Pagine

Tuesday, February 26, 2008

Ichino nel Pd viene già lasciato solo

Da Ideazione.com

Il Partito democratico candida il giuslavorista Pietro Ichino, lo espone alla violenza verbale della sinistra comunista e lo lascia solo, ignorando nel programma elettorale le sue proposte. "Ichino è bravo e darà sicuramente un grande contributo, ma il programma del Pd contiene delle cose diverse dalle sue", rispondono al Loft. Tiziano Treu è dovuto intervenire per ricordare che lo studioso parla a titolo personale. Lo stesso Ichino ammette, nell'intervista rilasciata ieri a l'Unità che ha dato luogo alle reazioni più infiammate, che nel Pd c'è sì un consenso di massima sulla «flexicurity», ma «con idee e proposte diverse sul come». E «condurle a una sintesi operativa sarà l'impegno dei prossimi mesi». D'Alema, sprezzante come al solito, chiude così il caso Ichino: «E' intelligente, coraggioso e creativo. Fare il commentatore, però, è diverso che fare il politico». Insomma, la candidatura di Ichino dà credibilità al riformismo veltroniano, ma nel programma del Pd le sue proposte non ci sono.

Anche il programma del PdL, dalle anticipazioni fin qui pervenute, sembra ignorare il grande tema del mercato del lavoro, come se la pur ottima Legge Biagi (solo una parte delle idee del professore ucciso dai terroristi comunisti) fosse esaustiva. Giuliano Cazzola, intanto, su L'Occidentale si chiede perché Ichino non sia stato candidato da Berlusconi. Sarebbe stata la personalità più idonea ad occupare il posto che fu di Marco Biagi nel Governo Berlusconi. Sarebbe stato un invito "alla Sarkozy", cioè nell'ottica del superamento del rigido schema destra/sinistra a vantaggio di un approccio riformatore che si vorrebbe bipartisan.

Ma «se il Cavaliere non ha colto l'occasione - ragiona Cazzola - una ragione ci deve essere. Basta scorrere le prime anticipazioni del programma del PdL che girano al largo delle tematiche "dure" del lavoro. Per non parlare – solo per carità di patria – della polemica di Giulio Tremonti contro la globalizzazione». Così in questa campagna elettorale che si sta aprendo sia il Pd che il PdL rinunceranno a parlare con chiarezza agli italiani e chiunque vincerà le elezioni non potrà farsi forte della legittimazione necessaria per realizzare le coraggiose riforme che servirebbero nel mercato del lavoro.

Intanto, il giuslavorista continua a subire dai comunisti della "Cosa rossa" una demonizzazione purtroppo persino peggiore di quella che la Cgil di Cofferati riservò a Marco Biagi. Ma qual è la pietra dello scandalo? Udite udite: il prof. Ichino propone di risolvere il problema della precarietà nell'unico modo possibile: praticamente abolendo l'articolo 18 del vecchio Statuto dei lavoratori.

Le attuali tutele della stabilità del posto di lavoro, osserva Ichino su l'Unità, «si applicano soltanto a 3,6 milioni di dipendenti pubblici e a 5,8 milioni di dipendenti di aziende private sopra i 15 dipendenti. In tutto, circa 9 milioni e mezzo, su di una forza-lavoro di oltre 22. Restano fuori quasi altrettanti lavoratori in posizione di dipendenza: non solo quelli delle piccole imprese, ma anche i collaboratori autonomi, i lavoratori a progetto, gli irregolari. Questo dualismo, questo regime di apartheid è la grande ingiustizia del nostro sistema attuale di protezione. Poi ci sono gli esclusi totali».

Quella «metà non protetta dei lavoratori... porta sulle spalle tutta la flessibilità di cui il sistema ha bisogno; mentre nella metà protetta l'inamovibilità genera inefficienze gravi e anche posizioni di rendita inaccettabili. Il precariato permanente è l'altra faccia dell'inamovibilità dei "lavoratori regolari"». E' più facile divorziare che porre fine a un rapporto di lavoro dipendente. «Più questi sono inamovibili - spiegava Ichino in un suo editoriale di qualche tempo fa - più è difficile, talvolta impossibile, accedere al lavoro stabile e protetto per quelli che stanno ancora fuori della "cittadella". È quello che gli economisti chiamano mercato del lavoro duale».

La causa della precarietà sta nel fatto che solo una piccola fetta dei lavoratori, gli outsiders non garantiti, sopporta il peso e i rischi della flessibilità dei contratti cosiddetti "atipici". Per ridurre la precarietà bisognerebbe "spalmare" quel rischio, riequilibrare l'area delle tutele, riducendola agli insiders ultragarantiti che continuano a usufruire di una stabilità anacronistica, che neanche tiene conto del merito, ed estendendola agli outsiders.

