Pagine

Wednesday, December 05, 2007

Attenzione ai secondi Fini

Se con la nuova legge elettorale su cui forse si accorderanno Berlusconi e Veltroni l'unica differenza sarà che i partiti maggiori dovranno decidere le proprie alleanze dopo il voto, anziché prima, l'unico esito sarà che si troveranno a dover trattare con meno soggetti, ma ciascuno più "incazzato" e dal peso specifico più consistente.

Se Berlusconi fa bene a registrare l'«ottima» apertura al dialogo espressa da Fini attraverso l'intervista al settimanale Tempi che uscirà domani, farebbe bene però a cogliere tutto il messaggio che Fini gli manda. «E' chiaro che se Berlusconi pensa e dice: "Ma da soli dove vanno? Tanto io sono una potenza, sono io che ho in mano il pallino, la macchina da fuoco", io [Fini, n.d.r.] gli rispondo: verissimo, tu da solo magari arrivi anche al 35%, ma poi là ti fermi. Vuoi trattare dopo perché adesso non vuoi farlo per orgoglio? Auguri». Suona un po' minaccioso, certo, ma così stanno le cose.

L'obiettivo di Berlusconi e Veltroni con la nuova legge elettorale non dev'essere quello di poter decidere dopo il voto le alleanze per formare dei governi di coalizione, ma di non averne affatto bisogno. Due partiti, uno al governo. A questo scopo rispondono la legge che uscirebbe dal referendum, seppure brutalmente, e il sistema spagnolo, proporzionale con piccoli collegi.

Altre soluzioni, tedesche o proporzionali pure, rischiano di consegnare il pallino del gioco a un'ipotetica "cosa bianca", che per la propria ambiguità potrebbe allearsi una volta con il Pdl e la successiva con il Pd, o al Partito democratico, che a seconda del risultato ancor prima che per la compatibilità tra i programmi, potrebbe scegliere di allearsi con la "cosa bianca" o con la "cosa rossa". In entrambi i casi, addio alternanza.

Oggi Luca Ricolfi, su La Stampa, prova a delineare tre possibili scenari. Nel primo, si forma «una piccola Dc, ossia una formazione di matrice cattolica abbastanza forte da risultare indispensabile sia per una maggioranza di centro-destra sia per una di centro-sinistra». Il risultato «non sarebbe molto brillante», perché «il potere ricattatorio dei partiti minori, infatti, non verrebbe annullato, ma semplicemente concentrato su un singolo partito, che... potrebbe fungere da ago della bilancia non grazie all'ampiezza dei suoi consensi ma in virtù dell'ambiguità della propria collocazione politica».

In questo caso, «riusciremmo nel capolavoro di sommare i difetti della prima Repubblica e quelli della seconda: un partito di centro libero di praticare la "politica dei due forni", e un governo che non è scelto dai cittadini». Nel secondo scenario, la piccola Dc è davvero piccola, gli elettori polarizzano la loro scelta tra Pdl e Pd, ed effettivamente il potere di ricatto dei piccoli tende all'irrilevanza.

Ma Ricolfi ipotizza «una terza possibilità, più remota ma che non si può escludere del tutto». Il centro del sistema politico potrebbe essere occupato «anziché dalle forze del mondo cattolico, da sempre parte integrante del "partito della spesa", dalle minoranze riformiste e liberali presenti sia nei partiti sia al di fuori di essi. Penso a uomini politici come Daniele Capezzone, Bruno Tabacci, Giorgio La Malfa, Nicola Rossi. O a membri della classe dirigente come Luca Cordero di Montezemolo, Mario Monti, Mario Draghi. In questo caso quel che nascerebbe al centro del sistema politico non sarebbe una piccola Dc, ma un medio partito liberal-democratico. Non il partito dei dipendenti pubblici e delle clientele, ma il partito della modernizzazione e del merito. Anche in questo caso rischieremmo di consegnare troppo potere a un partito ago della bilancia, ma il rischio - forse - sarebbe compensato dalla sua vocazione riformatrice e liberale».

Sarebbe probabilmente un esito molto proficuo per le prospettive di riforma liberale nel nostro Paese. Tuttavia, a me pare che per una simile operazione manchino le condizioni politiche: i voti, ma soprattutto la volontà da parte delle personalità citate da Ricolfi. Per esempio, Tabacci insegue la "cosa bianca" e Nicola Rossi si è convinto della leadership veltroniana. Voi che ne dite? Tra parentesi, non escludiamo affatto che qualcuno dei citati un "sondaggio" nei mesi scorsi l'abbia tentato, ma non sia andato a buon fine.

2 comments:

Anonymous said...

Temo il primo scenario. E non credo che si verificherà.
Auspico il secondo scenario.
Illusorio il terzo.

E poi, Berlusconi, l'asso nella manica per fregare Casini ed i ricattatori neocentristi ce l'ha già da anni e lo tiene "in sonno" relativo in un importante incarico pubblico, assai ben retribuito, nel Nord del Paese.

Anonymous said...

A proposito... di PierFerdy.

Silvio lo sa bene: l'inciucio vero si è celebrato il giorno delle nozze in Comune, all'ombra della Banca organica, tra Gaetano e Massimino.