Pagine

Monday, November 26, 2007

Afghanistan. Non è un problema di retorica ma di politica

Saper compiangere il soldato Paladini, elaborare il lutto, riconoscere il nemico, usare il "lessico della battaglia", sono le preoccupazioni di Giuliano Ferrara, ma mi accontenterei di un governo che non spedisca i nostri soldati al fronte con le mani legate dietro la schiena. Perché neanche la retorica più "bellicista" potrebbe sollevare un governo, e un ministro della Difesa, dalla responsabilità di una missione militare mal concepita, che rende i nostri uomini bersagli quasi inermi degli attacchi nemici.

In un paese cosiddetto "normale" la tragica morte di un giovane soldato non avrebbe messo a tacere le polemiche - nel rispetto di un malinteso spirito di unità nazionale - ma queste avrebbero travolto ministro e governo, una volta evidente che a causa delle divisioni interne alla maggioranza avessero messo le nostre truppe nelle condizioni di essere viste dai talebani come il "ventre molle" della coalizione. E' così politicamente scorretto, a poche ore dalla morte di Paladini, discutere di responsabilità politiche e di dimissioni?

Il generale Arpino ha denunciato a Il Messaggero che la situazione politica della maggioranza di governo in Italia incentiva i talebani a concentrare gli attacchi contro i nostri soldati. «Sanno di correre minori pericoli» attaccando nelle aree presidiate dagli italiani, «sanno che, attaccando gli italiani, rischiano di meno e fanno aumentare le pressioni per il ritiro del contingente».

Il problema è che le truppe italiane in Afghanistan «non partecipano alla caccia al talebano... sono "no combat"... si limitano a fornire la cornice di sicurezza alle opere che fanno». In questo modo sono «esposti all'iniziativa altrui», diventano «un bersaglio preferenziale». «Se continuiamo così, diamo un'immagine dei nostri soldati, in teatro, che non è delle migliori», rispetto all'immagine degli altri contingenti che combattono. «Gli italiani rischiano di farsi la fama di quelli contro i quali è bene sparare perché così se ne vanno. La maggioranza politica, nel suo insieme, dovrebbe essere consapevole di questo pericolo. I militari italiani fanno meno paura degli altri al "nemico", e questo è un punto debole».

6 comments:

Giuseppe Lipari said...

come fa un uomo bomba a rischiare di meno attaccando gli italiani? se muore...
Ma noi non possiamo andare in guerra (ricordate quella cosa chiamata costituzione?).

(ps: perché non cambi lo stile di questo blog? leggere i commenti è un dramma, sto diventando vecchio io).

Anonymous said...

Per knuip.

E' una vecchissima polemica strumentale quella della nostra Costituzione.
Cmq, per completezza, leggiti il secondo comma dell'art.11 della ns. Costituzione: "consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni".

E' proprio questo che fanno i militari italiani in missione all'estero nel XXI secolo. Sotto l'egida dell'ONU, tra l'altro. Non come cagnolini di Bush.

Anonymous said...

bravo oftopic mi hai tolto la parola.......
aggiungio solo:
rischiano di meno nel senso che sono più sicuri di arrivare al bersaglio prescelto senza rischiare di essere intercettati prima con magari un giusto e doversoso colpo di arma in testa.
Il problema sono le regole di ingaggio.

Anonymous said...

Per knulp.

Premesso il pieno accordo con quanto scritto da offtopic, vorrei sottolineare che forse sarebbe il momento di riscrivere quel pezzo di Costituzione, frutto di una situazione eccezionale (i carri armati americani per istrada a Roma).

bebop

Giuseppe Lipari said...

carissimi, credo di aver toccato un tasto delicato. Il senso del mio post era il seguente: "non credo che la morte del nostro soldato sia da imputare alle regole di ingaggio, stabilite da questo governo in continuità con il precedente". In quanto all'accusa di polemica strumentale, io non volevo fare nessuna polemica. Io rispetto il lavoro di soldati che costruiscono ponti, strade e scuole in mezzo alla popolazione civile e sotto la minaccia delle bombe, senza per questo ammazzare dei civili. La polemica strumentale semmai la fa Arpino, e voi ritirando fuori le solite polemiche sulle regole di ingaggio.

Riguardo alla maggior facilità nell'attaccare gli italiani, è inutile che offenda la vostra intelligenza citando le statistiche sulla frequenza di attacchi suicidi ai vari contingenti in Iraq e in Afganistan. Ne' le statistiche di atti di terrorismo verso civili in paesi come l'India e il Pakistan. Ne' il fatto che palestinesi continuino a farsi saltare in aria in Israele nonostante le regole di ingaggio dell'esercito israeliano.

Infine, sull'opportunità di cambiare la nostra costituzione: io non credo sia ne' necessario, ne' opportuno di questi tempi, ma naturalmente ognuno ha le sue idee su come si porta avanti una missione di pace.

Allora, chi fa polemiche strumentali?

Anonymous said...

Per Knulp.

Non sono d'accordo con il generale Arpino quando sostiene che siano le regole d'ingaggio a rendere più rischiosa la missione militare per i nostri soldati. Penso però che queste regole siano lo specchio di un'azione ambigua: si segue la NATO, ma non si combatte. E così in Libano, con l'ONU.
Ha ragione Knulp: se i nostri soldati combattessero insieme agli inglesi ed agli americani o se cercassero di disarmare Ḥizb Allāh ci sarebbero più perdite.
Ma avrebbe più senso lo sforzo, anche economico, compiuto dal paese.
Perché nelle missioni di pace occorre anche saper mostrare la "faccia cattiva" (tanto odiata dai pacifisti senza se e senza ma).

bebop
P.S. per quanto riguarda la "polemica strumentale" credo che il punto fosse strettamente legato alla citazione della Costituzione.