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Wednesday, November 07, 2007

Né facili né dovute, ma una volta tanto: dimissioni

Dunque, Daniele Capezzone una decisione, difficile, l'ha presa. Oggi ha annunciato in una conferenza stampa di aver trasmesso al Presidente della Camera Bertinotti la sua lettera di dimissioni dalla Presidenza della Commissione Attività produttive e dal Gruppo della Rosa nel Pugno, chiedendo di aderire al Gruppo Misto. «Vi sono circostanze - scrive - nelle quali il rispetto delle istituzioni, il rispetto di se stessi e il rispetto delle proprie idee ed obiettivi politici impongono scelte difficili e costose. Questo è a maggior ragione necessario ed opportuno se riteniamo che non tutto sia "Casta"...»

In un paese come il nostro, «l'istituto delle dimissioni vive una curiosa vicenda: le dimissioni vengono annunciate, ventilate, minacciate, magari richieste, ma - nella maggior parte dei casi - non si presentano, non si danno. E prevale, anche nei luoghi teoricamente meno sospettabili, un tetragono attaccamento al potere, o alle briciole di potere più o meno fragilmente e provvisoriamente conquistate». Le dimissioni - più spesso minacciate che presentate - servono non come atto di chiarezza, ma come strumento di ricatto per difendere o conquistare posizioni nell'abbuffata partitocratica.

Capezzone si dimette perché considera «esauriti, starei per dire esausti, la fase e l'assetto politici che determinarono» anche la sua elezione alla Presidenza della Commissione Attività produttive.

«Invano» Capezzone dice di aver «atteso che giungessero non parole o "segnali", ma fatti politici rilevanti, in particolare dalle componenti cosiddette riformiste di Governo e maggioranza... travolte e umiliate punto su punto, sistematicamente». Non solo il Governo, ma anche il Parlamento, data la situazione al Senato, non è nelle condizioni di decidere alcunché di positivo.

Elezioni subito, dunque? Sarebbe senz'altro meglio che ci fosse una nuova legge elettorale, meno oligarchica e possibilmente maggioritaria, ma sappiamo bene che ad oggi sembra irrealistico solo farci un pensierino. E il pensierino rischia invece di essere strumentalizzato per altri giochi. Basterebbero «pochi giorni, al limite alcune settimane, per capire se esiste davvero la volontà politica comune di cambiare la legge», osserva Capezzone.

Il rischio invece è che si utilizzi la ragionevole esigenza di modificare la legge elettorale per prolungare l'«agonia» di questa legislatura in modo da rafforzare la propria posizione in vista del ritorno alle urne. Mi riferisco in particolare a Veltroni, che sull'argomento non ha saputo fornire per ora un'indicazione, né una preferenza chiara, fosse anche un sì al referendum ed elezioni subito dopo. Certo, anche Berlusconi si muove per convenienza, e ha tutto l'interesse perché si voti quanto prima, ma dalla sua vi sono anche argomenti obiettivamente fondati.

Infatti, il prolungamento dell'«agonia» del Governo Prodi e della legislatura non è solo brutto a vedersi, è anche tremendamente costoso e dannoso per il paese. E' sotto gli occhi di tutti l'«uso politicamente assai grave del denaro e della spesa pubblica» in cui la maggioranza si sta esercitando in questi giorni. Ogni giorno che passa, non avendo la forza di porre la fiducia, il Governo è costretto a vedere saccheggiate le finanze pubbliche per centinaia di milioni di euro. Boeri e Garibaldi (lavoce.info) hanno denunciato il meccanismo del "tax push": «Quando le entrate tributarie aumentano, si finisce sempre per trovare un modo di spendere queste risorse aggiuntive anziché utilizzarle per tagliare il debito». Altro che rientro dal debito pubblico, la voragine aumenta senza freni e verrà consegnata in eredità alle generazioni future.

Elezioni "salto nel buio"? Forse, ma c'è da chiedersi se non siamo già nel buio pesto per cui convenga tentare un salto.

Capezzone si dimette anche dal Gruppo parlamentare della Rosa nel pugno e chiede di aderire al Gruppo misto. E' ormai evidente a tutti che il Gruppo della Rosa nel pugno «sopravvive oggi, di fatto, pressoché esclusivamente come strumento tecnico attraverso il quale diverse organizzazioni e realtà partitiche perseguono i loro attuali (e fra loro diversi) scopi e traiettorie». Ma soprattutto, questi appaiono ben diversi dagli obiettivi dichiarati in campagna elettorale. Capezzone esercita dunque la sua libertà di mandato: agli elettori spetta giudicare chi abbia disatteso quel mandato, se Capezzone, i Radicali italiani e/o lo Sdi.

La decisione di dimettersi porta con sé vantaggi e svantaggi. In un paese così cinico il bel gesto, oggi premiato con affettuose e interessate pacche sulle spalle, verrà pagato con una minore visibilità e una minore influenza all'interno della "casta" e delle lobby. Capezzone ha però rimarcato un'importante differenza dal resto del ceto politico e si potrà dedicare maggiormente a Decidere.net e a rilanciare la scommessa sui 13 punti.

Le dimissioni da un ruolo di tale visibilità, soprattutto per un politico così giovane e non ancora radicato nella "casta", non sono affatto una scelta facile, e di sicuro non dovuta, come qualcuno pretende. Dimissioni non dovute per la sua "sfiducia" al governo, dal momento che la presidenza di una commissione è una carica parlamentare e non governativa, e poiché il singolo deputato è l'unico responsabile di come interpreta il mandato conferitogli dagli elettori.

Né dovute per il semplice fatto di ritenere le elezioni anticipate, pur con l'attuale pessima legge elettorale, un male minore rispetto all'«agonia» di governo e legislatura. Anche una valutazione radicalmente negativa dell'operato del Parlamento non comporta automaticamente l'abbandono di tutte le posizioni da cui si può incidere, seppure certamente sia tra i comportamenti coerenti dopo che si sono lungamente, ma invano, invocati e attesi fatti politici nuovi. Dimissioni, semmai, che la componente riformista della maggioranza potrebbe cogliere come occasione ulteriore di riflessione su se stessa (che però, a giudicare da queste prime ore, non sembra voglia raccogliere).

P.S. Pare che l'occupazione di qualcuno sia diventata quella di impartire lezioni e pretendere di farlo, in modo assai poco elegante, sulla base della propria ricostruzione di conversazioni telefoniche e riunioni riservate, al fine di far apparire (ex) amici degli stupidi portaborse. Il fatto che io non smentisca, che non replichi, non significa certo che sottoscriva tali ricostruzioni. Il fatto che non opponga mie ricostruzioni non significa che non ne abbia. Il fatto che pubblicamente non lamenti scorrettezze nei miei confronti non significa che non siano accadute; né il fatto che mi astenga dal fare ironia (o satira) significa che non abbia del materiale per poterla fare. Sono consapevole di correre il rischio che mi si rinfacci di non avere argomenti, ma lo preferisco di gran lunga al partecipare ad una zuffa che mi addolora ancora di più.

4 comments:

Anonymous said...

stesso commento anche qui:

continuo a non capacitarmi di questa fenomenale scissione del quark :(

Maurizio said...

Gruppo misto? Ma come? Ci entra o non ci entra in forza italia? E nei riformatori liberali?

Dai Federico, non tenerci sulle spine. Tu lo sai di sicuro.

Anonymous said...

tutto da ridere

Anonymous said...

articolo smaccatamente incensatorio dall'ufficio stampa del deputato in questione...

Speriamo che non diventi un altro DellaVedova.