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Tuesday, November 20, 2007

Pd e PdL. Il grande gioco sulla legge elettorale

A questo punto è chiaro che sia Veltroni, rivendicando per il Pd una «vocazione maggioritaria», sia Berlusconi, sancendo la chiusura della CdL e dando il benservito agli alleati con la nascita del nuovo Partito della libertà, o del Popolo della libertà, mirino a presentarsi alle prossime elezioni "con chi ci sta" o, se necessario, da soli, l'uno senza la sinistra comunista e massimalista, l'altro senza gli alleati infidi e rissosi. Il problema è: con quale legge elettorale?

La rottura con la logica delle «coalizioni di guerra», come le definisce oggi Ostellino, porta i due partiti maggiori a misurare la compatibilità dei propri interessi nel dialogo sulla legge elettorale.

Dialogo difficile, per la comprensibile diffidenza reciproca. «Dobbiamo procedere con grande cautela, non possiamo rompere con alcuni dei nostri alleati che non vogliono questo sistema elettorale per poi scoprire che tutto ciò è servito a Berlusconi solo per riportare a casa Fini... se vediamo che Berlusconi chiede una data certa per le elezioni anticipate, se dice che bisogna andare alle urne subito dopo la riforma, noi lasciamo perdere perché dobbiamo innanzitutto tenere in piedi una maggioranza e un governo». Questi i dubbi attribuiti a Veltroni dal Corriere, mentre è ovvio che Berlusconi voglia assicurarsi che il dialogo non sia strumentale alla sopravvivenza di Prodi e al consolidamento del Pd e delle "armate" veltroniane.

Puntando a presentarsi da soli, Veltroni e Berlusconi scommettono sul fatto che gli elettori sapranno individuare nei due nuovi partiti - Pd e PdL - le forze politiche su cui concentrare i consensi, riducendo così al minimo il potere di veto e di ricatto dei partiti medio-piccoli, che hanno costretto gli ultimi governi all'immobilismo a fronte della necessità di riforme di cui il paese ha urgente bisogno. Ma presentarsi al voto senza alleati, con due leadership forti, indiscutibili presso le rispettive basi elettorali, basterà per produrre questo effetto? E' davvero indifferente, rispetto allo scopo che ci si prefigge, il sistema elettorale con il quale si voterà?

Antonio Polito, oggi su Il Foglio, descrive così le aspettative di semplificazione possibili con il modello tedesco:
«Una Forza Italia che si trasforma in Partito del popolo vale già più voti di una Forza Italia che si ripresenta agli elettori come faticoso compromesso con An, Udc e Lega. Così come un Pd che va da solo davanti agli elettori è più credibile di un Ulivo che dichiara di voler cambiare l'Italia, ma poi aggiunge che dipende da Rifondazione se avrà il permesso di farlo. In un sistema in cui l'unico voto utile è quello che va ai due partiti maggiori, le frange prendono meno voti con qualsiasi sistema elettorale».

Sicuramente il Partito del Popolo e il Partito democratico avrebbero maggiore credibilità ed eserciterebbero una maggiore forza aggregativa presentandosi da soli, con i loro programmi e i loro leader, piuttosto che imprigionati in alleanze che si sono già dimostrate fallimentari.

Il fattore determinante, però, è che gli elettori percepiscano che «l'unico voto utile è quello che va ai due partiti maggiori». Altrimenti, «le frange» non prenderebbero meno voti. Dunque, la nostra domanda è: quale sistema elettorale aiuta gli elettori ad afferrare questa percezione?

I sistemi che favoriscono un assetto sostanzialmente bipartitico sono quelli che inducono gli elettori a sforzarsi di votare, pur turandosi il naso, il partito del proprio schieramento che abbia maggiori possibilità di battere il primo partito dello schieramento opposto. Sono i sistemi uninominali, a turno unico o doppio, il proporzionale adottato in Spagna, ma anche la legge elettorale che uscirebbe dal referendum.

Assegnando infatti il premio di maggioranza al partito, non alla coalizione, di maggioranza relativa, al sfida si ridurrebbe di fatto tra Pd e PdL, e nessun altro partito potrebbe giocare un ruolo determinante per la formazione e la durata del governo.

Tuttavia, bisogna anche essere consapevoli del fatto che dichiarare oggi di volere, o di preferire, la legge elettorale che uscirebbe dal referendum, significherebbe di fatto affossarla. Se davvero quello fosse l'esito preferito, in questi mesi Berlusconi e Veltroni dovrebbero far finta di perseguire altro. Soprattutto Berlusconi: già accusato di populismo, se solo accennasse al referendum, avremmo la certezza che la Corte costituzionale boccerà il quesito. E non è detto che non lo bocci comunque.

