2009:
«... mi rivolgo e vedo molti colleghi parlamentari anche della maggioranza: siamo proprio sicuri che vale la pena di invitare il leader iraniano? [al G8 ministeriale di Trieste, n.d.r.]... Siamo proprio sicuri che non è il caso di ripensarci, che non è il caso semmai di dare un segno? Che non è il segno né dell'isolamento, né dell'ostracismo né del bombardamento ma è un segno che dica ci sono limiti che non intendiamo avallare, ci sono violenze che non intendiamo dimenticare, ci sono repressioni che segnano una differenza, siamo differenti. Lo chiedo perché questa sarebbe un'occasione anche di fare delle cose insieme per il bene e per i diritti civili... già, credo, abbiamo ricevuto fin troppi dittatori con sfarzi degni di migliore causa. Forse non ripetere l'errore potrebbe essere utile a tutti».
Una «differenza» che evidentemente la repressione di un anno fa in Tibet non segnava, visto che il 19 marzo 2008 la Bonino con queste parole si dichiarava contraria a qualsiasi minaccia di boicottaggio delle Olimpiadi di Pechino:
«Probabilmente sarò molto meno applaudita di Bonelli, ma io penso che di fronte a problemi complessi il problema non è a chi le spara più grosse... il problema non è neanche della buona coscienza a buon mercato, soprattutto se la pagano altri. Il problema è forse quello di sostenere con un po' di umiltà non quello che noi pensiamo il meglio, ma intanto quello che il Dalai Lama chiede. E in tutti gli incontri che io ho avuto... mai, mai il Dalai Lama ci ha chiesto di isolare la Cina. Vorrei anche - tanto per non essere applaudita - dirvi che il problema più grosso è non dimenticare. Vedete, tre giorni di emozioni per la Birmania se lo ricorda ancora qualcuno? 24 ore per lo Zimbabwe, qualcuno ha insistito a fare qualcos'altro? Abbiamo isolato la Corea del Nord [*], qualcuno per caso gli punge vaghezza? Il nostro modo migliore, e il più facile, sembra apparentemente quello più netto. Il nostro problema non è punire centinaia di milioni di cinesi che stanno affacciandosi a un minimo di benessere... Non c'è nessuna ricetta miracolistica, c'è da inventare e perseguire nuovi strumenti costosi, anche personalmente».
«Tra le cose che il Dalai Lama chiede c'è di essere ricevuto dai governi», chiosava al termine dell'intervento Antonio Polito, facendo notare che il Governo Prodi, di cui la Bonino faceva parte, non l'ha ricevuto. Inoltre, quando durante la visita di un'ampia delegazione governativa italiana in Cina, nel settembre del 2006, Prodi arrivò persino a garantire il suo appoggio alla richiesta cinese di revocare l'embargo europeo sulle armi, in vigore dal massacro di Piazza Tienanmen, la Bonino non fece e non disse nulla, se non difendere anche in Parlamento, nei giorni successivi, la posizione espressa da Prodi sull'embargo.

«Ci sono momenti in cui bisogna dire basta», dichiara oggi la Bonino sempre a Piazza Farnese, commentando con un cronista il ministro degli Esteri Frattini, secondo cui «ci sono le condizioni perché l'Iran partecipi alla riunione ministeriale del G8 a Trieste». «Se anche di fronte ad episodi come quelli che stanno avvenendo in Iran in questi giorni non c'è una presa di distanza, è un messaggio grave per i democratici che nella democrazia hanno creduto, anche se siamo in una fase di real politik a tutto spiano».

Adesso è il momento di dire «basta» all'Iran, cancellando una presenza tutto sommato poco significativa - ma qui pensiamo che quel momento sia giunto da molto tempo - ma un anno fa, dopo la repressione in Tibet non era il caso di dire «basta» alla Cina? Non solo la Bonino si opponeva al boicottaggio, forse a ragione, ma in molte occasioni ha ribadito la sua contrarietà a qualsiasi gesto simbolico, a suo avviso utile solo ad alimentare il «cicaleccio» qui in Italia. Pensate a che «messaggio» dev'essere stato per il democratico Wei Jingsheng, iscritto al Partito radicale, Prodi che offriva a Pechino il suo aiuto per la fine dell'embargo europeo sulle armi.

Viene messa giustamente sotto i riflettori la «real politik a tutto spiano» italiana, ma i tanti fan di Obama (e i radicali sono tra questi), tranne poche eccezioni (il Riformista), non aprono bocca sulla real politik dell'amministrazione Obama e magari tornano pure a civettare di regime change, di rovesciare regimi, dopo aver demonizzato Bush.

* Mi pare che la Corea del Nord non sia stata mai affatto isolata ma ricompensata in ogni modo per la sospensione di un programma nucleare che ha poi sempre immancabilmente ripreso.

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