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Friday, December 14, 2007

Per le fumose stanze della Corte costituzionale

Sono due gli aspetti della bozza Bianco per la legge elettorale in grado di determinare o meno i desiderati effetti maggioritari e bipartitici: il voto singolo e la cosiddetta "correzione ispanica", cioè circoscrizioni di piccole dimensioni riguardo i seggi da assegnare. Il primo aspetto la bozza lo lascia alla discrezione dei lavori in commissione; del secondo aspetto, l'ampiezza delle circoscrizioni, a quanto mi risulta non si è ancora parlato, ma è un fattore davvero determinante.

Più il sistema diventa simile a quello tedesco, più ci sarebbe spazio per una forza centrista, per quella "cosa bianca" che sarebbe esiziale per l'alternanza; più si avvicina, invece, a quello spagnolo, più sarebbe favorito un assetto bipartitico che vedrebbe largamente maggioritari Pd e Pdl, e satelliti gli alleati.

Negli ultimi giorni ha cominciato a spirare una brutta aria. Contro l'accordo Veltroni-Berlusconi sono stati lanciati siluri mediatico-giudiziari lungo l'asse Palazzo-Chigi-procure-la Repubblica. I piccoli partiti hanno minacciato di non votare la Finanziaria e Mastella esplicitamente di far cadere Prodi, il quale, ovviamente, già si muove a tutela dei "nanetti" per motivi di autoconservazione. Oltre a Udc e Lega, anche An pare ormai convinta dell'ineluttabilità del sistema tedesco, soprattutto se la Consulta non dovesse ammettere il referendum.

Qualcuno dà già per spacciato il Vassallum. «Il CaW sotto attacco delle armate rosse e prodiane inizia a parlare tedesco», titolava oggi Il Foglio. All'interno del Pd mariniani, dalemiani, rutelliani e fassiniani sono tutti fautori del "tedesco puro", perché guardano alla possibilità di un'alleanza tra il Pd e una "cosa bianca", magari montezemoliana, l'unica che potrebbe riportarli al governo dopo il disastro prodiano, anche nel caso in cui il partito di Berlusconi ottenesse la maggioranza relativa. Lasciarsi convincere del modello tedesco sarebbe un azzardo per Berlusconi.

L'arma che finora Berlusconi e Veltroni hanno tentato di utilizzare per convincere i riottosi è quella del referendum. La legge che ne uscirebbe, infatti, produrrebbe in modo ancor più brutale gli esiti del Vassallum.

Ma oggi un retroscena di Federico Geremicca, su La Stampa, gettava pesanti ombre sulla Corte costituzionale, che sarebbe pronta ancora una volta a giocare il ruolo di conservazione da «suprema cupola della mafiosità partitocratica», per usare un'espressione di Pannella, al quale però, a quanto pare, non interessa poi tanto la sorte di questo referendum e del diritto dei cittadini a esprimersi.

Dubbi, cavilli, ma soprattutto «pressioni» per evitare il voto. La novità degli ultimi giorni, scrive Geremicca, è che «il responso rischia di essere assai meno scontato di quel che sembrava alcune settimane fa. Nei corridoi della Corte tira infatti un'arietta che, al momento, non lascia ipotizzare né un percorso tutto in discesa, né una facile unanimità».

Quel solito criterio di «immediata applicabilità della norma» così come uscirebbe dal referendum, che la Corte si è di sana pianta inventata per aumentare la propria discrezionalità nei giudizi di ammissibilità, lascia di fatto alla Corte lo spazio per una decisione politicissima: sono in gioco la sorte del Governo, della legislatura, la sopravvivenza dei piccoli partiti, l'assetto dell'intero sistema politico.

«Di scontato c'è poco o nulla», conclude Geremicca. Di certo c'è solo il «diluvio di pressioni».

Per Prodi, referendum o legge elettorale veltroniana, poco cambia: l'orizzonte è la caduta. Ma se per caso la Consulta bloccasse almeno uno dei quesiti referendari, quello che assegna il premio di maggioranza, allora al tavolo di discussione sulla legge elettorale Veltroni e Berlusconi si troverebbero con la pistola scarica. E a quel punto, se una nuova legge elettorale dovesse essere approvata, di certo i piccoli partiti riuscirebbero a strapparne una conveniente e il governo sarebbe salvo.

Il vertice di maggioranza sulla legge elettorale è guarda caso fissato al 10 gennaio, presumibilmente circa cinque giorni prima della decisione della Corte. Cosicché fino a quella data la pistola carica puntata sulla tempia sembrano averla Veltroni e Berlusconi, che non potranno usare fino in fondo il ricatto referendario. A quel vertice rischia di essere deciso il responso della Corte, o per lo meno qualcuno capirà quante e quali pressioni esercitare.

2 comments:

Anonymous said...

e questo significa che dal pantano non solo non si esce, ma ci si continuerà ad affondare sempre di più.
d'altronde casini si è sposato a siena non a caso.

Anonymous said...

in una qualsiasi delle regioni rosse, se non si è rossi, conviene assai di più essere dell'udc piuttosto che berlusconiano. si ha un potere contrattuale decisamente maggiore.