Ma come? Se si esclude l'abolizione per legge della flessibilità, un sogno della sinistra comunista, che condannerebbe i giovani al lavoro nero o alla disoccupazione, i rimedi fin qui tentati si sono limitati a «spostare qualche precario tra i protetti» e a «dare qualche modesto contentino ai molti condannati a restar fuori». Politiche cui sono ricorsi abbondantemente sia il centrodestra che il centrosinistra in questi anni, spesso aumentando la spesa pubblica.

Se si vuole davvero combattere efficacemente questo «apartheid» nel lavoro, «la strada è una sola», avverte Ichino: un «contratto unico a tempo indeterminato per tutti i lavoratori dipendenti, ma a stabilità progressiva», che preveda cioè «una protezione della stabilità crescente con il crescere dell'anzianità di servizio», e «disciplinato in modo che siano garantite la necessaria fluidità nella fase di accesso al lavoro dei giovani e una ragionevole flessibilità nella fase centrale della vita lavorativa». E che tutti ne portino il peso in ugual misura (outsider, insider, imprese): in poche parole, rendere un po' più instabile chi è dentro per rendere un po' più stabile chi sta entrando.

Dopo un periodo di prova di sei/otto mesi (con un forte sgravio contributivo sotto i 26 anni), l'articolo 18 si applicherebbe soltanto ai licenziamenti disciplinari, discriminatori o di rappresaglia. Per quelli dettati da esigenze aziendali, invece, sarà soltanto il costo del provvedimento, l'indennizzo, a tutelare il lavoratore, penalizzando l'impresa che ne faccia abuso: «Chi perde il posto senza propria colpa ha sempre automaticamente diritto a un congruo indennizzo, crescente con l'anzianità di servizio in modo che la protezione sia più intensa nella parte finale della vita lavorativa; e ha diritto a un'assicurazione contro la disoccupazione disegnata secondo i migliori modelli scandinavi, con premio interamente a carico dell'impresa, che si aggrava al crescere del numero dei licenziamenti». Così Ichino riproduce nella sostanza l'effetto che avrebbe avuto il referendum proposto nel 2000 dai radicali.

Minori tutele sul posto fisso degli insider, tagliare i vincoli ai licenziamenti, in modo che le aziende possano liberare risorse oggi "sequestrate" da interi settori o singoli dipendenti improduttivi e investirle su personale giovane e qualificato. Oltre a essere flessibili ma meno "precari", i primi contratti di lavoro per i giovani sarebbero anche più sostanziosi e allettanti.

E' proprio questo che intende anche il governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, quando suggerisce di «ripartire più equamente i costi derivanti dalla maggiore flessibilità» e indica «modi, sperimentati anche in altri paesi, per contemperare le esigenze di imprese competitive con le aspirazioni dei lavoratori che entrano nel mercato, con i bisogni di stabilità e crescita professionale di coloro che già vi sono».

Gli studi dimostrano infatti, che esiste una correlazione tra la rigidità del mercato del lavoro e i bassi salari. In Italia si registrano i livelli salariali più bassi tra i principali Paesi Ue, in particolare nelle mansioni più qualificate. Il posto fisso lo paghiamo con una busta paga leggera, ma soprattutto, l'inamovibilità degli ipertutelati è causa della precarietà e pesa sulla busta paga - di 800 euro, quando va bene - dei lavoratori flessibili.

9 comments:

Anonymous said...

Perchè Pietro Ichino ha accettato la candidatura?
Consiglio di Paolo Mieli?
Perchè non li molla come fece a suo tempo Nicola Rossi?
Non bastavano quei libbberali, libbberisti e libbberali dei pannelliani per non dire le stesse cose?
Tra un po' D'Alema, il modestissimo, dirà che Walter va benissimo per fare la campagna elettorale, ma... che la politica è un'altra cosa.

Anonymous said...

A costo di ripetermi...

E' l'Italia, baby, e tu non puoi farci niente... Niente!

E neppure io...

Come ha scritto quell'altro in un altro commento: Ci vorrebbe Rambo...

Anonymous said...

Caro federico, dov'è la videopillola della riunione con la quale il Network ha deciso di schierarsi con il Pdl?
Non credi che una politica ad alta velocità richieda pure un'alta trasparenza?
Valerio

JimMomo said...

Valerio, puoi smetterla di fare il disco rotto?

Ti rispondo una volta per tutte ma poi vai altrove.

1) Dov'è il comunicato in cui si dice che "il Network ha deciso di schierarsi con il Pdl"?
2) Decidere.net non è un partito.
3) Sono i radicali che hanno fatto delle riunioni di Direzione pubblicate su internet il loro vanto. Ebbene, una di quelle più cruciali, di martedì scorso, sull'accordo con il Pd, non è ancora stata pubblicata.

Anonymous said...

