Nel suo articolo per il New York Times, tradotto ieri dal Corriere della Sera, a mio avviso Robert Kagan coglie l'essenziale dell'odierna lotta tra il liberalismo e le autocrazie dei nostri giorni.
Non si vuole negare che l'inclusione in un'economia globalizzata e il commercio internazionale non producano una «liberalizzazione economica» che per molti versi favorisce e crea alcune precondizioni (maggiore reddito pro-capite e sviluppo di una classe media) importanti per una «liberalizzazione anche in campo politico», ma che questo esito non è affatto scontato, che non è un processo irreversibile, naturalmente destinato a compiersi. Viceversa, pare che la democrazia liberale non sia una forma di governo «semplicemente destinata alla vittoria». Forse nel lungo periodo, ma non inevitabilmente.
Alimentato dalla fiducia «nell'inevitabilità del progresso umano», dalla «convinzione che la storia avanza in una sola direzione», questo approccio deterministico, constata Kagan, è oggi fortemente messo in discussione dalla realtà di paesi come Cina, Russia, Venezuela e molti altri. Piuttosto, sembra che le autocrazie abbiano saputo «adattarsi» ai nuovi contesti economici e politici internazionali.
Nel caso di Russia e Cina, i governi autoritari si arricchiscono e si rafforzano grazie allo sviluppo economico e usano a proprio vantaggio il consolidamento dei poteri statali. Che il rispetto della legalità, una classe media e salde istituzioni statali debbano precedere lo svolgimento di libere elezioni è uno dei principali argomenti di quanti ci dicono che basta lasciare che le cose seguano il loro corso secondo le specificità di ciascun paese.
Ma spesso la legalità e le istituzioni che si formano sotto governi autoritari e sembrano rafforzarsi grazie ad essi possono trarre inganno: sono tutt'altro che imparziali - condizione essenziale per lo sviluppo della democrazia - più spesso sono ridotte a strumenti di potere nelle mani degli autocrati. Inoltre, «anziché rafforzare lo Stato, gli autocrati di solito sfruttano lo Stato, mantenendo le istituzioni deboli, poco efficaci e sotto il loro totale controllo».
Nelle conclusioni di Thomas Carothers, studioso del Carnegie Endowment, «l'idea che lo sviluppo della legalità sotto il totalitarismo sia un precursore naturale della democrazia è completamente sbagliata». È appunto «la mancanza di democrazia» in molti paesi ad impedire alla legalità di radicarsi. «L'autocrazia liberale» resta un mito.
Secondo Marc F. Plattner, «le libere elezioni non garantiscono forse il liberalismo, ma il liberalismo non può esistere senza elezioni libere». Sia gli esperti che la realtà mettono a dura prova la credibilità di quanti credono che «i totalitarismi spariranno da soli e senza grandi sforzi da parte delle democrazie». «Davanti alla tirannia, la passività non basta», conclude Kagan.
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