«Entrano nel mondo del lavoro in modo svantaggiato. Fino a venti anni fa, la maggiore istruzione e lo sviluppo del sistema produttivo facevano sì che il salario di ingresso dei giovani fosse maggiore di quelle medio. Oggi è esattamente il contrario. Inoltre, la progressione salariale, basata solo sull'anzianità, intrappola i giovani di oggi a una carriera lavorativa e a retribuzioni inferiori rispetto a quelle dei padri. L'ingresso nel mondo del lavoro a tempo indeterminato è inoltre più difficile e lungo e dunque rende più lenta l'accumulazione dell'anzianità. Un circolo vizioso».L'idea per spezzare questo circolo sarebbe quella di un «contratto unico, in cui il livello della garanzia sale con l'anzianità. All'inizio della propria carriera lavorativa si può dunque essere licenziati con indennità basse, che crescono con il tempo».
Altra misura per far crescere i salari sarebbe quella di legarli alla produttività, ma significherebbe superare la logica del contratto collettivo nazionale, da cui deriva la maggior parte dello strapotere sindacale, a favore di una contrattazione a livello aziendale, in cui sia più facile verificare gli incrementi di produttività dell'impresa e, all'interno di essa, dei vari settori e dei singoli lavoratori.
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