Tirando le somme dal primo confronto tra i due programmi economici di Pd e PdL, nelle interviste a Rossi e a Brunetta ieri su la Repubblica, c'è di che rimanere preoccupati.
Renato Brunetta scommette su un tesoretto la cui esistenza è sempre più incerta. L'altro giorno Il Sole 24 Ore ha addirittura dedicato un'intera pagina a un probabile buco di 7 miliardi di euro e la Corte dei Conti giorni fa denunciava una spesa corrente «fuori controllo».
L'obiettivo di ridurre dell'1% sia la spesa pubblica che la pressione fiscale nel 2008 va nella direzione giusta, ma non mi sembra poi così coraggioso e adeguato alle urgenze che sta soffrendo il nostro Paese. E inoltre appaiono obiettivi alla portata anche di Veltroni.
Ancor meno coraggiosi gli impegni sulla riduzione fiscale. Non si parla, per ora, di veri e propri tagli delle aliquote, ma di interventi sulla cosiddetta «contrattazione di secondo livello»: detassazione degli aumenti salariali legati ai risultati e degli staordinari. Una mancia che, se non proprio impercettibile rischia comunque di non modificare in modo apprezzabile le buste paga. Forse capace di provocare un breve sussulto alla produttività, ma certo non di produrre effetti rilevabili sul potere d'acquisto.
Escluso, per ora, un intervento sulle pensioni. Ciò significa che i giovani, precari e non, continueranno a pagare di tasca propria pensionati neanche sessantenni, a non vedere uno straccio di riforma per rendere universali gli ammortizzatori sociali né all'orizzonte la loro futura pensione.
Gli unici impegni forti anticipati da Brunetta sono l'abolizione dell'Ici e il pareggio di bilancio già nel 2009, che darebbe fiato alla nostra economia. Riguardo le liberalizzazioni, Brunetta sostiene che «il clima è cambiato anche nel centrodestra: decideremo favorendo i consumatori, senza riguardi». Promette che non verrà adottato il metodo Bersani, che «concertava con gli amici e decretava sui nemici». Sarà, ma intanto sembra contraddirsi nella stessa intervista, invocando «spazio al mercato nelle utilities locali» e tacendo, guarda un po', sulle professioni, avvocati e notai.
Anche Nicola Rossi, economista di sinistra liberale chiamato da Veltroni a elaborare il suo programma economico, cita come area di un primo intervento la «contrattazione di secondo livello»: detassazioni «strutturali» legate alla produttività.
E la sorpresa è che, pur senza impegno, almeno Rossi a differenza di Brunetta cita le aliquote, «una diversa struttura» da finanziare con gli extragettiti o con tagli alla spesa. E aggiunge liberalizzazioni a palate, ma pare nessun taglio dell'Ici.
Insomma, da queste due interviste si scorgono impostazioni molto, troppo simili. Entrambe poco coraggiose, rivelano che i loro autori sembrano non aver ancora preso le misure alla crisi italiana. Un approccio timidamente riformista del PdL, invece che nettamente liberale, in campagna elettorale potrebbe favorire il Pd. Che sia stato Rossi, e non Brunetta, a parlare di aliquote dovrebbe allarmare i liberisti del PdL. Se a ciò aggiungiamo il solito Tremonti, che con i venti di recessione economica vorrà proteggere l'Italia dai mercati e non nei mercati, per ora appare ben poco - troppo poco - di liberale e liberista nell'offerta del PdL.
2 comments:
D'altronde non dovranno lavorare fianco a fianco nei prossimi mesi?
E' ovvio che entranbe non dicano alcunchè di innovativo e coraggioso!
Perchè invece, sui diritti civili, le cose vanno meglio?
Tra Ferrara e la Binetti?
Prepariamoci piuttosto al ritorno del Papa Re, dei Cavalieri di Malta, dell'OpusDei, dei Ciellini buoniultimi e di tutta una mega rete in opera per il salvataggio del Paese da D'Alema a Casini, da Montezemolo a Berlusconi, da Mieli a Sartori, con buona pace del...
futuro.
Correggimi entranbe con entrambe, please.
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