Detto questo, temo che Berlusconi sia indifferente al sistema elettorale, basta che si voti. Temo che per lui conti solo la rivincita personale. E una nuova legge elettorale, qualunque essa sia, potrebbe assestare la "spallata" definitiva al Governo Prodi e portare dritti alle urne.

Se le prese di posizione a favore di una legge elettorale proporzionale «pura», seppure con uno sbarramento (che in ogni caso non sarà maggiore del 5%), o del modello tedesco, da parte di Berlusconi e Veltroni, non fossero opere di dissimulazione, allora ci sarebbe di che preoccuparsi.

Il proporzionale, infatti, è il sistema che per eccellenza lascia all'elettore totale libertà di optare per il partito che sente a lui più vicino, che lo induce a pensare che quello che va ai due partiti maggiori non sia affatto «l'unico voto utile».

Probabilmente le dimensioni di partenza del Pd e del PdL, e le loro forti leadership, permetterebbero ai due partiti di aumentare la propria forza elettorale. Ma una volta che ottenessero - nella migliore delle ipotesi - il 35%, sarebbero comunque costretti a formare governi di coalizione, cioè a scegliersi gli alleati di governo non prima, ma dopo le elezioni, sulla base di un programma da rinegoziare con essi. E si ritroverebbero di fronte i soliti soggetti (Lega, An, "Cosa bianca", "Cosa rossa") ancora più affamati di visibilità. Scusate, ma in uno scenario simile, pur semplificato, non riesco a intravedere nient'altro che un ritorno alla Prima Repubblica, alla partitocrazia degli anni '80, alle sue scene di estenuanti consultazioni e a quei governi che a stento stavano in piedi per più di un anno.

E' anche vero che con un proporzionale senza vincoli di alleanze potremmo finalmente verificare la reale forza elettorale di partiti come An e Udc, che anni fa partirono da percentuali inferiori al 5%. In altre parole: erano An e Udc a "trainare" la CdL oltre il 50%; oppure era la CdL, e il saldo legame con Berlusconi, a "trainare" i due partiti?

La sensazione è che le loro cifre elettorali siano "drogate", "gonfiate" dal fare parte di una coalizione di governo più ampia e che non saprebbero mantenerle facendo appello semplicemente alla loro specifica identità. E quindi, che Berlusconi in questi anni abbia salvato dalla marginalità questi partiti e ne abbia coltivato le ambizioni ben oltre le loro capacità e potenzialità politiche, ricevendone in cambio un'azione di logoramento ai fianchi.

Ciò non toglie che con un sistema proporzionale, a un PdL di Berlusconi che anche riuscisse a sfondare quota 35%, servirebbe sempre il misero 8% di Fini per formare un governo di coalizione.

Per il Partito democratico i rischi del proporzionale sarebbero maggiori. Perché alla prima sterzata riformista, e alla seconda a sinistra, rischierebbe di perdere nel primo caso pezzi di elettorato attratti sul lato sinistro, nel secondo pezzi attratti sul lato centrista.

Per tutte queste considerazioni continuo a ritenere che le operazioni Pd e PdL abbiano senso solo nell'ottica di un sistema elettorale uninominale, o per lo meno di un proporzionale capace di produrre effetti maggioritari, come quello che uscirebbe dal referendum.

3 comments:

Anonymous said...

Non ho seguito molto.
A me sembra berlusconi voglia un porporzionale con forte premio al primo partito (qui non so se solo o di una eventuale coalizione)vediam... in questo caso sarebbero i partitini a venire schiacciati, perchè nessuno li voterebbe. Chi voterebbe un partito sicuramente perdente?

P.S.

Se fosse un partito veramante liberale sto PPL sarebbe una vera novità e possibilità, anche perdente.


Panka

Anonymous said...

"Se le prese di posizione a favore di una legge elettorale proporzionale «pura», seppure con uno sbarramento (che in ogni caso non sarà maggiore del 5%), o del modello tedesco, da parte di Berlusconi e Veltroni, non fossero opere di dissimulazione, allora ci sarebbe di che preoccuparsi."

Cominci pure a preoccuparsi, caro Punzi...

Anonymous said...

Senza fare fantapolitica, c'è ancora un'altra opzione: che i due 35% si uniscano in una grosse koalitionen per le riforme fondamentali e poi se la rigiochino tutta in seguito.
Nel nostro Paese non ci sono limiti a queste cose. Tanto paghiamo sempre noi.

Infine, resta l'idea di Andreotti.
Non accade nulla e si ritorna a votare ancora con questa legge elettorale. Ma con le macerie sia nel cdx che nel csx. Un vero massacro.
Mi preoccuperebbe soprattutto un esito del genere.