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Wednesday, November 21, 2007

Bruno Leoni, liberale rigettato dalla "cultura" dominante

Quarant'anni fa, a Torino, scompariva Bruno Leoni. Non aveva neanche 55 anni. Lo ricorda oggi, sul Sole 24 Ore, Salvatore Carrubba. E lo ricorda «protagonista del dibattito liberale dei suoi anni, a fianco di studiosi del calibro di Friedrich von Hayek», apprezzato all'estero, visiting professor alle università di Oxford e Yale e presidente della Mont Pelerin Society.

Eppure, «la sorte del suo pensiero rappresenta una delle pagine più tristi della cultura italiana». Il silenzio, l'indifferenza, il totale ostracismo che la sua opera conobbe, esprimono la cifra esatta del «ritardo» e del «provincialismo» che tuttora imperano nella cultura italiana. «Un ritardo di cui scontiamo ancora le conseguenze quando ci chiediamo stupiti perché la cultura liberale sia rimasta sostanzialmente minoritaria nel nostro Paese», osserva Carrubba.

Basti pensare che uno dei libri più importanti di Leoni, Freedom and the Law, pubblicato negli Stati Uniti nel 1961, non fu pubblicato in Italia che più di trent'anni dopo. In quegli anni, dominati da intellettuali marxisti (che spesso furono fascisti), dal dossettismo e da una cultura cattolica oltremodo sospettosa nei confronti del profitto e del capitalismo, un «velo d'oblio» coprì persino Luigi Einaudi.

Il rigetto di un intero filone culturale - appunto, quello liberale di Leoni e von Hayek - non mancò di produrre effetti negativi di cui stiamo ancora pagando il prezzo. «La cultura italiana si tagliò così fuori da filoni di pensiero che sono stati alla base della grande rivoluzione intellettuale che si produsse attorno alla metà degli anni '80» e che dal punto di vista politico - raccolta la lezione dalla Thatcher e da Reagan - portò alla conferma della validità delle idee liberali nel governo dell'economia. L'Italia, ahimé, ha perso quel treno, tra i tanti.

4 comments:

Maurizio said...

Rothbard lo cita ampiamente nel suo "libertarian manifesto", disponibile anche in italiano.

(Jim, ti imploro, cambia sto cappero di tema grafico di blogger, il 40% della gente usa firefox)

Anonymous said...

è triste che a destra il vuoto ideologico totale porti a questi tentativi di riempirlo creando falsi miti. più che a bruno leoni, rigettato dalla cultura(e punto) mi riferisco a Reagan. ma come si fa a pensare a Reagan come un liberale? ma cosa ha fatto di liberale? ha abbassato le tasse? si ma non la spesa pubblica facendo il peggio che un politico potesse fare tagliando lo stato sociale (con effetti drammatici negli stati uniti) tenendo alta la spesa pubblica (spese militari, con effetti drammatici nel resto del mondo) e creando quel circolo vizioso i cui effetti iniziano a essere evidenti solo adesso: debito pubblico spaventoso. liberale? no populista di stampo peronista. già la tatcher con tutti i suoi difetti era meglio, almeno lei era una liberale vera (ma anche lei i suoi disastri gli ha fatti). se questi sono i vostri riferimenti culturali poi non lamentatevi se venite rifiutati dalla "cultura dominante". vi rimangono solo i 7 nani austriaci,sempre loro. noia totale. banalità ideologiche smentite dai fatti, drammaticamente. il capitalismo non funge. facciamocene una ragione. è ora di cercare altre strade. gli anni 80 sono passati da un pezzo.JL

Anonymous said...

"In quegli anni, dominati da intellettuali marxisti (che spesso furono fascisti), dal dossettismo e da una cultura cattolica oltremodo sospettosa nei confronti del profitto e del capitalismo"

Qualcuno mi dica che e' cambiato qualcosa, da allora

8-P

Orso von Hobantal said...

Quando ho letto la libertà e la legge mi è improvvisamente apparsa chiaro la natura della quasi totalità dei problemi italici. Ovvio che da noi sia ignorato.
JL: Anche per me Reagan non era poi così liberale, proprio per i motivi da te elencati. Sottolineo però che quello che la storia ha dimostragto finora è che è il socialismo a non fungere, altro che "i 7 nani" le cui teori sono difficili da smentire, dato che non sono mai state applicate