Sul fatto che decidere.net non sia un partito non ci piove, non è neanche tante altre cose. Di sicuro sarà qualcosa, ma io giuro che non ho ancora capito cosa.
Giancarlo

Anonymous said...

la rincorsa al voto cattolico, la riffa che s'è sviluppata attorno ad esso, mi sta facendo sorgere seri dubbi su chi beneficerà del mio stronzo suffragio.

questo benedetto voto cattolico, praticamente se lo vogliono spartire tutti, così l'udc residuale del giovane boy-scout pier...altrettanto la famigerata udeur della faina ceppalonese...tanto l'impalpabile rosa bianca di puffo pezzotta, della premiata ditta tabacci&baccini e del defilato monticone pure lui...quanto un poco di pietro ed i suoi fedeli giustizialisti...senza dimenticare la lista pro-life(razione) del neocatecumenale gf...che non è l'acronimo del grande fratello ma di giuliano ferrara...come pure tutte le svariate frattaglie similcattoliche che sono ampiamente presenti - e visibilissime -, in tutti e due gli schieramenti maggiori, tanto nel pd quanto nel pdl.

nessuno di questi figuri farà mai le riforme tanto agognate...in nessuna "materia"...perché tutti sono stati presi in ostaggio dalla bramosia del potere, esercitato attraverso la retorica dell'ossequio alla dottrina sociale della chiesa.

i centristi di professione, beati loro...attraversano sempre il loro perpetuo stato di allucinazione mistica.

vedono finanche le madonne.

i berluscones ed i uolteristi, a furia di cospargersi il capo di cenere nel tentativo di redimersi dai loro peccati originali, si sforzano di rappresentare le più svariate istanze...diciamo di stampo riformista, almeno così loro dicono...ma a conti fatti, noi sappiamo bene che è solo fumo negli occhi e ci chiediamo...sarà mica colpa dell'incenso che utilizzano nelle loro liturgie paracattoliche???...perché è vero che l'impronta dello statalismo, tanto di matrice democristiana quanto comunista ovvero, delle due chiese laiche che ciascuna ad uso e consumo proprio, sono state integralmente pervase dalle aspettative della citata dottrina sociale, già professata da un'altra chiesa più famosa...è un'impronta indelebile.

per questo i riformisti che sono tali non solo in pectore...saranno stritolati da tutte le parti.

tutte.

figuriamoci, bertinotti che con un'inflazione dell'8%...vuole riesumare una specie di scala mobile transgender, alla quale gli scienziati veterocomunisti, nel buio dei loro laboratori più segreti, hanno fatto il liftig all'automatismo troppo pronunciato...

veltroni...che da provetto statalista cineasta, propone il minimo contrattuale garantito senza se e senza ma, adottando un copione che stravolge i principi minimi della libertà contrattuale.

silviokan...che ha messo sul piatto lo stesso disco che andava di moda qualche anno orsono, che già s'è inceppato allora ed oggi, seppur riproposto digitalizzato, rischia di suonare ancora stonato...

almost noises.

praticamente...siamo tutti rovinati perché se questi sono i propositi, professati da quali autori...allora vuol dire proprio che l'economia continuerà a crescere poco...l'innovazione?...sconosciuta.

i privilegi corporativi delle troppe società intermedie che gestiscono la cosa pubblica...persisteranno, immutati ed immutabili.

l'invadenza dello stato sarà un concetto sempre in auge e per l'effetto, il capitalismo italiano sarà sempre assistito.

e questi ostacoli al giusto funzionamento di un'economia "di mercato"...saranno impossibili da superare per qualsiasi, inane governo perché con la pancia piena...non si fa la rivoluzione.

figuriamoci quella genetico-culturale!

amen.


ciao.

io ero tzunami...

Anonymous said...

Scusa Federico, come mi hai detto in un precedente commento, è "evidente che non so leggere". Me ne scuso ancora, preventivamente, ma mi pare sia la prima volta che mi rispondi in merito.
Non sarete un partito, ma dalle dichiarazioni che rotano in hp credo sia evidente vi siate schierati con il PdL. Inoltre il vostro Leader ha spiegato di essere a disposizione per il grande progetto del PdL...non è schierarsi questo?
Beh, io credo che un trasparentone come te - che all'unico partito italiano che mette le sue riunioni e direzioni online si mette a fare le pulci - sia legittimo chiedere che le vostre riunioni siano video-pillo-registrate, no? Troppa grazia? Lo potresti fare presente nelle riunioni? Non credi sia utile aumentare la trasparenza del Network?
Ciao!

MattBeck said...

Ichino è una delle poche notizie positive e incoraggianti sul PD, che si sta trasformando sempre di più in una triste e mesta polenta pasticciata Ulivo-style.

Andrebbe sostenuto il più possibile, anche e soprattutto dalla cosiddetta base, per evitare che venga fagocitato e reso "innocuo" dai partitocrati che lo circondano.

Anonymous said...

Apprezzo Ichino e trovo che le sue riforme siano al passo coi tempi.
ho espresso oggi oggi il mio parere sul mio blog..
sarei interessato a un confronto, pareri e punti di vista. per chi volesse..