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Saturday, November 17, 2007

L'importanza del successo della democrazia in Iraq

«A che punto è la libertà?». Un bilancio di Michael Novak, di cui Il Foglio riporta l'intervento a un convegno della Fondazione Liberal a Venezia.

Si chiede se «l'ampliamento della politica lincolniana che il presidente Bush ha annunciato nel suo secondo discorso inaugurale, la positiva promozione nel mondo intero del governo del popolo, per mezzo del popolo e a favore del popolo» si sia dimostrato «poco realistico», e quale sia oggi «la maggiore minaccia alla libertà». Dal secondo discorso inaugurale di Bush:
«Il grande obiettivo di porre fine alla tirannia è il lavoro concentrato di generazioni. La difficoltà dell'operazione non è una buona scusa per evitare di tentare... Alcuni hanno messo in dubbio l'appello globale alla libertà, sebbene questo periodo storico - quattro decenni caratterizzati dall'avanzamento più rapido della libertà che si sia mai visto - sia uno strano riferimento per questo dubbio... Non accettiamo l'esistenza della tirannia permanente perché non accettiamo la possibilità della schiavitù permanente».
La democrazia, ha spiegato Novak, è un obiettivo «moralmente degno», ma non «un inflessibile imperativo morale». Occorre saper «temporeggiare, fare un passo indietro per andare avanti in un tempo più propizio, spingere quanto più possibile». La democrazia richiede «una politica di compromesso - un passo avanti per mezzo del quale nessuno guadagna tutto ciò che desidera, ma ognuno guadagna almeno un po' - e una politica rispettosa delle beffe e delle tragedie, della legge delle conseguenze non intenzionali e del principio che il meglio è il nemico del bene». La democrazia è «il contrario dell'utopia: è un sistema umile e imperfetto, guidato da una moralità imperfetta e parziale, ma è un sistema che spinge in avanti verso il bene. A volte questo è soltanto il miglior bene ottenibile attualmente, un senso piuttosto misero del bene, ma nobile e maturo».

Così Bush «ha concentrato la sua attenzione nel far funzionare la democrazia in almeno una delle instabili nazioni dell'incendiario scenario mediorientale, sapendo che un solo esempio si sarebbe diffuso in maniera irrefrenabile». A che punto è, dunque, il faticoso progetto democratico avviato in Iraq? Novak cita le cifre del risveglio iracheno e del lento radicarsi di forme di vita associativa e civile, i risultati della nuova strategia del generale Petraeus, ma anche le atrocità degli acerrimi nemici di quel progetto.

La più grave minaccia alla libertà dei nostri giorni è il terrorismo islamico, a tutti gli effetti «una nuova forma di totalitarismo politico».

«Sebbene si nasconda dietro a una forma selettivamente primitiva di islam, e una volta che la sua maschera di autoinganno viene strappata, risulta evidente che si tratta di un movimento soprattutto politico. E' un movimento politico, militare e totalitario, come è evidente nelle sue espresse ambizioni, nelle sue energiche motivazioni, nei suoi fini e nei suoi metodi. Non ha alcun rispetto per le moschee musulmane, per le funzioni religiose, per gli imam o per i fedeli; li distruggerà indiscriminatamente se questo sarà nel suo interesse militare provvisorio... Dal punto di vista negativo, l'ambizione jihadista è ridurre all'impotenza la civilizzazione della libertà. Da quello positivo, la sua ambizione è costruire un nuovo Califfato dalla Spagna al Mare arabo e da lì verso oriente alle terre dell'Asia che abbondano di musulmani».

Ma la ricchezza del petrolio e il possesso di bombe nucleari spinge i terroristi a immaginare «di ridurre l'Europa, la Gran Bretagna e l'America del nord alla sottomissione... i jihadisti più arditi affermano che ridurranno gran parte dell'Europa al vassallaggio entro il 2030, attraverso la triplice pressione della continua immigrazione, della fertilità demografica e della radicalizzazione».

Le sue ambizioni di dominio e di un nuovo olocausto fanno dell'Iran uno dei maggiori e più attivi centri «del movimento internazionale della Supremazia musulmana».

«Il successo o il fallimento dell'esperimento democratico in Iraq è, quindi, di importanza storica per il mondo. In questo paese sarà deciso qual è il cavallo forte, che per natura attrae l'obbedienza delle persone, e qual è il cavallo debole, che si inginocchia in timida attesa dei coltelli scintillanti».

Eppure, nonostante tutto, «in occidente esistono molte persone che non vedono il fascismo islamico come minaccia».

1 comment:

Anonymous said...

Come finirà l’Italia leggete
Grande Benetazzo, come Domenico Gatti Aldo Grasso

BANCA MIA FATTI CAPANNA

Di Eugenio Benetazzo del Canna-Power Team

su
http://www.fottilitalia.com/
"il sito anti-italiano per eccellenza"