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Tuesday, August 23, 2005

Aspettando la democrazia irachena/2

Se volete trascorrere queste ore che ci separano dall'evento storico dell'anno con qualche buona informazione, leggetevi Magdi Allam di stamani sul Corriere della Sera. Sviluppi positivi su federalismo e ruolo della sharia.
«... il nuovo Iraq non sarà una teocrazia islamica. Il riferimento all'Islam come "una fonte principale della legislazione" è una connotazione presente nelle Costituzioni di altri Paesi arabi laici, tra cui Siria ed Egitto. Ugualmente laddove si afferma che "nessuna legge contraria ai principi dell'Islam potrà essere approvata", subito dopo si aggiunge che "nessuna legge sarà adottata se contraddice i diritti umani e i principi democratici"».
Ciò che sta per accadere lo spiega perfettamente anche Il Foglio. Anche qui leggiamo che l'«elemento innovativo e quasi eversivo nel contesto islamico e mediorientale» è il federalismo, il fatto che «lo Stato cessa di essere "arabo" e diventa invece federale».
«Tutti i regimi limitrofi (Iran, Siria e Arabia Saudita) e anche quelli più lontani (Egitto, Libia, Tunisia e Algeria) mal riescono a fronteggiare il contagio di un Iraq democratico, di una Costituzione nata dalle urne di una consultazione vera e pluripartitica; ma ora a questo elemento di innovazione se ne aggiunge un altro: il decentramento del potere su base regionale.
(...)
Nella sua Costituzione Khomeini ha stabilito che "la sovranità è di Allah", nella Carta irachena, invece, la sovranità è del popolo e il popolo iracheno, grazie al contingente multinazionale, è in grado di intervenire nel processo democratico di formazione delle leggi con una forza che non ha pari in nessun altro paese islamico; questo permetterà di sviluppare una legislazione in cui, finalmente, si vedrà l'Islam moderno e democratico alla prova dei fatti».
Anche Emma Bonino, domenica su la Repubblica faceva notare come la sharia di per sé non sia un disastro, non ipoteca la possibilità della democrazia, perché alla base dell'integralismo c'è sempre e comunque una manipolazione politica della religione. Spingendosi fino a dire che «l'Islam è molte cose, ma quasi tutte sono sinonimo di tolleranza». Certo, oggi chi è convinto di questo è parte minoritaria, o silenziosa, o oppressa, del mondo islamico.

Una lettura confermata dalle attiviste irachene, anche loro festanti. Per il ruolo della donna nel nuovo Iraq «la religione non è il nodo principale, ma sono le tradizioni tribali e "la mentalità conservatrice" a essere un ostacolo per l'emancipazione», dice Pauline, attivista cristiana irachena.

Le masse in festa nel Sud sciita e nel Nord curdo, i sunniti che invitano comunque a votare il referendum, non ci sono state raccontate, denuncia Magdi Allam. Mentre la notizia dall'Iraq di ieri era che l'accordo era stato raggiunto senza i sunniti e quella di oggi è l'attentato che ha ucciso 8 poliziotti a Baquba.
«Ora non ci resta che sperare che anche da noi, in Italia, in Europa e in Occidente, si aprano definitivamente entrambi gli occhi per vedere la realtà irachena per quella che è, non per quella che immaginiamo con i filtri ideologici che ce la fanno rappresentare come una successione di attentati terroristici che taluni hanno ancora l'ardire di qualificare come atti di "resistenza". Invito tutti a osservare le scene di giubilo di tanti iracheni, trasmesse dalle televisioni Al Arabiya, Al Iraqiya eAl Fayhaa, per l'approvazione della bozza della Costituzione. C'è una maggioranza di iracheni che, dopo essersi liberata da una delle più sanguinose dittature della Storia, esulta per aver riscattato il proprio diritto alla vita. Concentriamoci su questa maggioranza e smettiamola di farci del male enfatizzando e mitizzando la minoranza che propugna lo scontro, l'odio e la morte».
Anche Jimmomo, come Michael Ledeen, si sente tranquillo e sereno:
«I've been reading the Italian press on the Iraqi constitution, and some of the smarter commentators point out some things I think we've missed. First, there is hardly a country in the region without some language acknowledging Sharia as either "the" or "a major" basis for national legislation. But Iran, for example, says that Allah is the sole source of authority, while the Iraqi constitution says that the people are the only legitimate source of authority. This in itself is a revolutionary event. Big celebrations were under way among Kurds and Shi'ites, when the 3-day holiday was announced. These celebrations included lots of women, happy with the Bill of Rights that guaranteed freedom of religious choice, freedom for minorities, etc. The new constitution makes Iraq a Federal Republic, NOT an "Arab Republic," which is again revolutionary. And the federal nature of the new republic is revolutionary for the whole region. My favorite newspaper, il Foglio, comments: "All the neighboring countries (Iran, Syria and Saudi Arabia) and also more distant ones (Egypt, Libya, Tunisia and Algeria) have trouble facing the spread of a democratic Iraq, of a Constitution born from true multiparty elections, and now a new innovation has been added: the...decentralization of power."

So, while I'm still waiting for the final text, I'm feeling a lot better. I think Constitutions matter a lot. In the modern world where judges and lawyers rule, the written law is enormously important».

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