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Monday, February 16, 2009

Creazionismo keynesiano

Venerdì scorso è stato finalmente approvato dal Senato americano, poche ore dopo il voto favorevole della Camera, il piano di stimolo all'economia fortemente voluto dal presidente Obama, che dovrebbe apporre la sua firma già oggi. La versione definitiva stanzia 787 miliardi di dollari. Al Senato tre senatori repubblicani hanno votato con i democratici, permettendo alla maggioranza di raggiungere i 60 voti necessari per bloccare l'ostruzionismo, ma è sostanzialmente fallita l'ambizione bipartisan di Obama. Alla Camera invece l'opposizione dei repubblicani è stata compatta: 246 sì e 183 no. Dei 787 miliardi, circa il 38% andrà in sgravi fiscali per singoli individui e imprese, il 24% in programmi pubblici e infrastrutture e il 38% in aiuti "sociali".

Ma i critici del piano respingono questa ripartizione, sostenendo che in realtà non c'è nulla di "stimolo" all'economia. Si tratta al 100% di spesa pubblica. E «non funzionerà». Ne è convinta Veronique de Rugy («l'ultimo insulto ai contribuenti»), che riportando su Reason.com alcuni studi sulle crisi del passato conclude che se il piano funzionasse «sarebbe il primo caso nella storia».

Il primo problema del piano è che rimborsi fiscali temporanei non vengono usati dalla gente per aumentare i consumi, ma per ripianare debiti già contratti e anche se i produttori dovessero registrare un aumento delle vendite, sanno che è solo temporaneo e non assumeranno più impiegati né apriranno nuove fabbriche. Il secondo problema sta nella presunzione che il governo sappia spendere 800 miliardi meglio del settore privato. «Investiremo in ciò che funziona», assicura il presidente Obama, ma «la politica più che i principi economici guidano l'intervento del governo. I politici dipendono dai lobbisti, dai sindacati, le corporazioni, i gruppi di pressione, i governi statali e locali, quando decidono come spendere il denaro dei contribuenti». Ma il problema più grande è che «il governo non può iniettare capitali nell'economia senza prima prelevarli dall'economia stessa. La spesa pubblica non aumenta la ricchezza nazionale o gli standard di vita; semplicemente la ridistribuisce. La torta è divisa diversamente, ma non è più grande».

Stuzzicante la provocazione di Max Borders, che su Tech Central Station parla di Creazionismo keynesiano. Come i creazionisti vedono nella natura un "disegno intelligente", così i dirigisti credono che un gruppo ristretto di intelligenze possa disegnare e governare dall'alto l'economia. Se non che, aggiungiamo noi, i primi almeno ricorrono a un'intelligenza divina, sovrumana.

Se di solito con il termine «fondamentalisti del mercato» si intende accusare di dogmatismo chi crede che il mercato funzioni meglio dello stato, paragonando così la fiducia nei meccanismi di mercato alla fede nella Creazione, è invece la fiducia nelle capacità del governo a somigliare alla fede in Dio. «Sostituite Dio con il Governo. La congregazione con il Congresso. Il Messiah con il Presidente. I creazionisti con i keynesiani». Secondo Borders, «l'economia non può essere gestita o riparata da un'elite tecnocratica», perché è complessa e si comporta «come un ecosistema e gli ecosistemi non possono essere aggiustati nello stesso modo delle macchine».
«L'algoritmo darwiniano in economia non lascia all'intercessione di un Keynes o di un Krugman più spazio di quanto la natura abbia avuto bisogno della mano di Nostro Signore per produrre il bulbo oculare o il flagello dei batteri... Come chiameresti qualcuno che crede che l'economia possa essere diretta, riparata o gestita da un "disegno intelligente"? Come definiresti una persona che onestamente pensa che, con un tratto di penna legislativo, il governo possa "creare posti di lavoro"? Come si chiama una persona che crede che aiuti a pioggia dall'alto avranno come esito un qualche magico "effetto moltiplicatore" che aumenterà la ricchezza geometricamente, come i pani e i pesci?»
Sono «creazionisti keynesiani». E il piano di stimolo approvato dal Congresso è «poco più che un atto di fede che nasconde un'espansione senza precedenti del potere dello stato».
«La natura inefficiente dell'allocazione burocratica delle risorse, in assenza di indicatori come i prezzi di mercato, renderà gli aumenti di produttività che si potranno ottenere, riportando la gente al lavoro più velocemente, al massimo un "risciacquo". La spesa pubblica sottrae risorse agli usi produttivi e le impiega in attività meno produttive. Il cosiddetto "effetto moltiplicatore" non funziona. Alcuni economisti hanno dimostrato che, in tempi difficili, disponendo di risorse aggiuntive molte persone ripianano i loro debiti piuttosto che consumare più beni e servizi. Invece di pompare soldi nel sistema - spostandoli da altre parti o stampandoli dal nulla - dovremmo pensare a regole adeguate (che conferiscano prevedibilità al mercato) e a corretti incentivi (che incoraggino gli imprenditori a competere per i soldi dei consumatori, non per la loro generosità)».
Max Borders conclude citando l'economista Arnold Kling:
«L'aritmetica è qualcosa di sorprendente. Se le persone ad avere un ruolo significativo saranno 500, e lo stimolo di quasi 800 miliardi, vuol dire che in media ciascuno di loro sarà responsabile di oltre un miliardo e mezzo del nostro denaro, da spendere più saggiamente di quanto saremmo in grado di fare noi. Posso immaginare un saggio tecnocrate prendere cento mila dollari, o forse anche un milione, dalle famiglie americane e spenderlo in modo più avveduto di quanto avrebbero fatto quelle famiglie. Ma 1,5 miliardi? Credo che non ci sia essere umano così intelligente da saper allocare velocemente e in modo saggio 1,5 miliardi di dollari».

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