La "rivoluzione delle rose" in Georgia è davvero «finita ieri all'alba, nella piazza dove era cominciata, quando la polizia ha caricato per ordine di Mikhail Saakashvili i manifestanti dell'opposizione che chiedevano le dimissioni del presidente», come scrive oggi la brava e puntuale Anna Zafesova, su La Stampa?
Il presidente ha decretato lo stato d'emergenza e per tutta la giornata di ieri si sono susseguite le notizie della repressione poliziesca sui manifestanti, con «lacrimogeni, idranti, pallottole di gomma, manganellate, in tre ondate di scontri che sono proseguiti fino a sera», diffondendosi poi per tutta Tbilisi. La capitale georgiana «presidiata da soldati fedeli al presidente a ogni angolo, la tv di opposizione Imedi è stata occupata dalle teste di cuoio e ha interrotto le trasmissioni». Alcuni leader della protesta fermati e poi rilasciati, di altri «non si ha più traccia». Negli ospedali centinaia di feriti.
E' finito così, in un tragico già visto, il sogno democratico dei georgiani?
C'è differenza tra impedire alla folla, anche con la forza, di fare irruzione nella sede del Parlamento, e invece reprimere le opposizioni. Saakashvili attribuisce le dure manifestazioni di questi giorni a una cospirazione ordita da Mosca e ha già ordinato l'espulsione di tre diplomatici russi. Tuttavia, nell'ampio e frastagliato fronte della protesta si trovano personaggi improbabili nel ruolo di "agenti" di Mosca e la maggior parte dei partitini e dei grupppi sembra non voler mettere in dubbio la linea anti-russa e filoamericana del presidente, quanto contestare la corruzione e il nepotismo imperanti.
Certo, la situazione è molto confusa e non si può escludere l'attività sobillatrice di Mosca. Di quei missili russi caduti in territorio georgiano a quanto mi risulta non si è saputo più nulla e continuano le provocazioni in Abkhazia.
Eppure, qualche speranza nel presidente Saakashvili ancora la riponiamo. In fin dei conti ha ceduto alle richieste dei manifestanti, annunciando elezioni presidenziali anticipate il prossimo 5 gennaio. Contestualmente si terrà anche un referendum sulla data di convocazione delle elezioni parlamentari, previste per l'autunno del 2008 ma che l'opposizione vorrebbe anticipare. Nel giro di pochi giorni dovrebbe anche cessare lo stato d'emergenza proclamato ieri, «non conforme ai valori euroatlantici», ha intimato oggi un portavoce Nato.
Gli Stati Uniti hanno accolto con favore la decisione di indire elezioni presidenziali anticipate, auspicando il ritorno al più presto delle regole democratiche e della libertà di stampa. «Passi fondamentali per tornare alla vita democratica, necessaria per il regolare sviluppo delle elezioni», ha dichiarato Sean McCormack, portavoce del Dipartimento di Stato.
Le rose della rivoluzione democratica in Georgia rischiano di sfiorire, sia a causa della pressione russa, sia a causa del malgoverno e di eventuali tentazioni autoritarie di Saakashvili. Un presidente che risponde ai suoi contestatori indicendo elezioni presidenziali e un referendum lascia ben sperare. Ci auguriamo però che operi in modo da predisporre un contesto di regole e un clima tali da far svolgere liberamente le elezioni, perché l'inverno non torni a gelare le rose della democrazia georgiana.
1 comment:
Ci saranno altre occasioni ed altre rose sbocceranno, prima o poi. Purtroppo verranno innaffiate col sangue.
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